Il primo grande progetto del PNRR fermato da un tribunale

La sospensione dei lavori della linea ferroviaria a sud di Bari potrebbe essere un precedente per altre opere contestate

Un treno alla stazione centrale di Bari (LUCA TURI/ANSA)
Un treno alla stazione centrale di Bari (LUCA TURI/ANSA)
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Il tribunale amministrativo della Puglia ha sospeso una delle autorizzazioni indispensabili per la realizzazione di una nuova importante ferrovia nella zona a Sud di Bari. Il “nodo ferroviario di Bari”, come viene chiamato il progetto, è stato finanziato con 391 milioni di euro, di cui 204 garantiti dal PNRR, il piano nazionale di ripresa e resilienza che prevede scadenze molto rigorose per ottenere i soldi dall’Unione Europea.

I giudici hanno accolto il ricorso presentato da alcune associazioni ambientaliste e da un comune, e hanno ordinato alla Regione e a RFI, la società che si occupa della gestione delle reti ferroviarie, di individuare entro il 10 ottobre «il progetto idoneo meno impattante da un punto di vista ambientale e paesaggistico». La decisione del tribunale, anche a seguito dell’udienza di merito che si terrà nel gennaio 2023, causerà ritardi, ripensamenti e probabilmente un aumento dei costi difficilmente compatibile con i tempi e i meccanismi del piano. È una sospensione significativa non solo a livello locale: è la prima legata a un grande progetto del PNRR e costituisce un precedente che potrebbe riguardare opere contestate in altre regioni italiane.

Del nodo ferroviario di Bari si discute da almeno 15 anni. Il progetto preliminare era stato approvato oltre dieci anni fa, nel 2011, e confermato nel 2015. L’obiettivo è spostare nell’entroterra la ferrovia che oggi passa in diversi quartieri a ridosso del mare, con relativi problemi di collegamento tra molte zone della città, separate dal passaggio dei binari. Il nuovo tracciato, lungo 10 chilometri, è stato pensato per collegare la stazione centrale di Bari alla fermata Torre a Mare in un percorso che riproduce una sorta di grande curva a sud della città. Grazie a quest’opera potrebbero iniziare i lavori di riqualificazione del lungomare a sud di Bari, un progetto chiamato “Costa Sud” per cui sono stati stanziati 75 milioni di euro sempre nel PNRR.

Il tracciato del nodo ferroviario a sud di Bari (RFI)

La nuova linea ferroviaria prevede la costruzione di tre nuove fermate – chiamate Bari Campus, Triggiano e Bari Executive – con sottopassi e sovrappassi, oltre a modifiche all’attuale strada statale 16 con la creazione di una variante a sei corsie. L’opera più controversa è una cosiddetta travata metallica, cioè un ponte di metallo, previsto nella zona della lama San Giorgio. “Lama” è il nome con cui in Puglia sono conosciute formazioni carsiche dove scorrono le acque provenienti dagli altipiani e dirette verso il mare. Nella zona di Bari ce ne sono due, la lama San Giorgio e la lama Giotta, entrambe interessate in modo più o meno diretto dalla nuova linea ferroviaria e dalla variante alla strada statale 16.

Da oltre 20 anni la Regione Puglia discute della possibilità di istituire un parco regionale protetto per salvaguardare il territorio della lama San Giorgio, 40 chilometri quadrati compresi nei comuni di Bari, Triggiano, Noicattaro, Rutigliano, Sammichele e Casamassima. All’interno, dicono i comitati che si sono opposti al passaggio della linea ferroviaria, vivono specie selvatiche e vegetali come ulivi, carrubi e orchidee, e si trovano insediamenti risalenti al neolitico e di epoca romana. Nonostante questi rilievi, in tutti i lunghi e complessi passaggi autorizzativi necessari per approvare la nuova linea ferroviaria non c’erano state obiezioni né dalla soprintendenza, né dai ministeri della Cultura o dell’Ambiente. Anche due comuni interessati, Bari e Triggiano, hanno dato il loro consenso.

L’opposizione è arrivata dal comune di Noicattaro, che da tempo aveva chiesto alla Regione di includere la lama San Giorgio in un parco protetto. Il comune si è unito al ricorso presentato dal comitato ambientalista “Le Vedette della Lama” e da privati cittadini che abitano a pochi metri dall’area in cui dovrebbero essere posizionati i nuovi binari. «Noi vogliamo che il nodo ferroviario abbia il minore impatto possibile», spiega Raimondo Innamorato, il sindaco di Noicattaro, esponente del Movimento 5 Stelle. «Da anni ci stiamo battendo per chiedere il riconoscimento di un parco per preservare l’area della lama San Giorgio e tutelare il nostro prodotto di punta, l’uva da tavola, che esportiamo in tutto il mondo». Tra le altre cose, il sindaco teme che l’inizio dei lavori per la costruzione della ferrovia sia il presupposto per autorizzare altre opere di un certo impatto, proprio come la strada statale 16.

Secondo i giudici del tribunale amministrativo che hanno accolto il ricorso dei comitati e del comune «l’assenza di alternative localizzative e/o progettuali» non sarebbe stata adeguatamente motivata dai pareri tecnici. I progettisti, quindi, non avrebbero spiegato perché la linea dovrebbe passare proprio dai luoghi scelti, nonostante siano state indicate alcune possibili alternative. In particolare, i comitati avevano più volte suggerito di far passare la linea in una cava dismessa poco distante, una soluzione che secondo loro avrebbe consentito di tutelare la lama San Giorgio. ​​Nel frattempo, però, l’appalto è stato aggiudicato e i primi lavori sono partiti.

La Regione Puglia presenterà un ricorso al Consiglio di Stato per chiedere l’annullamento della decisione del TAR. Anche RFI sta valutando di presentare un ricorso identico. Secondo il Foglio, il provvedimento del tribunale amministrativo potrebbe essere impugnato direttamente dalla presidenza del Consiglio dei ministri perché la sospensione «rischia di creare un precedente pericolosissimo». Se la sospensione venisse confermata, infatti, sarà molto complicato rispettare le tempistiche imposte dal PNRR. Modifiche sostanziali al progetto, pur studiate in tempi brevissimi, porterebbero all’apertura di un nuovo procedimento amministrativo, con tutto quello che ne consegue in termini di autorizzazioni e appalti. Con un ritardo significativo sarebbe improbabile rispettare i tempi imposti dal PNRR, che vincola i soldi al completamento delle opere entro il 2026.