Se fa caldo fuori, figurarsi in carcere
Come ogni estate le ondate di caldo, sempre più intense e frequenti, complicano le già difficili condizioni nelle celle sovraffollate e senz'acqua
Samuele Ciambriello, Garante in Campania dei diritti delle persone sottoposte a misura restrittiva della libertà personale, ha donato 50 ventilatori per i detenuti della casa di reclusione di Aversa, in provincia di Caserta. «Nei mesi estivi è necessario intraprendere nelle carceri iniziative che consentano ai ristretti di non vivere una doppia reclusione», ha detto Ciambriello.
In carcere l’estate è la stagione più dura. È un problema che si ripresenta ogni anno, e specialmente durante le ondate di caldo come quella in corso nelle ultime settimane, e come quelle sempre più frequenti e intense per via del riscaldamento globale. Le strutture di cemento e ferro si scaldano molto, le celle sono molto spesso sovraffollate e la carenza d’acqua e i servizi docce che funzionano a singhiozzo portano i disagi a livelli insostenibili.
Non c’è un intervento organico ma di carcere in carcere ci si affida all’iniziativa dei direttori o dei volontari, sempre con l’approvazione delle direzioni. Alessio Scandurra, coordinatore dell’osservatorio sulle carceri dell’associazione Antigone, spiega: «è un problema che si ripropone di anno in anno. Il livello di malessere cambia anche a seconda della struttura del carcere, dello spessore delle mura, della posizione. Normalmente le porte delle celle sono formate da due elementi: una porta a cancello e una blindata. D’estate quella blindata rimane aperta. Il problema maggiore è per quelle celle che non hanno la porta a cancello. Ce ne sono a Regina Coeli, a Roma, con solo una pesante struttura in legno».
A fine giugno Vincenzo Russo, cappellano del carcere di Sollicciano, a Firenze, aveva lanciato un appello sul quotidiano La Nazione: «A Sollicciano si deve curare l’igiene, dobbiamo dare la possibilità ai detenuti di vivere una normalità, questo non sta accadendo. Loro devono convivere con gli scarafaggi e le cimici: la mattina mi fanno vedere le punture ed è inaccettabile. Poi c’è il problema del caldo, non si respira». Sempre sulla Nazione Massimo Lensi, dell’associazione civica Progetto Firenze, ha spiegato che l’afa fa aumentare i casi di autolesionismo e disturbo psichico: «Gli psicofarmaci sono vissuti come unica soluzione per rendere tollerabile la vita quotidiana e sopportare i limiti di un carcere in cui è assente la funzione rieducativa. Così come è oggi Sollicciano è una discarica sociale». Anche Lensi sottolinea il problema delle cimici: «i detenuti mi mostrano i loro corpi martoriati dalle punture».
A Sollicciano dovrebbero starci al massimo 490 detenuti, invece sono 650. Tre anni fa erano stati promessi stanziamenti per realizzare una doccia in ogni cella, l’ampliamento dei passaggi esterni e una nuova cucina. Sei passaggi esterni su 13 sono stati ampliati, la nuova cucina è stata costruita, ma le docce ci sono solo nel 20% delle celle. Antonella Tuoni, direttrice del carcere, ha da poco ordinato 80 ventilatori. «Per migliorare il clima», dice, «nelle ore più calde della giornata restano aperti i blindi delle celle, affinché ci possa essere maggior circolazione dell’aria e più refrigerio». I ventilatori sono stati ordinati in collaborazione con la Regione Toscana e con il Garante regionale dei detenuti.
Quello del carcere di Sollicciano è solo un esempio. La stessa situazione si ripresenta in tutte le carceri italiane. E ogni estate la crisi provocata dal caldo insopportabile negli istituti viene affrontata in maniera estemporanea, senza che ci siano interventi organici. «I problemi maggiori si riscontrano nelle carceri dove c’è carenza d’acqua», dice Scandurra. «Purtroppo ci sono istituti dove l’acqua manca del tutto o è molto razionata. In tanti carceri il razionamento è per così dire strutturale: dove non ci sono docce nelle celle, e cioè nel 50% dei casi, bisogna attenersi ai propri turni per poter usufruire dello spazio docce condiviso». Per legge dal 2000 tutte le celle dovrebbero essere munite di docce. Non è così, appunto, ancora nella metà dei casi. «Ma ci sono celle», continua Scandurra, «in cui mancano anche i servizi igienici».
Il 7 giugno fuori dal carcere di Poggioreale c’è stata una manifestazione per protestare contro le condizioni in cui sono costretti a vivere i detenuti, soprattutto d’estate. Ha detto al Riformista una delle persone che protestavano: «l’estate è senza dubbio il momento peggiore per i detenuti: in 12 o 13 persone in celle strettissime, fa caldissimo, non ci sono ventilatori o frigoriferi. Non c’è aria, è come l’inferno. E io che sono stato detenuto lo so bene».
Il carcere di Poggioreale è il più sovraffollato d’Europa: ci sono oltre 2.200 detenuti ma l’istituto, uno dei più grandi d’Italia, ne potrebbe ospitare poco più di 1.500. La madre di un detenuto ha detto che d’estate nelle celle «stanno in mezzo alle blatte e ai topi», aggiungendo poi che «in cella hanno dovuto fare una colletta per comprare di tasca propria i ventilatori per i quali spendono anche tre euro al mese per la corrente». Il garante dei detenuti di Napoli, Pietro Ioia, ha spiegato anche che la mancanza di frigoriferi fa sì «che con il grande caldo il cibo portato ai detenuti dai familiari vada tutto buttato». Per Scandurra quello che sembra un problema minore è invece molto importante per i detenuti: «la vita in carcere è scandita da riti, come quelli del cibo in comunità, e da pochi piaceri condivisi. Fare a meno del cibo portato dai familiari è una rinuncia pesante».
A Bologna la denuncia sulla difficile situazione dovuta al caldo è arrivata anche dagli agenti di polizia penitenziaria, come riporta il giornale Il Dubbio: «è una situazione di palese limitazione dei diritti fondamentali sia per le persone ristrette, sia per i lavoratori». Al carcere bolognese della Dozza sia i detenuti che gli operatori penitenziari sono esasperati dalla cronica mancanza d’acqua: è accaduto che un gruppo di detenuti abbia cercato di utilizzare senza autorizzazione le docce del campo sportivo causando, come hanno denunciato gli agenti, «tensione e confusione, che hanno rischiato di compromettere la sicurezza del personale». Il rischio, dicono i sindacati della polizia penitenziaria, è che con il perdurare del gran caldo la situazione possa sfociare in qualcosa di molto più serio.
Denunce e richieste di interventi si ripetono uguali di anno in anno. Nell’agosto del 2021 per esempio Sofia Ciuffoletti, Garante dei detenuti del carcere di San Gimignano, in provincia di Siena, aveva segnalato che le celle erano «forni incandescenti. Capita di stare in tre in dodici metri quadrati. I detenuti passano anche 20 ore al giorno in una cella con 45°. In più ad agosto non ci sono le attività e i corsi come la scuola, falegnameria e giardinaggio».
Sempre l’estate scorsa su Avvenire Lucio Boldrin, cappellano nel carcere di Rebibbia a Roma, aveva scritto: «Con l’aumento della temperatura e dell’umidità si moltiplicano gli odori sgradevoli: il caldo torrido, gli spazi ristretti, il sudore, l’uso promiscuo dei servizi igienici… Per non parlare dei rischi di contagio. Nelle celle sovraffollate, prevedibilmente, sono all’ordine del giorno contrasti e tensioni. E io non posso certo voltarmi dall’altra parte, perché diventerei inesorabilmente corresponsabile».