Il ghiacciaio della Marmolada ci sarà ancora per 30 anni
Forse meno: il cambiamento climatico lo ha già frammentato
Il crollo di una porzione del ghiacciaio della Marmolada che il 3 luglio ha causato la morte di almeno 7 persone è legato alle temperature particolarmente alte degli ultimi mesi, ma le attuali condizioni della montagna non dipendono solo dal caldo recente. Per gli effetti del cambiamento climatico il ghiacciaio si è ridotto del 30 per cento in termini di volume solo tra il 2004 e il 2014, e secondo uno studio del 2019 scomparirà del tutto entro il 2050. «Da allora, la situazione è peggiorata molto», ha detto al Corriere della Sera Renato Colucci, ricercatore dell’Istituto di scienze polari del CNR, docente di glaciologia dell’Università di Trieste e uno degli autori dello studio: «La scomparsa del ghiacciaio potrebbe avvenire anche entro vent’anni».
Il cambiamento climatico sta avendo un grande impatto sulla criosfera, cioè sui ghiacci e le nevi che ricoprono alcuni pezzi della superficie terrestre e che d’estate, di anno in anno, si sciolgono in misura maggiore di quanto poi riescano a righiacciare d’inverno. Si stima che il progressivo aumento della temperatura media globale porterà alla scomparsa della maggior parte dei ghiacciai alpini che si trovano al di sotto dei 3.600 metri di altitudine entro la fine del secolo.
Quello della Marmolada rientra in questa categoria: la cima più alta del gruppo montuoso misura 3.343 metri. Nel 2013 il ghiacciaio si estendeva per 1,9 chilometri quadrati, nel 2020 solo per 1,5: circa un quarto rispetto all’inizio del Novecento.
Lo studio a cui aveva partecipato Colucci, e che era stato pubblicato sulla rivista scientifica Remote Sensing of Environment, spiega che il ghiacciaio non si è solo ridotto in volume e superficie (del 22 per cento tra il 2004 e il 2014), ma si è anche frammentato. Non è più una massa di ghiaccio unita, ma è diviso in varie parti, anche per via della forma della montagna: un fenomeno che favorisce la fusione estiva perché le rocce della montagna, se esposte alla luce del Sole, assorbono calore e contribuiscono a riscaldare i ghiacci.
Secondo le previsioni dello studio, tra 30 anni potrebbero continuare a esistere solo alcune parti molto piccole e sottili del ghiacciaio, quelle all’ombra delle cime e sul lato della montagna che dà verso nord.
È normale che durante l’estate pezzi dei ghiacciai si stacchino e crollino. Il ghiaccio che sta a diretto contatto con le rocce delle montagne fonde e fa da lubrificante per le masse di ghiaccio sovrastanti, favorendone il movimento. Del resto i ghiacciai sono come immensi fiumi ghiacciati, che scendono molto lentamente verso valle.
Tuttavia, a causa delle condizioni meteorologiche degli ultimi mesi, il punto in cui il ghiaccio si scioglie è arrivato molto in alto. In termini tecnici, l’isoterma zero, cioè la linea che unisce le altitudini minime dove si raggiungono 0 °C, è arrivata mille metri più in alto rispetto alla cima più elevata della Marmolada. Significa che tutto il ghiacciaio è esposto a temperature a cui il ghiaccio fonde.
Anche la scarsità di nevicate dello scorso inverno (una delle cause della siccità che sta affrontando il Nord Italia) ha ulteriormente favorito il processo, dato che mancano strati di neve recente che altrimenti avrebbero contribuito a proteggere il ghiacciaio dalle alte temperature.
Colucci ha detto: «A questo grave scenario, si è aggiunta la forte ondata di calore dall’Africa: ha, probabilmente, prodotto una grossa quantità di acqua liquida da fusione glaciale che scorreva fra la base della montagna e quella parte di ghiacciaio della Marmolada. Quindi è avvenuto il crollo nelle condizioni peggiori per distacchi di questo tipo: tanto caldo e tanta acqua sotto».
Secondo gli esperti, è probabile che nel corso dell’estate e in futuro si assisterà ad altri distacchi di parti di ghiacciaio simili a quello di domenica, non solo sulla Marmolada, ma anche in altre zone delle Alpi.
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