«I pronomi contano»
È la frase con cui la banca britannica Halifax ha introdotto una misura che permette ai e alle dipendenti di indicare sul proprio badge aziendale il genere in cui si riconoscono
Qualche giorno fa la banca britannica Halifax ha comunicato l’introduzione di un nuovo badge aziendale da portare sulla giacca che darà alle persone che lavorano nell’azienda la possibilità di specificare, insieme al proprio nome, anche i pronomi (maschili, femminili o neutri) che vogliono che colleghi e clienti usino per rivolgersi a loro. Comunicare il pronome desiderato insieme al proprio nome è una pratica che si sta diffondendo nel mondo anglosassone e che è molto caldeggiata da chi si occupa dei diritti delle persone trans e non binarie (che cioè non si identificano nel genere maschile o femminile), perché abitua a non dare per scontata l’identità di genere di una persona quando le si parla, col rischio di sbagliare e metterla a disagio.
La decisione di Halifax è stata comunicata su Twitter con una foto del nuovo badge portanome e lo slogan Pronouns matter (“i pronomi contano”) all’interno di una campagna di comunicazione più ampia per i diritti delle persone LGBT+ nel mese del Pride.
Il tweet è stato commentato da più di 10mila utenti: alcuni hanno apprezzato la scelta, altri l’hanno criticata negando con diversi argomenti il problema a cui l’introduzione dei nuovi badge vuole ovviare.
Alcuni hanno accusato Halifax di ipocrisia e di voler assecondare “l’ideologia woke”, l’espressione – oggi usata molto spesso con toni dispregiativi – con cui si indica quell’insieme di sensibilità e rivendicazioni che pongono l’attenzione sulle diseguaglianze e sulle discriminazioni, specialmente di etnia e di genere. Halifax ha gestito le critiche rispondendo che chi non è d’accordo con i valori di inclusione e uguaglianza dell’azienda è libero di chiudere il proprio conto, e ha pubblicato direttamente su Twitter la procedura per farlo.
La banca concorrente HSBC ha espresso la propria solidarietà per la decisione di Halifax in un tweet in cui ha scritto che è «fondamentale che tutti possano sentirsi loro stessi sul posto di lavoro».
We strive for inclusion, equality and quite simply, in doing what’s right. If you disagree with our values, you’re welcome to close your account. ^AndyM
— Halifax (@HalifaxBank) June 28, 2022
Negli ultimi anni è diventato sempre più frequente per le aziende approfittare del mese del Pride per proporre campagne di comunicazione o azioni a favore dei diritti delle persone LGBT+ e ottenere visibilità. Questa pratica è stata anche oggetto di critiche, perché in molti casi maschera semplici operazioni di marketing oppure è ritenuta puramente di facciata.
L’abitudine di comunicare i propri pronomi si sta diffondendo negli Stati Uniti e nel Regno Unito e non è raro vedere i pronomi nelle firme delle mail anche per chi lavora in Italia con multinazionali o aziende internazionali. Rispetto all’inglese, che oltre al maschile he e al femminile she dà anche la possibilità di usare il neutro they (al singolare) a chi non si riconosce né nel genere maschile né in quello femminile, l’italiano non prevede un genere neutro.
I pronomi sono poi molto spesso impliciti, quindi il problema per chi vorrebbe introdurre un linguaggio più inclusivo riguarda soprattutto le desinenze di sostantivi, aggettivi e participi passati. Per superare il binarismo delle desinenze, alcune linguiste propongono lo schwa (ə), una vocale dell’alfabeto fonetico internazionale e presente in vari dialetti italiani che è stata presa in prestito da chi si occupa di linguaggio inclusivo per dare una desinenza neutra alle parole, evitando la forma maschile o femminile.