L’incredibile corto circuito di Avetrana
La nuova storia di Indagini racconta forse il caso più esemplare di come i media possano condizionare la ricerca della verità nei casi di cronaca nera
Il 26 agosto 2010 una ragazza di quindici anni, Sarah Scazzi, scomparve ad Avetrana, in provincia di Taranto, in Puglia. Con le ricerche della ragazza, che fu trovata morta in un pozzo il successivo 6 ottobre, iniziò un clamore mediatico con pochi precedenti persino per la ricca storia italiana di rapporti morbosi tra la stampa, la televisione e chi indaga sui casi di cronaca nera, culminato nell’annuncio del ritrovamento del cadavere di Scazzi in diretta televisiva mentre sua madre era in collegamento.
Per mesi migliaia di persone si misero in viaggio verso Avetrana per curiosare tra i luoghi della scomparsa e dell’omicidio, mentre decine e decine di testimoni più o meno credibili offrirono ogni pomeriggio in televisione le loro testimonianze, spesso a pagamento, spesso contraddicendosi da un momento all’altro, pur di ottenere qualche soldo e un po’ di visibilità: a questa cacofonia di dimensioni inedite partecipavano anche le persone indagate dalla procura, che parlavano contemporaneamente con gli inquirenti e con i media.
La storia mediatica e giudiziaria dell’omicidio di Sarah Scazzi è raccontata nelle due nuove puntate di Indagini, entrambe disponibili gratuitamente da oggi sull’app del Post (scaricala qui) ma anche sulle principali piattaforme di podcast, come Spotify, Apple Podcast, Amazon Music e Google Podcast. Indagini esce con una nuova storia il primo giorno di ogni mese: la prossima, quindi, uscirà il primo agosto.