Sull’aborto la Bibbia non è così chiara
Non contiene nessun divieto esplicito, che invece è stato introdotto molti secoli dopo in un momento particolare della storia cristiana
Molti commentatori cristiani nel mondo hanno apprezzato e lodato la sentenza con cui la Corte Suprema statunitense ha eliminato il diritto all’interruzione di gravidanza a livello federale, ribaltando la storica sentenza “Roe v. Wade”. La Chiesa cattolica ha parlato di una sentenza che rimette al centro del dibattito pubblico la «protezione e la difesa della vita umana», e diversi attivisti e politici europei dell’estrema destra hanno auspicato decisioni simili anche in Europa.
L’aborto è considerato un tema che unisce tutte le Chiese cristiane, da quella protestante a quella cattolica passando per quella ortodossa: sono tutte nettamente contrarie al fatto che una donna interrompa una gravidanza. E a differenza di altre questioni su cui nel tempo alcune chiese hanno preso posizioni più sfumate, come per esempio l’atteggiamento nei confronti delle persone non eterosessuali, sull’aborto è rimasta identica. In alcuni casi si è addirittura irrigidita. Sulla questione dell’aborto e dunque dei diritti delle donne le chiese di tutto il mondo hanno esercitato sulla politica e sui governi moltissima pressione tramite sistematiche campagne antiabortiste.
La Chiesa cattolica, per esempio, risente ancora dell’influenza di Giovanni Paolo II, papa fra il 1978 e il 2005. Giovanni Paolo II avviò una campagna internazionale contro l’aborto, che riteneva illegittimo in qualunque situazione. In un testo ufficiale condannò l’aborto come «l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita».
È una definizione estremamente ampia di interruzione della gravidanza, dato che parte dal controverso presupposto che “la vita” inizi al concepimento. Al contempo trova pochissimi riscontri sia nella storia secolare del cristianesimo sia nel suo principale testo sacro, cioè la Bibbia.
Nella Bibbia ci sono pochissimi passaggi che riguardano direttamente l’aborto, e nessuno di questi lo condanna esplicitamente. Anzi: in alcuni passaggi è addirittura incoraggiato.
I passaggi più citati dai cristiani per giustificare l’opposizione all’aborto in qualsiasi forma sono due, scrive BBC Mundo. All’inizio del libro del profeta Geremia, scritto probabilmente intorno al sesto secolo a.C., si legge che a un certo punto Dio gli apparve e gli disse: «prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato».
Nel libro dei Salmi, composizioni poetiche scritte da vari autori della tradizione ebraica e poi inclusi nella tradizione cristiana, al canto numero 139 si legge:
Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
ricamato nelle profondità della terra.Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi;
erano tutti scritti nel tuo libro i giorni che furono fissati
quando ancora non ne esisteva uno.
La tesi dei cristiani è che Gesù nella sua discesa sulla terra abbia liberato gli uomini e le donne dal peccato originale, cioè da una colpa innata che Dio aveva dato loro dopo averli cacciati dal Giardino dell’Eden, e che quindi abbia reso “sacra” e inviolabile ogni vita. Anche quella appena formata, che quindi si trova ancora nell’utero: Dio la «conosce», come si legge in Geremia, e ha già previsto la sua esistenza, come dice il Salmo 139.
Il problema è che nessuno dei due testi stabilisce quando si può considerare un feto una forma di vita senziente, un tema molto discusso su cui da decenni si scontrano gli esperti di bioetica. Il Nuovo Testamento, cioè il testo più recente della Bibbia cristiana, non fornisce alcun chiarimento: nelle sue predicazioni Gesù non parla mai di aborto.
Diversi commentatori ritengono che la tesi cristiana e cattolica che la vita inizi al suo concepimento, quindi poco dopo il rapporto sessuale, sia frutto di un’interpretazione forzata. Ci sono diversi elementi a sostegno di questa teoria.
Gli ebrei, che condividono gran parte della letteratura sacra con i cristiani, hanno un atteggiamento molto più laico sull’interruzione di gravidanza, che in alcune forme è accettata e addirittura incoraggiata dalle leggi ebraiche, scritte e non scritte. Il passaggio più citato della Bibbia è quello del capitolo 5 del Libro dei Numeri, presente anche nella versione cristiana, in cui viene prescritto un rituale per fare abortire una donna che ha avuto rapporti sessuali con un uomo diverso dal marito.
«Se i cristiani conservatori vogliono discutere del comandamento “non uccidere”» riferito all’aborto, ha detto la pastora e biblista americana Jacqui Lewis a Rolling Stone, «facciano venire un rabbino a spiegare cosa pensano gli ebrei dell’interruzione di gravidanza. Gli stessi testi e le stesse leggi ebraiche [che leggono anche i cristiani] prevedono dei casi in cui una donna deve interrompere la propria gravidanza». Sono posizioni che i leader religiosi ebrei mantengono ancora oggi. Moltissime associazioni ebraiche, per esempio, hanno criticato duramente la recente sentenza della Corte Suprema sull’aborto come contraria ai valori ebraici.
Abbiamo inoltre varie testimonianze che per secoli la posizione della Chiesa sia stata meno intransigente di quanto sia oggi sull’aborto. San Tommaso d’Aquino, uno dei più importanti intellettuali cristiani del Medioevo, sosteneva per esempio che il feto acquisisca un’anima dopo 40 giorni dal concepimento in caso di un maschio, e dopo 80 giorni nel caso di una femmina. La credenza più comune nella cultura occidentale dell’epoca, adottata anche dalla Chiesa, era che un feto diventasse senziente soltanto dopo i primi calci nell’utero.
In un articolo di qualche tempo fa sulla rivista The Outline, la giornalista Molly Monk ha ricordato che in alcuni paesi profondamente cristiani venivano venerate delle figure religiose note per praticare aborti.
Fra queste c’era Santa Brigida d’Irlanda, che in un racconto della tradizione aiutò una suora che aveva avuto un rapporto sessuale a far sparire il proprio feto «senza alcun dolore». Altre figure religiose irlandesi a cui vengono attribuiti miracoli simili sono Ciarán il Vecchio, San Canizio di Kilkenny, e il vescovo Áed mac Bricc, tutti vissuti tra il quinto e il settimo secolo d.C. «La cosa che colpisce è che non parliamo di figure insignificanti che fanno cose considerate un tabù», ha detto a The Outline la storica delle religioni Maeve Callan: «Santa Brigida è probabilmente la santa più amata in Irlanda».
Ci sono varie altre testimonianze che fanno pensare che in Europa l’aborto fosse quantomeno tollerato, nonostante il parere molto netto di alcuni pensatori e vescovi cristiani che lo consideravano un peccato a prescindere da quando e in quali circostanze avvenisse.
Nel 2021 John Christopoulos, uno storico della University of British Columbia, ha pubblicato un libro sulle pratiche di interruzione di gravidanza nell’Italia medievale e rinascimentale, che ai tempi era il paese al centro del mondo cristiano. Nel suo libro Christopoulos sostiene che l’aborto fosse estesamente tollerato nella società dell’epoca, perché si inseriva molto bene nella mentalità fortemente maschilista e maschiocentrica di quei tempi.
«Era esplicita opinione di molti che al centro del problema ci fosse il comportamento sessuale disordinato dell’uomo», scrive Christopoulos. In altre parole: l’aborto veniva praticato per impedire che i maschi nobili e ricchi avessero una serie di figli illegittimi – nati da relazioni consensuali o da stupri – con cui la famiglia dell’uomo avrebbe dovuto spartire il proprio patrimonio. L’aborto era insomma un mezzo usato dalla società fortemente patriarcale dell’epoca per conservare l’ordine sociale.
Christopoulos ritiene che le cose cambiarono radicalmente nel 1588, quando l’allora papa Sisto V emanò una bolla, cioè una comunicazione solenne del Papa, in cui si schierava «contro coloro che procurano l’aborto, o che assumono o danno preparati che causano la sterilità, e che li consigliano o li approvano». La bolla di Sisto V proibiva l’aborto in ogni forma, generando una tradizione del pensiero che secondo Christopoulos sopravvive ancora oggi nelle posizioni ufficiali del catechismo della Chiesa cattolica.
La bolla di Sisto V non fu pubblicata a sorpresa: si inseriva in una tradizione già esistente, ma per certi versi fu soprattutto frutto del contesto storico di quell’epoca.
La tradizione cristiana è sempre stata ostile nei confronti del sesso, di cui approvava soltanto la funzione riproduttiva e non quella legata al piacere. Secondo la studiosa delle religioni Francesca Stavrakopoulou, che insegna Teologia all’università di Oxford, «si trattava di un’avversione influenzata in parte dalle tendenze ascetiche di certe correnti filosofiche antiche e classiche provenienti dalla Grecia, inclusi certi aspetti dello Stoicismo e del Platonismo, secondo i quali il volgare e il corporeo erano rigidamente distinti dal sublime e dall’immateriale». Stavrakopoulou lo ha scritto nel recente libro Anatomia di Dio, pubblicato in Italia da Bollati Boringhieri.
In certi pensatori cristiani estremamente radicali l’ostilità nei confronti del sesso, concepito soltanto all’interno del matrimonio e soltanto allo scopo di procreare, lo riduceva alla sua mera funzione riproduttiva. In sostanza il sesso doveva servire soltanto a fare figli. E fare figli era un’attività che gli stessi pensatori radicali consideravano quasi-divina, dato che secondo la tradizione cristiana Dio ha creato l’uomo a propria immagine. Di conseguenza ritenevano l’aborto un’aberrazione, in qualsiasi forma.
Questa tradizione si impose anche ai vertici del cristianesimo nel periodo più reazionario che la Chiesa ha vissuto nella sua storia, cioè quello della cosiddetta Controriforma, che secondo alcuni raggiunse il suo picco proprio con Sisto V.
Il periodo della Controriforma è chiamato così perché la Chiesa reagì alla nascita del movimento separatista dei Protestanti chiudendosi a riccio, e radicalizzando alcune posizioni che fino ad allora aveva mantenuto in maniera blanda. Fra queste posizioni c’era anche quella sull’aborto.
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Sisto V morì nel 1590. Il suo successore, Urbano VII, rimase in carica soltanto 12 giorni. Il Papa che arrivò dopo di lui, Gregorio XVI, nel 1591 cancellò la bolla papale di Sisto V sull’aborto e reintrodusse le indicazioni di San Tommaso, secondo cui il feto si può considerare vivo soltanto dopo un certo periodo dal concepimento, quando sviluppa un’anima.
Lo spirito della Controriforma però continuò a influenzare anche i secoli successivi, tanto che le posizioni più nette contro ogni forma di aborto diventarono sempre più dominanti. Nel 1869 il papa Pio IX nella sua bolla Apostolicae Sedis Moderationi ribadì che l’aborto andava fermamente condannato in ogni sua forma. Da allora la Chiesa cattolica non ha più cambiato idea. Anche Papa Francesco, considerato espressione dell’ala progressista della Chiesa, durante il suo mandato si è più volte schierato esplicitamente contro l’aborto, definendolo «un omicidio».
Negli Stati Uniti, dove la destra cristiana protestante si è spesa moltissimo negli ultimi anni per vietare l’aborto in ogni forma, l’ostilità nei confronti dell’aborto è più recente. Ancora nell’Ottocento l’interruzione di gravidanza era praticata e legale in moltissimi stati. L’aborto diventò un argomento di divisione politica soprattutto nel Dopoguerra, quando il partito Repubblicano si avvicinò sempre di più a movimenti protestanti tradizionalisti come quelli evangelici, che predicano una rigida divisione dei compiti fra uomo e donna.
Secondo gli evangelici il compito della donna è quello di mettere al mondo e allevare figli: abortire non è un’opzione. La visione degli evangelici si è imposta mano a mano anche all’interno del partito Repubblicano e dei movimenti di destra, finché non sono diventate virtualmente indistinguibili.