Inizia la discussione su una nuova legge sulla cittadinanza

Alla Camera arriva oggi la proposta dello “ius scholae”, che la lega a un percorso di studi di cinque anni in Italia

(ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO)
(ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO)
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Martedì la commissione Affari costituzionali della Camera ha concluso l’esame della legge sullo ius scholae, che lega il riconoscimento della cittadinanza italiana a un percorso scolastico per i minori che non ce l’hanno dalla nascita. Il provvedimento è pronto per essere discusso in aula ed è stato inserito nel programma dei lavori di mercoledì, ma si prevede che non sarà semplice arrivare a una sua approvazione, soprattutto al Senato: Lega e Fratelli d’Italia sono infatti fortemente contrari, mentre Forza Italia è divisa.

Il testo uscito dalla commissione Affari costituzionali della Camera è composto da due articoli e introduce un nuovo criterio per ottenere la cittadinanza prima dei 18 anni, lo ius scholae, che passa attraverso il sistema scolastico italiano. In pratica stabilisce che un bambino nato in Italia o arrivato prima di avere compiuto 12 anni possa fare richiesta di cittadinanza dopo aver fatto un ciclo scolastico di 5 anni, che può essere composto solo dalle elementari o da alcuni anni di elementari e altri di medie o superiori. La richiesta di cittadinanza potrà essere fatta anche da un solo genitore legalmente residente in Italia.

La nuova proposta riprende in parte quella già approvata alla Camera nel 2015, mai diventata legge perché al Senato era mancato il numero legale per la votazione (a quel tempo il M5S si astenne alla Camera e non si presentò in blocco al Senato). Questa volta il testo non fa però alcun riferimento allo ius soli, il diritto di cittadinanza che si acquisisce quando si nasce su un territorio e indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori (quello valido ad esempio negli Stati Uniti).

Giuseppe Brescia, il presidente della commissione Affari costituzionali che è relatore del testo, del Movimento 5 Stelle, ha spiegato che la decisione di eliminare lo ius soli in qualsiasi sua forma è stata presa per provare a ottenere un consenso più largo e arrivare a un’approvazione della riforma. In Italia si parla ciclicamente e da anni di una modifica della legge sulla cittadinanza, senza che però siano mai stati fatti dei grossi passi avanti.

L’Italia è uno dei paesi con i requisiti più severi per ottenere la cittadinanza, mentre tutti i principali paesi europei la concedono più rapidamente. L’ultima legge sulla cittadinanza, introdotta nel 1992, prevede un’unica modalità di acquisizione chiamata ius sanguinis (dal latino, “diritto di sangue”): un bambino è italiano se lo è (e quindi anche se lo diventa) almeno uno dei genitori. Un bambino nato da genitori stranieri, anche se partorito sul territorio italiano, può invece chiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto 18 anni e se fino a quel momento abbia risieduto in Italia “legalmente e ininterrottamente”.

Questa legge è da tempo considerata carente: esclude per diversi anni dalla cittadinanza e dai suoi benefici decine di migliaia di bambini e ragazzi nati e cresciuti in Italia e lega la loro condizione a quella dei genitori, il cui permesso di soggiorno nel frattempo può scadere, costringendo tutta la famiglia a lasciare il paese e compromettendo perciò la continuità di residenza richiesta dalla legge.

Flashmob in Piazza Capranica per celebrare il matrimonio tra l’Italia e i giovani senza cittadinanza e fare pressione per l’approvazione della riforma sulla cittadinanza, Roma, 28 giugno 2022 (Mauro Scrobogna /LaPresse)

Arrivare all’approvazione dello ius scholae non sarà comunque facile soprattutto per l’opposizione e l’ostruzionismo di Lega e Fratelli d’Italia. In un’intervista su Repubblica di oggi Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera di Fratelli d’Italia, argomenta la propria contrarietà basandola dell’automatismo presente nella legge: nella proposta che sarà discussa dalla Camera la cittadinanza andrà cioè richiesta, ma non direttamente dal minore. Rampelli dice che la cittadinanza deve essere «voluta e meritata e non regalata» e che «i bambini nati in Italia da genitori stranieri non possono essere costretti a diventare italiani. Dobbiamo solo dargli l’opportunità di farlo e di sentire in profondità il desiderio di aderire ai valori non negoziabili della Costituzione italiana. Compreso quello sulla parità uomo-donna, rifiutato dagli islamici. Che facciamo, cambiamo la Costituzione per lo ius scholae?». Fratelli d’Italia sostiene che lo ius scholae sarebbe uno ius soli mascherato e dunque un “accesso facile” alla cittadinanza.

I numeri per l’approvazione del testo alla Camera, spiega sempre Repubblica, «ci dovrebbero essere». In commissione Affari costituzionali Lega e Fratelli d’Italia hanno votato contro, mentre Forza Italia si è divisa: Annagrazia Calabria ha votato contro e Renata Polverini a favore. M5S, PD, Liberi e Uguali e Italia Viva sono invece favorevoli alla riforma.

Secondo gli ultimi dati del ministero dell’Istruzione, nell’anno scolastico 2019/2020 le scuole italiane hanno accolto complessivamente 8,5 milioni di studenti, di cui poco meno di 877 mila non hanno la cittadinanza italiana (pari dunque al 10,3 per cento del totale). Di questi ultimi, e senza contare la scuola dell’infanzia, circa 710 mila frequentano la primaria e la secondaria di primo e secondo grado, cioè elementari, medie e superiori. Nel quinquennio 2015/2016 – 2019/2020, inoltre, il numero degli studenti “stranieri” nati in Italia è passato da oltre 478 mila a quasi 574 mila, con un incremento del 20 per cento circa.