Dove va l’Italia del basket
L'inaspettato cambio di allenatore della Nazionale maschile ha scombussolato l’ambiente, che però in lontananza ha delle grandi opportunità
di Pietro Cabrio
Sabato scorso a Trieste ha esordito la Nazionale maschile di basket allenata da Gianmarco Pozzecco, ex cestista tra i più noti e apprezzati in Italia. Era una partita amichevole e si è conclusa con un netto 90-71 a favore della Slovenia, la cui vittoria non è stata di fatto mai in discussione. Ma va anche contestualizzata: le due squadre arrivavano da periodi molto diversi e si trovano anche in situazioni completamente opposte.
La Slovenia è più o meno lo stesso gruppo da quando ha vinto gli Europei del 2017 e a Trieste si è presentata con la miglior squadra possibile, compresi i suoi due giocatori provenienti dal campionato NBA, Goran Dragić e soprattutto Luka Dončić, in assoluto uno dei migliori giocatori al mondo. Per l’Italia, invece, la partita era il punto di partenza del nuovo progetto tecnico che la federazione, dopo il discusso esonero a inizio giugno di Meo Sacchetti, ha affidato a Pozzecco.
Mancavano tutti i giocatori più esperti — Gallinari, Belinelli, Datome e Melli — oltre agli altri impegnati nelle finali Scudetto tra Olimpia Milano e Virtus Bologna, concluse una settimana prima. Sono stati fatti esordire inoltre quattro nuovi giocatori, tra cui l’italoamericano John Petrucelli e Tomas Woldetensae, che gioca a Varese, è cresciuto nei campionati universitari americani e ha origini eritree.
Al termine della partita Pozzecco — che ha esordito da allenatore dell’Italia nella sua città, e durante gli inni si è visibilmente emozionato — ha detto: «Al di là del valore della Slovenia, c’è una componente che è l’abitudine a giocare insieme, che la Slovenia ha e noi no. Avevamo quattro esordienti, più io, e abbiamo vissuto un po’ troppo la tensione di questi giorni».
In conferenza stampa Pozzecco ha anticipato inoltre che agli Europei che si giocheranno a settembre, anche in Italia, non ci saranno né Belinelli né Daniel Hackett, che a 36 e 34 anni hanno bisogno di riposo per prepararsi alla prossima stagione con la Virtus, come hanno comunicato loro stessi la scorsa settimana.
La rinuncia di Belinelli e Hackett è stato l’ultimo ostacolo alla preparazione degli Europei, già stravolta in partenza dall’esonero di Sacchetti, l’allenatore in carica da cinque stagioni che aveva riportato l’Italia alle Olimpiadi dopo diciassette anni, e che alle Olimpiadi poi non aveva sfigurato: si era fermato ai quarti contro una Francia sulla carta più forte e con tutti i suoi migliori giocatori, a differenza dell’Italia, andata a Tokyo senza Datome e Belinelli.
L’assenza di questi due era stata criticata apertamente dal presidente federale Gianni Petrucci, che aveva messo in dubbio la loro professionalità e aveva parlato della loro scelta come «specchio di un sistema sbagliato che si riempie la bocca di NBA, Eurolega e campionato e ignora l’appuntamento più importante».
Un anno dopo, Petrucci ha deciso l’inaspettato esonero di Sacchetti, a preparazione iniziata, spiegando: «Da alcune settimane il rapporto si stava deteriorando, per cose che non voglio commentare ancora. Sono un decisionista, sono fatto così». Questo deterioramento è stato attribuito sia a divergenze caratteriali che progettuali, dovute principalmente all’intenzione di Sacchetti di continuare a lavorare con il gruppo che aveva portato alle Olimpiadi, anche se non aveva mai escluso il ritorno dei vari Belinelli, Datome e Hackett (che si era ritirato dalla Nazionale dopo i Mondiali in Cina del 2019).
Si è concluso il mio cammino con Italbasket, una seconda pelle che ho sempre cercato di onorare al meglio.
Non è dipeso da me e non me l’aspettavo. Grazie ai miei straordinari Giocatori: abbiamo condiviso Valori e provato emozioni incredibili. Grazie agli Staff e a Coach Messina— Romeo Sacchetti (@RomeoSacchetti) May 31, 2022
Petrucci è una delle figure più influenti nel mondo dello sport italiano, avendo presieduto la federazione di basket una prima volta durante gli anni Novanta, poi il Comitato olimpico dal 1999 al 2013 e per un breve periodo la federazione del calcio, come commissario. Prima di tornare alla guida della federazione di basket nel 2016 – eletto con il 92 per cento dei voti e poi riconfermato da candidato unico — era stato sindaco di San Felice Circeo, in provincia di Latina, per un mandato.
Di Petrucci è stata anche la decisione di affidare l’incarico di allenatore della Nazionale a Pozzecco, ex di Varese e Fortitudo, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Atene e allenatore da una decina d’anni, l’ultimo dei quali passato come assistente di Ettore Messina all’Olimpia Milano. Fece in particolare una buona stagione con la Dinamo Sassari tra il 2018 e il 2019 — vincendo una coppa europea, la Europe Cup, e la Supercoppa italiana — ma non è ancora di fatto un allenatore affermato, e per giunta in un contesto, quello italiano, che ne ha prodotti e ne produce tanti, spesso esportati all’estero.
La sua nomina in Nazionale non è stata accolta bene da tutti, in particolar modo dagli allenatori più esperti, la cui posizione è stata riassunta dai commenti di Valerio Bianchini, per trent’anni allenatore di Serie A: «La scivolata di stile del presidente federale nel troncare un contratto per intolleranza caratteriale è di pessimo esempio. Spero che Pozzecco se la cavi, ma nominare coach della Nazionale, ovvero guida e ispiratore degli allenatori italiani, un quasi debuttante senza risultati di rilievo in campo internazionale mi sembra un grave torto per la categoria».
C’è anche chi ha difeso la scelta di Pozzecco, specialmente chi ci ha giocato insieme. Matteo Soragna, ora commentatore di Sky Sport, ha fatto notare come l’esperienza in fin dei conti l’abbia maturata, avendo allenato per più stagioni in Serie A tra Orlandina, Varese e Sassari, oltre ad avere avuto incarichi da assistente con Messina a Milano e con Veljko Mršić a Zagabria.
Ma quando si parla di Pozzecco si parla anche di temperamento e di una personalità spesso sopra le righe, specialmente dentro i palazzetti, con le sue famose sfuriate a bordo campo e in conferenza stampa che in Nazionale non potrebbero essere tollerate. È anche per tutti questi motivi che la federazione ha deciso di dargli come assistente il più esperto Carlo Recalcati, già allenatore dell’Italia dal 2001 al 2009.
Nonostante il momento complicato, e le lunghe discussioni sulla salute del movimento italiano, sotto altri aspetti la Nazionale ha dei buoni motivi per ritenersi fiduciosa per il futuro. Dopo aver coinvolto l’italoamericano Nico Mannion — scelto da Golden State al draft NBA di quattro anni fa e ora alla Virtus Bologna — aspetta da tempo un altro italoamericano, Donte DiVincenzo, campione NBA la scorsa stagione con i Milwaukee Bucks, e soprattutto Paolo Banchero, prima scelta assoluta all’ultimo draft.
Banchero è cresciuto negli Stati Uniti, ha un padre di origini italiane e ha sempre detto di volere giocare per l’Italia. Essendo però uno dei talenti più promettenti del campionato nordamericano, e non volendo perdere tempo per iniziare a lavorare con la sua nuova squadra, gli Orlando Magic, potrebbe essere ancora più difficile trovare il momento giusto per convocarlo in Nazionale, dato che la NBA concede i suoi giocatori alle nazionali per non più di 28 giorni tra una stagione e l’altra.
Dovrebbe essere più facile coinvolgere, magari nel corso delle qualificazioni ai Mondiali del 2023, gli altri due italiani selezionati all’ultimo draft, Gabriele Procida e Matteo Spagnolo, che già hanno esordito in Nazionale. Il primo, ventenne della Fortitudo Bologna, è stato chiamato come trentaseiesima scelta dai Portland Trail Blazers e subito scambiato con i Detroit Pistons. Il secondo ha 19 anni, è stato selezionato dai Minnesota Timberwolves ma è di proprietà del Real Madrid e come Procida potrebbe decidere di rimanere ancora in Europa.
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