Le proteste per la sentenza sull’aborto
Da venerdì decine di migliaia di persone manifestano in tutti gli Stati Uniti contro la decisione della Corte Suprema
Da venerdì in decine di città degli Stati Uniti sono state organizzate grandi proteste contro la recente decisione della Corte Suprema che, con una storica decisione, ha eliminato il diritto all’aborto a livello federale, precedentemente garantito su tutto il territorio nazionale dal 1973 grazie alla sentenza conosciuta come “Roe v. Wade”.
Ampi gruppi di attiviste e manifestanti si sono riuniti per protestare sia davanti alla sede della Corte Suprema, a Washington, sia davanti alle sedi dei governi statali che hanno già introdotto leggi per vietare quasi del tutto l’aborto e a quelli che stanno pensando di farlo. Ci sono state manifestazioni molto partecipate anche negli stati dove invece il diritto all’interruzione di gravidanza continua a essere tutelato.
Con il ribaltamento della sentenza, che garantiva l’accesso all’aborto a livello federale, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha di fatto demandato a ciascuno stato la regolamentazione dell’interruzione di gravidanza. Questo ha fatto sì che vari stati governati dai Repubblicani abbiano subito introdotto leggi che vietano l’aborto nella gran parte dei casi, con conseguenze dirette su milioni di donne.
Tra le migliaia di cartelli esposti durante le manifestazioni ce ne sono moltissimi che citano lo slogan “My body, my choice”, “il corpo è mio, la scelta è mia”, e molti altri su cui sono disegnate delle grucce, tra gli strumenti casalinghi più utilizzati per procurare aborti clandestini: un simbolo utilizzato dai movimenti femministi per ricordare le gravi conseguenze che avrà il ribaltamento della sentenza in molti stati americani, in primo luogo sulla salute delle donne.
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Ci sono state grosse proteste in Ohio, che dopo la sentenza della Corte ha introdotto una legge che vieta l’aborto una volta che il personale medico abbia riscontrato “attività cardiaca” nell’embrione, di solito attorno alle sei settimane di gravidanza: un momento in cui spesso le donne non sanno ancora di essere incinte, non è possibile riscontrare malformazioni negli embrioni e comunque non c’è ancora un organo cardiaco vero e proprio. Nel 2019 un giudice federale aveva bloccato la legge ritenendola incostituzionale proprio citando la sentenza “Roe v. Wade”.
A Phoenix, in Arizona, uno degli stati che stanno valutando di limitare ulteriormente l’accesso all’aborto, venerdì la polizia è intervenuta lanciando gas lacrimogeni per disperdere le migliaia di manifestanti che si erano radunate per protestare davanti al campidoglio, secondo le autorità «con azioni anarchiche e criminali». Nel frattempo Planned Parenthood, un’organizzazione di cliniche non profit che fornisce molti servizi sanitari alle donne, ha fatto causa al governo dello Utah per cercare di bloccare la legge che era stata introdotta subito dopo la sentenza, che permette l’aborto solo in caso di stupro, incesto e grave pericolo per la vita della donna.
A Washington invece sono state arrestate due persone accusate di aver imbrattato la cancellata della sede della Corte Suprema con vernice rossa durante le proteste. Ci sono stati arresti per disturbo della quiete pubblica e interferenza nelle attività della polizia anche a Greenville, in South Carolina, e a Eugene, in Oregon.
Arizona Capitol pic.twitter.com/sf8UcFvByD
— Michelle Ugenti Rita (@MichelleUgenti) June 25, 2022
Tra venerdì e sabato sono state organizzate proteste anche negli stati in cui il diritto all’aborto continua a essere garantito e tutelato, come California, New York e New Jersey, dove in qualche occasione le manifestazioni sono state fischiate da passanti dei movimenti antiabortisti, che hanno accolto con favore la sentenza della Corte.
A New York migliaia di persone si sono ritrovate per marciare al Greenwich Village, Manhattan, mentre a Los Angeles alcune attiviste hanno occupato una strada a scorrimento veloce, bloccando il traffico della città. Anche a Portland, in Oregon, c’è stata una grossa manifestazione a cui hanno partecipato centinaia di persone: tra di loro c’era anche Betty McArdle, una donna di 75 anni che in un’intervista al Washington Post ha raccontato di essere scesa in strada per marciare in favore della sentenza anche cinquant’anni fa, prima della storica sentenza “Roe v. Wade”. «Mi fa molto arrabbiare» dover protestare di nuovo per il riconoscimento del diritto all’aborto, ha commentato.
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