Il maggior gruppo di informazione locale online in Italia
È Citynews, che comprende cinquanta siti in altrettante città, e ora prova ad adattarsi a necessità nuove
La lunga crisi dell’industria dei giornali e la contemporanea riduzione dei canali di distribuzione, con un sensibile ridimensionamento della rete delle edicole, hanno obbligato i quotidiani nazionali a far fronte a una riduzione delle entrate, ma hanno avuto effetti anche più gravi sulle testate locali, portandone molte alla chiusura. Il giornalismo locale in Italia si è mosso tardi e con fatica sul digitale, per difficoltà a individuare un modello di business sostenibile. In questo contesto il gruppo Citynews, network di oltre cinquanta siti di informazione locale, costituisce un’eccezione di successo, ormai stabilmente presente nelle prime posizioni delle classifiche di traffico delle testate digitali, superando tutti i più noti giornali nazionali, Corriere della Sera e Repubblica compresi.
La rete dei siti Citynews, riconoscibili perché in una cospicua parte si chiamano col nome della città seguito da “Today”, esiste da 12 anni ed è presente oggi in cinquanta città, e produce una media di quarantamila notizie al mese. Il suo progetto è in espansione ed evoluzione da allora: nacque nel 2010 con l’idea di diventare una piattaforma per raccolta di notizie e scambio di informazioni fra utenti a livello locale e iper-locale (quartieri), ma ha poi visto spostarsi quelle attività soprattutto su community e gruppi locali su Facebook, e si è quindi progressivamente riorganizzata come una testata giornalistica tradizionale, seppur nativa digitale.
Nel 2017 è nato il sito nazionale Today e in queste settimane è stata presentata la sezione “Dossier”: un progetto di giornalismo investigativo e di inchiesta sulle città di Milano e Roma, con una redazione dedicata composta da giornalisti con una più specifica formazione e una maggiore attenzione e abitudine alla qualità e alla profondità. Luca Lani, amministratore delegato e fondatore con Fernando Diana di Citynews, spiega: «Le entrate del nostro gruppo si basano al 95 per cento sugli introiti pubblicitari, e quindi in questi dodici anni ci hanno guidato logiche di pagine viste e volumi di traffico. La ricerca dei numeri è stata sempre poco compatibile con lo ‘slow journalism’, ma ora che abbiamo raggiunto una certa stabilità economica sentiamo di dover rispondere anche a un’esigenza di maggiore profondità e contesto per i nostri lettori, anche per uscire dalla nostra bolla, scoperchiare e spiegare fenomeni di cui altrimenti non parleremmo».
La nascita di “Dossier” ha anche un fattore commerciale: permetterà a Citynews di esplorare una nuova possibile fonte di ricavo, quella degli abbonamenti a pagamento per lettori più affezionati ed esigenti: sondaggi effettuati fra gli utenti (4000 risposte) hanno rivelato, racconta Lani, che esiste una crescente disponibilità a pagare per informazione online e che temi legati ad ambiente, salute e lavoro nelle grandi città possono essere fra i principali “motivi d’acquisto”.
La fortuna di Citynews è stata costruita fin qui attraverso una grande presenza sul territorio, una cronaca puntuale e tempestiva (dai piccoli incidenti ai casi di “nera”), un’affidabilità delle informazioni di servizio. Il progetto era nato con un’attenzione sul citizen journalism e quindi sul contributo degli utenti, un modello che una decina di anni fa era considerato molto promettente ma che ovunque nel mondo non ha mai dato i risultati ipotizzati. Oggi i lettori di Today possono ancora segnalare notizie e casi (anche attraverso una funzione apposita sulla app), e circa il 10 per cento della produzione del network nasce così, ma è una componente sempre meno decisiva. Anche perché, spiega Lani, obbliga la redazione «a un’opera di moderazione e verifica oltremodo faticosa e dispendiosa per risultati non sempre rilevanti».
Citynews nacque anche con l’idea di trasferire sul digitale il modello dei giornali locali gratuiti – free-press – che vissero fra il 2000 e il 2010 una stagione di grande fortuna, «creando anche – dice Lani – un nuovo pubblico che non era abituato a comprare giornali ma che attraverso i free-press si era abituato ad avere notizie locali, immediate, semplici». La chiusura dopo la crisi economica del 2008 di molte testate di quel mondo, in particolare E Polis e le sue molte declinazioni locali, portò al primo esperimento dei fondatori di Citynews, che venivano da esperienze nel mondo digitale come Studenti.it e altri siti del gruppo Banzai (Luca Lani collaborò alle prime analisi sulle prospettive di sostenibilità del Post, che alla sua nascita ebbe Banzai come partner).
Scelsero Roma come grande città e Piacenza come centro di provincia di dimensioni medie (100mila abitanti), in un periodo in cui molti quotidiani locali, come il piacentino Libertà, avevano una presenza digitale molto limitata o nulla. I convincenti risultati in termini di traffico confermarono che il progetto poteva avere un futuro, ma per essere sostenibile aveva bisogno di un’economia di scala: occorreva coprire almeno 30 città per sostenere le spese fisse delle piattaforme e delle strutture. Lani racconta: «Nel 2011 ci siamo trovati quindi a cercare finanziamenti in un periodo particolarmente critico per farlo, un momento in cui gli investimenti nelle startup erano più che rari. Dopo quasi un anno, con 500 euro rimasti sul conto della società e la prospettiva di chiudere nel marzo 2011, li abbiamo trovati». L’ingresso del Fondo Principia e Micheli Associati, con un investimento di 4,5 milioni in due tranche, ha dato la necessaria stabilità, il gruppo ha gradualmente aggiunto testate e dal 2015 ha assunto una media di venti giornalisti l’anno.
Milano, Napoli, Pescara, Parma, Firenze sono state le città aggiunte già nel primo anno, LivornoToday, MessinaToday e ReggioToday gli ultimi ingressi nel network. Oggi è organizzato con una struttura piramidale che vede dodici direttori responsabili, sei redazioni fisiche e due sedi principali. Roma è quella centrale, che ospita Amministrazione, Marketing, IT & Design, Traffico, Risorse Umane, Relazioni Esterne e E-commerce. A Milano invece sono basati gli uffici della Concessionaria di pubblicità: la raccolta autonoma della pubblicità sin dagli inizi è stato uno dei fattori prima del raggiungimento del pareggio di bilancio, poi della sostenibilità di lungo periodo del progetto. Oggi Citynews si occupa anche, attraverso una scuola annuale, di creare i propri agenti. Gli inserzionisti sono per il 55 per cento a livello nazionale, per il 45 locali, ma sempre di dimensioni medio-grandi (catene di supermercati, concessionari, etc). Il cinque per cento dei ricavi non legati alla pubblicità arriva da partnership commerciali e dalla vendita attraverso coupon di abbonamenti o ingressi scontati a palestre, teatri, parchi a tema.
Il traffico sui siti del network proviene per il 10-12 per cento direttamente dalla app del gruppo, sviluppata sin dal 2013 e poi ciclicamente migliorata. Oggi grazie alla geolocalizzazione invia notifiche “push” – quelle che arrivano direttamente sullo schermo dello smartphone – non solo in base alla città, ma anche al quartiere in cui l’utente si trova. Un altro 30-35 per cento degli utenti arriva alle notizie direttamente dalla homepage o dalla ricerca sui motori di ricerca del nome delle testate, mentre il restante 50 per cento del traffico dipende dalle ricerche su Google e dai social, Facebook in testa (13 milioni di fan complessivi). La componente social e motori di ricerca è stata fondamentale, come per quasi tutte le testate digitali, in questi anni di espansione. Lani dice: «Nelle nostre redazioni siamo riusciti a realizzare una ‘fusione a freddo’ fra due tipi di giornalisti, affiancando profili più esperti di social e di scrittura ottimizzata per i motori di ricerca con giornalisti più tradizionali, spesso provenienti da giornali locali cartacei devastati dalla crisi, cronisti che ancora vanno a mangiare la pizza con i poliziotti o hanno un amico barelliere in ospedale. Si è creata una cultura aziendale ibrida».
I giornalisti del gruppo a gennaio hanno aderito al contratto Uspi-Cisal, così come in precedenza avevano fatto quelli di Fanpage, l’altro maggiore sito di news italiano nato digitale. Si tratta di un contratto redatto con la Confederazione italiana sindacati autonomi lavoratori e destinato alle testate appartenenti all’Unione Stampa Periodica Italiana. Rispetto al contratto nazionale della stampa (Fieg-Fnsi) ha minimi retributivi più bassi, prevede figure diverse (come il collaboratore redazionale o il coordinatore), non permette l’adesione all’assicurazione medica di categoria (Casagit). È stato creato per riempire il vuoto dopo la disdetta da parte della Federazione nazionale della stampa del precedente accordo per i contratti Uspi, entrato in vigore nel 2018 e revocato nel 2020. Lani definisce il contratto Fieg-Fnsi – che mantiene tuttora una serie di garanzie per i lavoratori e di costi per le aziende legati a periodi più floridi per l’editoria giornalistica – «insostenibile» a livello locale, e sostiene che la firma del nuovo accordo abbia riempito un vuoto normativo. La Fnsi ha pubblicamente criticato il contratto Uspi-Cisal, sostenendo insieme ad altri commentatori che le dimensioni di aziende come Fanpage o Citynews le dovrebbero collocare all’interno del contratto maggiore nazionale.
Il gruppo ha anche definito e sottoscritto un “codice di condotta” che, oltre a ribadire alcuni principi deontologici della professione, si dedica ad alcuni rischi specifici del giornalismo locale per tutelare i lettori su imparzialità, trasparenza e assenza di conflitti di interesse. Nei contesti locali possono essere più frequenti rapporti personali o familiari con i soggetti delle notizie, è più comune ricevere richieste di pubblicazione di comunicati stampa da “amici”, è frequente che all’impegno giornalistico si affianchi quello politico. Per quest’ultimo caso il codice etico prevede che chi è candidato non possa scrivere di politica.
Lani ha detto: «Ci sono città in cui quella che definiamo penetrazione, cioè il rapporto fra numero di abitanti e utenti unici sui nostri siti arriva anche al 50, 60, 70 per cento. Il che ci fa sentire anche particolarmente responsabili sulla qualità e sull’affidabilità delle notizie che pubblichiamo. Spesso sono i centri in cui l’informazione locale tradizionale, quella dei giornali cartacei, non esiste più o è molto in crisi, per cui i nostri siti, che hanno una presenza costante e sono indipendenti da potentati locali, svolgono quasi un servizio pubblico». Se i numeri maggiori di contatti arrivano ovviamente dai grandi centri (Roma, Milano e Palermo in testa), le città in cui il rapporto fra cittadini e lettori è più alto sono altre, spesso nel Sud: Lecce, Foggia, Agrigento. Citynews, che ha una redazione di tre giornalisti anche a Bruxelles, perché considera l’Unione Europea quasi come «politica interna» per i grandi rapporti e l’influenza sul territorio italiano, grazie anche ad alcuni contributi europei: non è invece tra le testate che ricevono contributi pubblici dal ministero e non ha partecipato a bandi statali e regionali, dicendo di voler così evitare eventuali condizionamenti alla propria autonomia.