Le motivazioni dei giudici della Corte Suprema americana sulla sentenza sull’aborto
I conservatori dicono che la competenza su un tema del genere sia dei singoli stati, i progressisti parlano di decisione «catastrofica»
Con l’attesissima decisione che riguardava la richiesta dello stato del Mississippi di riconoscere la propria legge sull’aborto e di demandare a ciascuno stato americano le decisioni in tema di interruzione di gravidanza, venerdì la Corte Suprema degli Stati Uniti ha anche ribaltato la storica sentenza “Roe v. Wade”, che dal 1973 garantiva nel paese l’accesso all’aborto a livello federale.
Il parere della Corte era stato anticipato a inizio maggio da uno scoop di Politico, che aveva pubblicato la bozza della decisione mettendo in fila alcune delle argomentazioni con cui la maggioranza dei nove giudici voleva ribaltare la sentenza “Roe v. Wade”. Oggi, con la pubblicazione della decisione, sono state diffuse anche le motivazioni definitive della Corte. Cinque giudici di orientamento conservatore hanno votato per ribaltare la sentenza, mentre tre di orientamento progressista si sono espressi contro. Il presidente della Corte, John G. Roberts, di orientamento conservatore, ha votato assieme alla maggioranza, ma in un commento a parte ha puntualizzato che non avrebbe voluto la completa eliminazione della sentenza “Roe v. Wade”.
Qui sotto alcuni estratti delle motivazioni.
Samuel Alito, di orientamento conservatore
«La sentenza “Roe v. Wade” è sempre stata platealmente sbagliata», ha scritto il giudice conservatore Samuel A. Alito. Alito ha detto che la Costituzione degli Stati Uniti non vieta «ai cittadini di ciascuno stato di regolamentare o vietare l’aborto». Questo sarebbe il problema con “Roe v. Wade”, secondo Alito: che alla sentenza del 1973 di fatto si attribuiva una competenza che doveva rimanere degli stati.
«Il ragionamento alla sua base era eccezionalmente debole, e quella decisione ha avuto conseguenze dolorose. […] È tempo di rispettare la Costituzione e riconsegnare il tema dell’aborto ai rappresentanti eletti dalle persone».
Clarence Thomas, di orientamento conservatore
«Mi unisco all’opinione della Corte perché indica correttamente che non esiste alcun diritto costituzionale all’aborto», ha scritto Clarence Thomas, che è stato nominato giudice della Corte nel 1991. Thomas ha citato in particolare il 14esimo emendamento della Costituzione americana, che tutela il diritto «alla vita, alla libertà e alla proprietà», sostenendo che la logica di questa decisione dovrebbe essere applicata anche alla revisione di precedenti sentenze che riguardano la contraccezione, i rapporti sessuali e i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Le affermazioni di Thomas stanno circolando molto in queste ore, provocando parecchie preoccupazioni tra chi si è posizionato contro la sentenza della Corte Suprema sull’aborto.
Brett Kavanaugh, di orientamento conservatore
Brett Kavanaugh, uno dei giudici nominati dall’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ha detto che «la decisione di oggi non rende illegale l’aborto su tutto il territorio nazionale. Al contrario, restituisce alle persone e ai rappresentanti da loro eletti attraverso il processo democratico» il diritto di decidere sulla questione.
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John G. Roberts, di orientamento conservatore
Il presidente della Corte Suprema, John G. Roberts, ha votato con la maggioranza dei giudici per riconoscere la legge del Mississippi, che vieta l’aborto dopo 15 settimane di gestazione, ma ha adottato una posizione un po’ peculiare nei confronti della sentenza “Roe v. Wade”, dicendo che non l’avrebbe voluta ribaltare completamente.
In un commento scritto a parte e pubblicato assieme alle motivazioni della decisione, Roberts ha detto di essere contrario al fatto che la sentenza “Roe v. Wade” permetta di abortire anche in un momento successivo a quello in cui si ritiene che il feto possa sopravvivere da solo fuori dall’utero materno (generalmente attorno alle 24 settimane); ha però detto che avrebbe auspicato «un approccio più misurato» nella decisione, senza eliminare del tutto il diritto all’aborto riconosciuto dalla sentenza.
Stephen Breyer, Sonia Sotomayor e Elena Kagan, di orientamento progressista
Secondo i tre giudici di orientamento progressista che si sono espressi contro il ribaltamento della sentenza, la decisione della Corte è «catastrofica». Secondo Stephen Breyer, Sonia Sotomayor ed Elena Kagan, adesso molti governi locali potrebbero introdurre restrizioni «draconiane» – come in parte sta già accadendo –, compresa quella di criminalizzare le donne che cercano di abortire, oltre chi procura un’interruzione di gravidanza.
Breyer, Sotomayor e Kagan hanno aggiunto che chi aveva redatto il 14esimo emendamento della Costituzione statunitense «non considerava le donne uguali agli uomini, e non riconosceva i loro diritti». Pertanto appellarsi alla Costituzione per negare il diritto all’aborto oggi «relega le donne a un ruolo di cittadine di seconda classe».
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