La Federazione internazionale del rugby a 13 ha momentaneamente escluso le giocatrici trans dalle competizioni femminili
Lunedì la Federazione internazionale del rugby a 13 (Rugby League) ha annunciato che le giocatrici transgender (cioè con un’identità di genere femminile ma nate di sesso maschile) saranno temporaneamente escluse dalle competizioni, che saranno quindi riservate alle donne cisgender (le persone che si identificano come donne e sono nate di sesso femminile). Il divieto resterà in vigore fino a quando la federazione non avrà completato la ricerca necessaria a elaborare una regolamentazione interna dedicata alla partecipazione delle giocatrici trans alle proprie competizioni. La Rugby League scrive che prevede di farlo nel 2023 e che si servirà dei dati relativi ai risultati delle giocatrici che competeranno alla prossima Coppa del mondo.
La decisione della Rugby League segue quella comunicata domenica dalla FINA, la Federazione internazionale degli sport acquatici, che ha ampiamente ristretto la possibilità per le nuotatrici transgender di accedere alle competizioni. Il divieto introdotto dalla FINA, nello specifico, riguarda le donne transgender che non abbiano iniziato terapie per la transizione entro le prime fasi della pubertà. IRL invece non ha specificato se il divieto momentaneo riguardi tutte le giocatrici che hanno fatto una transizione o solo quelle che l’abbiano iniziata dopo la pubertà. Il rugby a 13 non è la versione più nota, che si gioca invece in 15 ed è gestita da World Rugby.
Secondo vari commentatori la decisione della FINA avrebbe spinto altre federazioni sportive ad adottare misure simili. La FINA non è citata nel comunicato della IRL, che ha motivato la sua decisione con alcuni «rilevanti sviluppi nello sport a livello mondiale» e ha citato la discrezionalità prevista per le singole federazioni dalle linee guida per la partecipazione sportiva di atleti e atlete transgender, pubblicate lo scorso novembre dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO).
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