Il problema principale della ricerca sui tumori
Non sappiamo ancora abbastanza sulle metastasi. Per questo servono progetti innovativi e fondi costanti: si può contribuire con il 5 per mille
Negli ultimi decenni la ricerca sul cancro ha aumentato sensibilmente le possibilità di sopravvivere a un tumore. In Italia, per esempio, tra il 2015 e il 2021 la mortalità per tutti i tumori è diminuita circa del 10 per cento tra gli uomini e dell’8 per cento tra le donne. Il problema principale per i ricercatori oncologici continuano però a essere le metastasi: sono la causa del 90 per cento delle morti per tumore, e sulle modalità con cui si formano e si diffondono si sa ancora molto poco.
La metastasi è il fenomeno per il quale le cellule tumorali si spostano dalla zona del corpo in cui si sono formate a un’altra. È un processo che riguarda solo i tumori maligni, e nella maggior parte dei casi avviene nelle fasi più avanzate della loro crescita. Le cellule che si staccano dal tumore primario, dette “metastatiche”, si muovono attraverso il sangue o nei vasi linfatici e si stabiliscono in altri organi o tessuti, dove formano tumori secondari.
Trattare le cellule metastatiche è molto difficile: non sempre rispondono alle cure usate contro il tumore primario e anzi, in alcuni casi possono dimostrarsi più resistenti proprio perché sono sopravvissute ai primi trattamenti di chemioterapia o radioterapia. Inoltre, per il fatto che si formano nelle fasi più avanzate della malattia e in cui il paziente è più debole, in molti casi non è nemmeno possibile usare i soliti trattamenti. Spesso poi formano tumori secondari in più zone del corpo, a volte poco accessibili, rendendo di fatto impossibile o troppo pericolosa la loro asportazione chirurgica.
Non è ancora del tutto chiaro quali siano le molecole di un tumore responsabili del processo di metastasi, né si può prevedere con certezza se un tumore darà effettivamente metastasi: oggi il modo più efficace per evitarne la diffusione resta la diagnosi precoce, che permette l’asportazione completa e tempestiva delle cellule malate, e però non è sempre possibile.
Si capisce bene quindi perché la ricerca oncologica sia molto impegnata sul tema: tutti i tumori possono arrivare a metastasi, perciò è molto importante che si proseguano gli studi già avviati, e allo stesso tempo che qualcuno sviluppi nuovi approcci potenzialmente innovativi. Ci vogliono anni, però, e un sostegno economico adeguato. AIRC, la fondazione per la ricerca sul cancro, destina ogni anno una parte consistente delle donazioni che riceve proprio a progetti che riguardano le metastasi.
Nel 2022 AIRC ha messo a disposizione circa 20 milioni di euro destinati a 8 programmi speciali sullo studio delle metastasi. Questi 20 milioni fanno parte di un pacchetto complessivo di circa 70 milioni di euro – oltre la metà dei fondi raccolti dalla fondazione, pari a 136 milioni di euro – proveniente dal “5 per mille”, una misura fiscale che molti conoscono perché è una delle voci che ci si trovano sempre davanti quando si compilano i fogli per la dichiarazione dei redditi.
Dal 2006 è infatti possibile donare una piccola parte (pari al 5×1000, appunto) dell’IRPEF, la principale imposta sul reddito personale, a enti che si occupano di attività di interesse sociale. Non è obbligatorio sceglierne uno e non è una spesa aggiuntiva rispetto all’IRPEF che già si paga: se non si indica un destinatario il 5 per mille finisce automaticamente nelle casse dello stato. Per donarlo ad AIRC, nella dichiarazione dei redditi occorre firmare nello spazio sul “finanziamento alla ricerca scientifica e della università” e inserire il codice fiscale della fondazione (80051890152).
Il direttore scientifico di AIRC, Federico Caligaris Cappio, ha sottolineato quanto il 5 per mille aiuti «a garantire, anno per anno, la stabilità finanziaria» della fondazione. È un aspetto fondamentale, nella ricerca scientifica e sul cancro in particolare, perché un progetto «non dura mai un anno solo – spiega ancora Caligaris Cappio – e sapere di poter contare su fondi consistenti e regolari ha consentito ad AIRC di sviluppare nuove progettualità a lungo termine».
Il 5 per mille ad AIRC garantisce insomma una continuità assai necessaria, e che per i ricercatori non è affatto scontata: «Abbiamo potuto pensare in grande proprio grazie al sostegno, unico per entità e durata», ha spiegato la professoressa Maria Chiara Bonini, che insegna ematologia all’università San Raffaele di Milano ed è responsabile di uno degli 8 bandi speciali sulle metastasi legati al 5 per mille.
Il progetto è iniziato nel 2019, ha una durata di 7 anni e riguarda le metastasi al fegato che hanno origine dai tumori del colon-retto e da quelli del pancreas. Sono alcuni dei tumori che causano i maggiori decessi, proprio a causa delle metastasi al fegato. L’obiettivo è sviluppare terapie innovative in grado di modificare quello che viene chiamato “microambiente tumorale” – cioè l’ecosistema che comprende molecole, cellule, tessuti e strutture che compongono il tumore e ciò che lo circonda –, che si crede sia uno dei principali fattori che favoriscono la crescita di cellule tumorali metastatiche e riducono l’efficacia delle terapie.
Un importante risultato raggiunto di recente dal gruppo di ricerca è stato quello di aver modificato con gli strumenti dell’ingegneria genetica i linfociti T, un tipo di cellule linfatiche presenti nel sangue che, tra i loro compiti, hanno quello di attaccare gli agenti estranei all’organismo. La modifica in questo caso serve a renderli capaci di riconoscere le metastasi e a difendere il corpo dai meccanismi che inibiscono le risposte immunitarie nel fegato metastatico.
Un altro programma, quello del professor Robin Foà, ematologo all’università Sapienza di Roma, è incentrato sul problema della resistenza alle terapie e su quello della disseminazione delle cellule tumorali nei tumori linfoidi, che interessano parte del sistema circolatorio e immunitario e sono quindi spesso alla base del trasporto di cellule cancerose da un tessuto a un altro (cioè uno dei meccanismi all’origine delle metastasi).
Il gruppo di ricerca di Foà, che è sostenuto dal 5 per mille dal 2018, si è concentrato in particolare sulle cellule tumorali che sopravvivono alle terapie iniziali e che sono alla base del ritorno del tumore: sono chiamate “malattia residua minima” e sono spesso coinvolte nel processo di metastasi. Capire come funzionano queste cellule serve a Foà e ai suoi ricercatori anche a sviluppare approcci diversi da quelli chemioterapici.
I risultati pubblicati sul New England Journal of Medicine – tra le più prestigiose riviste mediche a livello internazionale – mostrano che in 63 pazienti adulti, affetti da leucemia acuta linfoblastica (LAL) con una specifica alterazione genetica, è stato possibile utilizzare con successo, in alternativa alla chemioterapia, una combinazione di farmaci a bersaglio molecolare (agiscono in maniera selettiva su alcuni processi molecolari) e di immunoterapia (non attacca le cellule tumorali, ma attiva il sistema immunitario contro di esse). Il prossimo passo sarà quello di chiarire in modo conclusivo se una parte di questi pazienti, soprattutto quelli meno giovani, potrà essere curata soltanto con questi protocolli terapeutici mirati e senza l’uso di chemioterapia e trapianto.
Tra gli 8 programmi speciali c’è anche quello coordinato da Alessandro Maria Vannucchi, professore di ematologia all’università di Firenze, attivo dal 2018. Si chiama “Mynerva” ed è un caso interessante per capire l’importanza dei finanziamenti come quelli del 5 per mille, che hanno spesso l’obiettivo di rendere prioritari ambiti che altrimenti rischierebbero di essere lasciati da parte. Il progetto Mynerva studia infatti alcuni tipi di tumori mieloidi, cioè malattie del sangue di per sé abbastanza rare e al momento difficilmente curabili, che senza una disponibilità economica e organizzativa adeguata potrebbero non essere i primi su cui vengono indirizzati fondi per la ricerca sul cancro.
Un’ipotesi accreditata però, su cui si concentra il progetto Mynerva, è che l’evoluzione di questi tumori rappresenti un modello generale di come si sviluppano le metastasi: dalla buona riuscita di questi studi, quindi, potrebbero dipendere enormi benefici anche su numerosi altri tipi di tumore. Il gruppo di ricerca Vannucchi sta lavorando sulla presenza di alcune mutazioni del tumore che permetterebbero infatti di prevedere in modo piuttosto accurato il decorso della malattia, tanto che hanno portato allo sviluppo di un nuovo modello predittivo – già recepito nelle linee guida internazionali – per identificare i pazienti da sottoporre precocemente al trapianto di cellule staminali.