La Federazione internazionale degli sport acquatici ha limitato ampiamente l’accesso delle donne trans alle categorie femminili
Domenica la FINA, la federazione internazionale degli sport acquatici, ha introdotto il divieto per le donne transgender (cioè persone che si identificano come donne pur essendo nate di sesso maschile) di gareggiare all’interno delle categorie riservate alle donne cisgender (le persone cioè che si identificano come donne essendo nate di sesso femminile). Il divieto introdotto dalla FINA, nello specifico, riguarda le donne transgender che non abbiano iniziato terapie per la transizione entro l’età dei 12 anni, o entro le prime fasi della pubertà, qualora si siano manifestate prima: secondo i consulenti scientifici della federazione, infatti, l’aver vissuto la pubertà maschile darebbe alle donne transgender un vantaggio fisico duraturo e irreversibile rispetto alle atlete cisgender.
La partecipazione delle donne trans alle competizioni sportive femminili è da tempo un tema molto dibattuto, e nel nuoto se n’era parlato estesamente di recente dopo gli importanti risultati ottenuti dalla nuotatrice transgender Lia Thomas.
Il divieto introdotto dalla FINA entra in vigore oggi, lunedì 20 giugno, e riguarda solo le competizioni internazionali: secondo alcuni commentatori potrebbe però spingere federazioni sportive più piccole a prendere misure simili. La FINA ha anche detto di voler aprire una categoria a parte per le atlete trans che non rispettano i requisiti necessari per partecipare alle competizioni nelle categorie femminili. La decisione della federazione ha attirato molte critiche da parte di diverse organizzazioni e gruppi di attivisti per i diritti delle persone trans nello sport.
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