Perché impazziamo per le cose gratis
Diverse storie singolari e studi di psicologia dimostrano la tendenza umana a preferire i prodotti che non hanno alcun costo, anche rispetto ad affari migliori
Secondo un noto modo di dire anglosassone – «there is no such thing as a free lunch», traducibile come «non si fa niente per niente» – non esistono pasti veramente gratuiti. Affermazione apparentemente contraddetta dalla diffusione e dal successo delle strategie di marketing che prevedono la distribuzione gratuita di campioni di prodotti o assaggi di cibo o bevande alla clientela di negozi e supermercati. E che dimostrano, a volte anche in modi singolari e stravaganti, quanto l’attrazione umana verso tutto ciò che è gratis sia in grado di indurre comportamenti irrazionali.
Nel 2010, un pensionato di 68 anni fu arrestato e accusato di taccheggio in un negozio della catena di alimentari Supervalu in Minnesota, per aver violato le «norme sociali e di buon senso dei clienti in merito alle pratiche di distribuzione di campioni gratuiti». Aveva portato via circa 250 grammi di salsicce e 385 grammi di manzo, oltre a una dozzina di bustine di salsa di soia, offerti gratuitamente come assaggi.
L’uomo arrestato accusò a sua volta Supervalu per aver violato i suoi diritti civili e si difese sostenendo di essere stato incoraggiato dai dipendenti del negozio a prendere più campioni di cibo, per portarne alcuni a casa dalla moglie. Il negozio contestò quella versione, descrivendo l’uomo come un noto saccheggiatore seriale di campioni gratuiti, che in passato aveva per esempio riempito sacchetti con decine di biscotti portati via dai vassoi degli assaggi. Le accuse reciproche furono infine ritirate, ma la storia generò una lunga serie di articoli e commenti su quali porzioni individuali di campioni gratuiti sia corretto considerare lecite e appropriate.
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Storie simili a quella del pensionato del Minnesota riguardano alcuni comportamenti violenti di clienti della catena americana di supermercati Costco, che investe molto e da tempo sugli assaggi gratuiti. Nel 2015, un cliente di 78 anni di un negozio in California fu aggredito e preso a pugni da un altro di 24, risentito per l’accusa di aver monopolizzato il vassoio degli assaggi gratuiti di waffle alla Nutella. E nel 2018, in un negozio in South Carolina, a finire a schiaffi fu una disputa tra due clienti sulla settantina in fila per mini cheeseburger gratuiti.
Più approfonditamente ed estesamente di quanto facciano le storie di controversie e zuffe occasionali tra clienti per gli assaggi offerti dai negozi, diversi studi di psicologia ed economia comportamentale hanno dimostrato nel corso del tempo quanto l’irrazionalità sia radicata nella condotta degli individui quando c’è di mezzo qualcosa di gratuito.
In un esperimento descritto in uno studio pubblicato nel 2007 sulla rivista Marketing Science, che si occupa di modelli matematici applicati all’analisi del marketing, i partecipanti dimostrarono di preferire i prodotti gratuiti anche rispetto a quelli che presentavano un migliore rapporto tra costo e beneficio. Di fronte alla possibilità di scegliere un solo cioccolatino tra due proposti dagli sperimentatori, un gruppo di partecipanti scelse di acquistare il cioccolatino di qualità superiore tra i due a un prezzo molto più basso del normale (13 centesimi di dollaro). Ma un gruppo oltre due volte più numeroso preferì il cioccolatino gratuito e di peggiore qualità.
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Lo studio fu molto ripreso e citato perché contraddiceva alcune prospettive teoriche standard secondo cui le persone tendono a compiere la scelta che produce la maggiore differenza favorevole tra costi e benefici, e cioè il cioccolatino di migliore qualità quasi regalato. Ma le decisioni riguardo ai prodotti gratuiti sembrano sottrarsi a certe logiche razionali, ipotizzò lo studio, perché in quel caso le persone non sottraggono semplicemente i costi ai benefici: percepiscono i vantaggi associati ai prodotti gratuiti come superiori, per un effetto psicologico definito «effetto prezzo zero».
Per dimostrare questa conclusione, in un altro esperimento i ricercatori proposero gli stessi due cioccolatini incrementando di un centesimo di dollaro il costo di entrambi, mantenendo quindi la differenza di prezzo tra i due beni. In questo caso, una maggioranza schiacciante dei partecipanti preferì il cioccolatino di qualità superiore al costo di 14 centesimi piuttosto che quello meno buono al costo di un centesimo. Come recentemente spiegato dagli autori dello studio a proposito dei risultati degli esperimenti, nel caso dei beni gratuiti le persone tendono a non vedere lati negativi e a essere guidati da buone sensazioni.
Qualcosa di simile vale anche per un caso abbastanza familiare: le spedizioni gratuite. Secondo un sondaggio contenuto nel rapporto annuale dell’agenzia di marketing americana Walker Sands sulle vendite al dettaglio, il 77 per cento delle persone intervistate – un campione di 1.600 consumatori statunitensi – ha definito la spedizione gratuita come un fattore in grado di incentivare gli acquisti online. Molto più di altri fattori come la spedizione in un giorno o la possibilità di reso gratuito.
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Uno studio del 2006 condotto da ricercatori di due prestigiose business school americane – Wharton School alla University of Pennsylvania e Graduate School of Management alla University of California, Davis – mostrò come la proposta di spedizione gratuita sia in genere lo strumento di marketing più efficace. Un’offerta di spedizione gratuita in grado di far risparmiare 6,99 dollari, per esempio, risultò per molti clienti più allettante rispetto a uno sconto netto di 10 dollari.
Proponendo un’interpretazione dei risultati di molti studi simili sugli effetti psicologici della spedizione gratuita, il docente americano e popolare esperto di economia comportamentale e psicologia cognitiva Dan Ariely ha detto al sito The Hustle che i consumatori hanno difficoltà a comprendere perché la spedizione dovrebbe avere un costo. Molti di loro, secondo Ariely, sono disposti a pagare per un prodotto tangibile ma non tengono conto del tempo e della manodopera necessari per la spedizione, trovando quindi «ingiusto» che questa abbia un costo aggiuntivo. Non appena la «barriera ingiusta» viene rimossa, aumentano le probabilità di acquisto del prodotto.
Anche le aziende cercano di trarre vantaggio dai noti effetti psicologici associati ai prodotti gratuiti, e uno dei modi più noti è il marketing basato sui campioni gratuiti. Che dal punto di vista del cliente sono una cosa positiva perché sono prodotti gratuiti, banalmente, e dal punto di vista del produttore sono un modo molto efficace, per esempio, di informare la clientela della disponibilità di nuovi prodotti. Di solito, le aziende stipulano contratti con società indipendenti che si occupano dell’organizzazione degli eventi di distribuzione dei campioni e hanno rapporti con le principali catene di negozi.
È una politica che ha un ritorno economico significativo per tutte le parti coinvolte, dal momento che tende effettivamente a indurre i clienti a compiere acquisti. E questo porta sia le aziende produttrici a incrementare le vendite dei nuovi prodotti, sia le catene dei supermercati a incrementare le vendite generali, anche di prodotti per niente collegati a quelli distribuiti come campioni gratuiti.
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Una delle ragioni citate da studiosi ed esperti di marketing riguardo al successo dei campioni gratuiti è che rendono più familiari per i clienti prodotti che probabilmente non avrebbero mai provato altrimenti. A volte aumentano la familiarità dei clienti con interi reparti dei supermercati che non avevano mai frequentato o avevano frequentato poco prima di imbattersi nei campioni gratuiti. Altre ragioni citate fanno invece riferimento alle sensazioni positive descritte da studi come quello di Marketing Science e al fatto che la gratuità del prodotto possa a volte indurre nei clienti sentimenti e comportamenti di gratitudine espressi in seguito attraverso l’acquisto dei prodotti precedentemente ricevuti gratis.
Il marketing basato sui campioni gratuiti sembra tuttavia funzionare meno in alcuni settori, ha detto Ariely a The Hustle a proposito dell’esempio diverso e problematico dei contenuti gratuiti su Internet. Anche in questo caso una delle tecniche più utilizzate dai produttori, che si tratti del servizio di newsletter Substack o del New York Times, è di offrire ai potenziali abbonati alcuni contenuti prima di richiedere loro di sottoscrivere un abbonamento.
Secondo un sondaggio sull’utilizzo dei media digitali condotto nel 2020 dal centro di ricerca britannico Reuters Institute, la percentuale media di persone di 9 paesi scelti (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Spagna, Italia, Germania, Danimarca, Giappone e Finlandia) che aveva pagato per leggere le notizie online nei sei anni precedenti non superava il 13 per cento.
La ragione per cui gli articoli o i contenuti gratuiti online non producono apparentemente gli stessi effetti dei campioni gratuiti nei negozi fisici, secondo Ariely, è che le persone che leggono gratuitamente tre articoli, per esempio, possono percepire come eccessiva la tariffa di un abbonamento mensile come prezzo per leggerne un altro. Inoltre il successo dei campioni gratuiti nei supermercati mostra chiaramente quanto sia rilevante la familiarità delle persone con i prezzi normali e abituali dei prodotti che vengono loro eventualmente offerti gratis, come un’eccezione alla regola. E nel caso di Internet, fa notare Ariely, la regola è ancora l’offerta gratuita.