Ci si aspettava di più da Olaf Scholz
Sei mesi fa le aspettative per l'allora nuovo cancelliere tedesco, un socialdemocratico, erano altissime: poi le cose si sono messe male, anche a causa della guerra in Ucraina
Quando era stato nominato nuovo cancelliere della Germania nel dicembre del 2021, le aspettative su Olaf Scholz erano altissime. Aveva appena guidato i Socialdemocratici tedeschi al miglior risultato elettorale degli ultimi 15 anni, e nei vari incarichi di governo ricoperti durante l’amministrazione di Angela Merkel si era guadagnato la fama di personaggio politico competente, carismatico, risoluto e dalle solide convinzioni progressiste.
Ora quel periodo sembra lontanissimo: Scholz è precipitato nei sondaggi e viene regolarmente criticato sia dai suoi alleati di governo sia dai principali giornali tedeschi, che gli rimproverano l’approccio mantenuto fin qui sulla guerra in Ucraina, ma non solo. Nelle ultime settimane sono usciti articoli molto duri sul suo conto sia sulla stampa internazionale che su quella tedesca.
La principale critica che gli viene rivolta è una certa ambiguità proprio nei confronti della guerra in Ucraina. Pochi giorni dopo l’invasione russa, Scholz aveva annunciato la creazione di un fondo da 100 miliardi di euro da investire nella difesa, ribaltando la tradizionale e dimessa prudenza con cui la Germania aveva gestito fino a quel momento la propria politica estera e di difesa. Nelle settimane successive aveva fatto sapere che il governo tedesco avrebbe sostenuto l’Ucraina in ogni modo, e che avrebbe appoggiato sanzioni durissime nei confronti della Russia nonostante i contraccolpi per l’economia tedesca.
Poi però, mano a mano, il suo governo si è rimangiato quasi tutto: e dai giornali è emerso che molti di questi passi indietro siano attribuibili proprio a Scholz. Il governo tedesco ha approvato soltanto all’inizio di giugno un importante invio di nuove armi all’Ucraina, dopo settimane di dibattito, nel frattempo ha fatto capire che non intende approvare sanzioni sul gas naturale russo, da cui dipendono importanti pezzi della propria economia, e si è tirato indietro dalla promessa di inviare centinaia di soldati nei paesi baltici per rafforzare il confine nordorientale della NATO.
Martedì è arrivata la notizia che il governo tedesco presterà circa 10 miliardi di euro alla divisione tedesca di Gazprom, la principale azienda russa che esporta gas naturale, che dall’inizio della guerra è stata affidata a un trust, cioè a un’amministrazione indipendente. Il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck avrebbe preferito una nazionalizzazione dell’intera divisione, in modo che non potesse in alcun modo tornare nella disponibilità della Russia: ma secondo Bloomberg Scholz si sarebbe opposto perché una decisione del genere «avrebbe potuto fare arrabbiare il presidente russo Vladimir Putin».
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I suoi critici più aspri gli rimproverano soprattutto la tendenza a smussare e ridimensionare ogni decisione potenzialmente ambiziosa. «Al posto di guidare il paese in uno sforzo morale e strategico per sconfiggere il barbaro militarismo di Putin, il cancelliere ha scelto di fatto di non fare nulla», ha scritto qualche giorno fa sul New York Times la commentatrice Jagoda Marinic: «La promessa di una reazione è evaporata in mesi di vacillamenti e ritardi».
Alcuni ritengono sia soprattutto un problema di comunicazione. Scholz tende a parlare in un linguaggio molto generico, da politico “di una volta”, che lascia aperte moltissime possibilità senza risultare molto incisivo. In Germania il suo stile retorico è stato soprannominato Scholzomat, per indicare un eloquio da burocrate, quasi robotico. Il magazine tedesco Spiegel lo ha accusato di essere «un comunicatore estremamente reticente»: «su alcuni dettagli semplicemente sceglie di non dire nulla, come se il silenzio fosse una buona scelta».
Secondo altri invece l’ambiguità di Scholz ha origini più profonde, che riguardano il suo rapporto con la Russia, giudicato da alcuni troppo morbido.
Un pezzo della classe dirigente dei Socialdemocratici si è formata politicamente in un periodo in cui il partito, negli anni Settanta, promosse una politica di buon vicinato con l’Unione Sovietica, che allora manteneva uno stato satellite su circa un terzo dell’odierno territorio tedesco (la Repubblica Democratica Tedesca). L’ex cancelliere Socialdemocratico Gerhard Schröder è un amico personale di Putin, dall’inizio della guerra ha ribadito la sua vicinanza alla Russia e soltanto a fine maggio si è dimesso da presidente di Rosneft, la principale compagnia petrolifera russa. L’attuale presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, Socialdemocratico anche lui, ad aprile era stato dichiarato persona non gradita dal governo ucraino per via dei suoi passati e amichevoli rapporti con la Russia.
Esistono dei segnali del fatto che anche su questioni che non riguardano la Russia le difficoltà di Scholz si sovrappongano in parte a quelle di un partito non esattamente in salute. A metà maggio i Socialdemocratici hanno perso nettamente le elezioni nella Renania Settentrionale-Vestfalia, lo stato più popoloso della Germania, dopo che nel 2017 erano arrivati poco dietro la CDU, il principale partito di centrodestra. Scholz si era molto impegnato nella campagna elettorale, tanto che i giornali hanno scritto che il cattivo risultato del partito si può considerare anche una sua sconfitta personale.
Dopo la generazione di Scholz il partito non è riuscito a formare una solida classe dirigente, e su alcuni temi sembra piuttosto disallineato con l’elettorato progressista. Nel 2021 per esempio aveva fatto campagna elettorale per una semplice depenalizzazione del consumo di marijuana; rimanendo più a destra dei Verdi e dei liberali dell’FDP, che invece spingevano per una legalizzazione più ampia. Alla fine nel patto di coalizione ci è finita la legalizzazione, su cui ci si aspetta che il governo presenti una proposta in autunno.
Negli ultimi anni, poi, il partito ha spesso frenato sulla chiusura delle centrali a carbone e più in generale sugli obiettivi climatici nazionali, temendo che potessero piacere poco alla storica base del partito fatta soprattutto da operai (che però nel frattempo si sono progressivamente spostati a destra).
Il risultato è che le elezioni vinte lo scorso anno sono da leggere forse come una estemporanea eccezione: l’aggregatore di sondaggi di Politico segnala che negli ultimi tempi i Socialdemocratici siano tornati il terzo partito più popolare dopo la CDU e i Verdi, esattamente la posizione che avevano occupato per molti degli ultimi anni.
Anche il consenso personale di Scholz non è messo granché bene. Un recentissimo sondaggio dell’istituto Insa indica che Scholz è soltanto il quarto politico più apprezzato del paese, molti punti più sotto dei due leader e ministri dei Verdi Robert Habeck e Annalena Baerbock e dopo il ministro della Salute Karl Lauterbach.