L’Europa deve decidere cosa fare col gas
Il prezzo è aumentato molto a causa dei tagli di Gazprom, ma la preoccupazione dei governi europei riguarda quello che succederà dopo l'estate
I tagli che ci sono stati nell’ultima settimana alle forniture di gas all’Europa da parte di Gazprom, l’azienda energetica di stato russa, stanno iniziando a mostrare i primi effetti: il prezzo del gas naturale sul TTF, il mercato di riferimento per lo scambio di gas in Europa, è aumentato di più del 40 per cento in una settimana, e si teme che nei prossimi giorni possa aumentare ulteriormente se dovessero esserci nuovi tagli.
La situazione sta riguardando con maggiore criticità Germania, Francia e Italia, che nei prossimi giorni dovranno decidere come intervenire per evitare che la crisi energetica peggiori ulteriormente.
La preoccupazione non riguarda tanto l’immediato, ma quanto succederà dopo l’estate. Al momento infatti la riduzione del gas russo non crea grossi problemi ai paesi europei: con il caldo il gas non è necessario per scaldare gli edifici, e il fabbisogno europeo si riduce notevolmente. Ma questo non vuol dire che l’Europa smetta di acquistare gas nel corso dell’estate, anzi. I mesi estivi sono infatti solitamente utilizzati per fare scorte di gas in vista dell’inverno, in modo che ci siano riserve che possano coprire eventuali picchi nell’utilizzo o problemi nelle forniture.
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L’obiettivo fissato dall’Unione Europea per le riserve dei singoli paesi membri è che arrivino almeno all’80 per cento di stoccaggio di gas entro novembre, ma quanto sta succedendo negli ultimi giorni fa pensare che sarà un traguardo difficilmente raggiungibile. Secondo la società di consulenza Wood Mackenzie se le forniture di gas tramite il gasdotto Nord Stream dovessero proseguire ai ritmi attuali, entro novembre si potrebbe arrivare al massimo al 69 per cento di stoccaggio. E se dovessero interrompersi del tutto, un’ipotesi nient’affatto improbabile, arriverebbero al 60 per cento.
Proprio per questo motivo i governi europei nei prossimi giorni dovranno decidere se mettere in atto misure straordinarie per contrastare fin da subito eventuali effetti negativi in futuro. Il ministro della Transizione ecologica italiano Roberto Cingolani ha fatto sapere che la prossima settimana si riunirà il CTEM, il comitato tecnico di emergenza e monitoraggio del sistema gas naturale, che deciderà se intervenire innalzando il livello di allerta previsto dal piano di emergenza sul gas dell’Italia.
Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, l’Italia è in uno “stato di pre-allarme”, e la prossima settimana il ministero potrebbe dichiarare il successivo “stato di allarme”. Non cambierebbe molto, ma il governo in questo caso potrebbe chiedere ad alcune industrie non essenziali di ridurre volontariamente i consumi o di impiegare combustibili alternativi al gas.
Il livello più critico sarebbe quello successivo previsto dal piano, lo “stato di emergenza”, che però per il momento sembra lontano: prevede che lo stato possa decidere di interrompere l’utilizzo di gas delle industrie, e definire nuove soglie di temperatura nelle abitazioni private e negli uffici, tra le altre cose.
Della questione hanno parlato giovedì il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi e il cancelliere tedesco Olaf Scholz nel corso del loro viaggio a Kiev, in Ucraina. In risposta alla versione di Gazprom e del governo russo, secondo cui il gas è stato ridotto perché i gasdotti hanno problemi tecnici e difficoltà di manutenzione, Draghi ha detto in una conferenza stampa che «sia la Germania che noi, e altri, crediamo che queste siano bugie: in realtà c’è un uso politico del gas, così come stanno usando il grano per fini politici».
Secondo diversi giornali, nell’incontro di Kiev Draghi avrebbe convinto Scholz ad appoggiare la sua proposta di fissare un tetto al prezzo del gas sul mercato europeo. È una possibilità di cui si discute da tempo, e che finora sembra piuttosto improbabile per l’opposizione di diversi paesi europei, tra cui proprio la Germania, che credeva che un’azione del genere avrebbe avuto effetti negativi sulle relazioni diplomatiche con la Russia. È probabile che della proposta si discuta nel prossimo Consiglio Europeo, in programma giovedì e venerdì.
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