C’è un promettente farmaco contro l’alopecia
Già impiegato per trattare l'artrite reumatoide, è stato da poco approvato negli Stati Uniti dopo buoni risultati di ricrescita nei pazienti con gravi forme di alopecia areata
A inizio settimana negli Stati Uniti è stato approvato un farmaco per trattare l’alopecia areata, una malattia che può causare la perdita totale dei capelli e degli altri peli del corpo, compresi quelli del naso e delle orecchie, le ciglia e le sopracciglia. Il farmaco, la cui molecola si chiama baricitinib, era stato sviluppato contro l’artrite reumatoide dall’azienda farmaceutica Eli Lilly, ma ha mostrato di avere potenzialità nel trattamento dell’alopecia areata ed eventualmente di altre malattie dermatologiche.
L’approvazione da parte della Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia governativa statunitense che si occupa di sicurezza dei farmaci, renderà possibile l’impiego del baricitinib per scopi diversi dal trattamento dell’artrite reumatoide, concedendo ai pazienti i rimborsi da parte delle assicurazioni, visto che il trattamento costa circa 2.500 dollari al mese. Altri due farmaci simili, sviluppati da Concert Pharmaceuticals e da Pfizer, potrebbero essere approvati a breve dalla FDA, offrendo ulteriori possibilità ai malati di alopecia areata.
In generale, l’alopecia è il processo che porta a una riduzione della quantità e della qualità dei capelli, eventualmente fino alla loro scomparsa. Le cause della malattia non sono ancora completamente note, ma gli studi svolti finora indicano componenti ereditarie, ormonali e immunitarie. La forma più diffusa, e che coinvolge soprattutto gli uomini, è l’alopecia androgenetica dove per fattori ereditari i bulbi piliferi tendono a diventare sempre più piccoli col passare del tempo, portando alla formazione di capelli sempre più sottili e fragili, che cadono causando un diradamento sempre più evidente.
L’alopecia areata si manifesta invece con una caduta più repentina dei capelli e di altri peli del corpo, causando chiazze glabre piuttosto evidenti. In molti casi si risolve in maniera spontanea e senza lasciare segni, ma in alcune persone la malattia si estende all’intero cuoio capelluto e agli altri bulbi piliferi, portando alla perdita totale di peli. La condizione è studiata da tempo e si ritiene che la causa principale possa essere una reazione imprevista del sistema immunitario, che danneggia a livello locale i bulbi piliferi.
Il baricitinib è un inibitore delle JAK, una famiglia di enzimi che è coinvolta in alcuni processi di attivazione del sistema immunitario. Gli inibitori di questo tipo sono considerati buoni candidati per trattare alcune forme di tumori e soprattutto alcune malattie autoimmuni causate proprio da una risposta fuori scala da parte del sistema immunitario, come nel caso dell’artrite reumatoide.
L’impiego degli inibitori delle JAK in campo dermatologico è ricondotto soprattutto a Brett King, un dermatologo dell’Università di Yale (Stati Uniti) che nei primi anni Dieci si era imbattuto in alcuni studi svolti sui topi, dove si era reso evidente un ruolo di questi inibitori nel trattare con successo i casi di alopecia areata. King aveva poi avviato alcune sperimentazioni cliniche coinvolgendo i propri pazienti, e aveva ottenuto risultati molto incoraggianti sulla possibilità di ripristinare il cuoio capelluto danneggiato dalla malattia.
I suoi primi studi sul tema avevano attirato l’attenzione di altri gruppi di ricerca, suscitando l’interessamento di alcune aziende farmaceutiche come Eli Lilly, la società che ha sviluppato il baricitinib ora approvato dalla FDA.
L’approvazione è stata resa possibile in seguito all’analisi di due test clinici, finanziati da Eli Lilly, e i cui risultati sono stati pubblicati a maggio sul New England Journal of Medicine. I test hanno interessato 1.200 pazienti con forme gravi di alopecia areata. A poco più di 8 mesi dall’inizio del trattamento, il 40 per cento dei partecipanti aveva segnalato una ricrescita dei capelli e degli altri peli, parziale o completa a seconda dei casi. Dopo un anno, circa la metà dei pazienti è tornata ad avere i capelli in quantità paragonabili a prima della malattia.
Nel corso della sperimentazione non sono stati segnalati effetti collaterali preoccupanti. Alcuni volontari hanno indicato di avere avuto un po’ di acne o alcune infezioni, specialmente al tratto urinario. In molti casi gli effetti avversi si sono risolti da soli con il tempo, senza la necessità di affiancare altri trattamenti a quello con gli inibitori delle JAK.
I test clinici sono stati svolti con la supervisione di King, che è anche coinvolto nelle sperimentazioni che stanno portando avanti Pfizer e Concert Pharmaceuticals. Se i nuovi test dovessero portare a risultati simili, e a ulteriori approvazioni da parte della FDA, i pazienti che non ottengono risultati con un farmaco potranno provarne un altro, aumentando le probabilità di successo nel trattare l’alopecia areata.
Gli inibitori delle JAK fanno parte di un’area molto attiva della ricerca farmacologica e negli ultimi anni hanno portato all’approvazione di vari farmaci e al loro impiego per il trattamento sperimentale di malattie per cui non erano stati inizialmente sviluppati. Come per tutti i farmaci da poco approvati, è bene mantenere comunque qualche cautela nella valutazione dei benefici, che come sempre possono variare sensibilmente da persona a persona.