La siccità non è finita
Non sono bastate le piogge delle ultime settimane a rimediare ai molti mesi senza, e il problema si va estendendo
I periodi di siccità sono causati da condizioni climatiche di lungo periodo, dunque non si risolvono con qualche giorno di pioggia. E anche ripetute precipitazioni possono non essere sufficienti: nonostante quelle che ci sono state tra la fine di marzo e la fine di maggio, la scarsità d’acqua nella Pianura Padana persiste. Inoltre è piovuto meno del solito anche in altre zone d’Italia, in particolare in Toscana, Lazio e Puglia, e nel contempo si sono registrate temperature particolarmente alte: per questo si può dire che molto probabilmente l’estate del 2022 sarà un’estate di siccità per gran parte del paese.
La zona più colpita continua a essere il Nord Italia, dove non ha praticamente mai piovuto nei primi tre mesi dell’anno. Secondo il più recente bollettino dell’Osservatorio permanente sugli utilizzi idrici dell’Autorità di bacino distrettuale del Po, la siccità è ancora grave lungo tutto il fiume. Dopo che i livelli dell’acqua si erano alzati per via delle piogge di maggio, le portate misurate (cioè i valori della quantità d’acqua trasportata per unità di tempo registrati in diversi punti del fiume) sono nuovamente diminuite, scendendo sotto i valori medi storici.
Lo stesso vale per gli affluenti del Po provenienti dagli Appennini, mentre per quelli alpini la diminuzione delle portate dovuta alla scarsità di piogge è in parte compensata dallo scioglimento delle nevi di montagna; nell’Adda si sono comunque registrate tra le portate più basse del decennio. E lo stesso vale per l’Adige – che non è un affluente del Po – che fornisce d’acqua la pianura veneta. Anche nelle falde acquifere sotterranee della Pianura Padana i livelli sono bassi, in particolare in Piemonte che insieme alla Lombardia è la regione finora più interessata dalla siccità.
Massimiliano Pasqui, ricercatore dell’Istituto per la BioEconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e membro del Drought Observatory, l’Osservatorio Siccità, spiega che le piogge di aprile e maggio sono state insufficienti per «portare la situazione a una soglia di criticità più bassa». Anche perché oltre a piovere troppo poco sono anche aumentate le temperature e quindi l’evaporazione dell’acqua presente nel suolo. «In alcune aree, localmente, il problema può essere stato lenito dalle precipitazioni, ma nella sostanza, in particolare nel nord-ovest, le cose si sono aggravate».
Anche perché se è vero che con l’avvicinarsi dell’estate le temperature aumentano in ogni caso, quest’anno la seconda metà di maggio è stata particolarmente calda, «con temperature tipiche di fine luglio», che hanno causato un aumento straordinario dell’evaporazione «mettendo sotto stress gli ecosistemi».
La siccità potrebbe avere grosse conseguenze per la produzione agricola di quest’anno, dato che nella Pianura Padana si coltiva più del 30 per cento della produzione nazionale. In questo periodo, ha detto Coldiretti, preoccupano soprattutto le coltivazioni di girasoli, mais, grano e cereali in genere, oltre a quelle di foraggio per l’alimentazione degli animali.
Per ora non è possibile fare previsioni precise su come evolverà la situazione dal punto di vista delle singole produzioni (anche perché molto dipende dalle strategie di risparmio idrico che saranno portate avanti nei prossimi mesi), ma come spiega l’agronomo Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti nazionale, «nella migliore delle ipotesi si avranno rese più basse, nella peggiore non si riuscirà a raccogliere niente». Le cose potrebbero essere aggravate dalle grandinate, che d’estate spesso accompagnano le rare perturbazioni e che già si sono viste in questi giorni in provincia di Varese: «I danni della grandine potrebbero aggravare quelli dovuti alla siccità».
Il problema tuttavia non riguarda solo il Nord Italia. L’Osservatorio dell’Associazione nazionale dei consorzi di bonifica, di irrigazione e di miglioramento fondiario (ANBI) ha segnalato una serie di problematiche che riguardano il Centro e il Sud. In particolare il Lazio: i livelli dei fiumi Tevere e Liri e dei laghi di Bracciano e di Nemi sono significativamente calati, e Acea Ato 2, la società che gestisce i servizi idrici a Roma e nel Lazio centrale, ha dovuto chiedere alla Regione il permesso di aumentare i prelievi d’acqua dalla sorgente del Pertuso, una delle fonti dell’Aniene, per non trovarsi a interrompere le forniture nella zona dei Colli Albani.
In generale tutte le altre regioni affacciate sul mar Tirreno stanno risentendo di una scarsità d’acqua. La portata dell’Arno è pari al 27 per cento della media, tanto che l’ANBI lo definisce «ormai torrente», e anche negli altri corsi d’acqua toscani la situazione non è ottimale. Anche in Campania c’è rischio di siccità legato ai bassi livelli dei corsi d’acqua. In Basilicata, Puglia e Calabria le alte temperature delle ultime settimane hanno causato una forte evaporazione nelle riserve d’acqua artificiale.
Lo studio dei modelli climatici permette di fare delle stime su come potrebbe evolvere la situazione nell’arco di qualche mese (non sono previsioni meteorologiche, ma analisi statistiche sulla probabilità che le condizioni climatiche si discostino dalle medie storiche) e Pasqui spiega che secondo le indicazioni date dai modelli esistenti quest’estate dovrebbe essere più calda rispetto alla media climatica degli ultimi 30 anni. Si stima poi che le precipitazioni saranno inferiori alla media trentennale estiva: dunque ci aspettano probabilmente mesi più caldi e secchi della norma.
«La siccità che abbiamo visto finora era dovuta in parte al deficit di precipitazioni dell’anno scorso, nella cui estate non c’erano state grandi problematiche solo grazie a un maggio particolarmente fresco e piovoso, che aveva messo come una toppa», continua Pasqui. «Quest’anno di toppe non ce ne sono state e ci vorranno mesi perché si esaurisca la situazione critica in cui ci troviamo».