Cosa ci insegna questa illusione ottica sul nostro cervello
La macchia nera che sembra ingrandirsi in realtà – indovinate? – è ferma, ma trae in inganno le nostre pupille
Se osservando l’immagine qui sopra avete l’impressione che la macchia nera al centro si stia ingrandendo al punto da risucchiarvi niente paura: l’immagine è in realtà fissa e il buco al suo centro non sta aumentando di dimensioni, anche se il nostro cervello vorrebbe farci credere il contrario. Oltre a essere una curiosità da condividere con gli amici, illusioni ottiche come questa offrono ai gruppi di ricerca importanti spunti per comprendere meglio come funziona il nostro cervello e come vediamo il mondo, o almeno crediamo di vederlo.
La macchia nera che sembra espandersi, per esempio, è stata l’oggetto di una recente ricerca da poco pubblicata sulla rivista scientifica Frontiers in Human Neuroscience. L’illusione è stata mostrata a 50 uomini e donne senza problemi alla vista, mentre il gruppo di ricerca rilevava con un particolare strumento i movimenti degli occhi e in particolare della pupilla, il piccolo foro che rende possibile il passaggio della luce all’interno del bulbo oculare.
L’analisi ha consentito di rilevare che le persone che colgono più di altre l’effetto della macchia nera in apparente espansione sono anche quelle le cui pupille si espandono di più quando osservano l’immagine. Lo studio ha inoltre permesso di scoprire che circa il 14 per cento delle persone coinvolte vedeva l’illustrazione per quello che era: un’immagine statica con una macchia scura al centro sempre delle stesse dimensioni.
Le pupille si dilatano e restringono di continuo, lo stanno facendo anche le vostre mentre leggete questo articolo, per adattare la visione alla quantità di luce che abbiamo intorno. In condizioni di scarsa luminosità, le pupille si dilatano per provare a far entrare più luce possibile, mentre si restringono quando di luce ce n’è molta, per esempio quando siamo all’esterno in una giornata di sole.
Nel caso dell’illusione ottica, la macchia al centro non sta diventando più scura né stanno cambiando altre condizioni di luminosità, ma la percezione che si stia espandendo è dovuta a come il nostro cervello vede le cose e induce le pupille a rispondere in modi imprevisti, scrive il gruppo di ricerca nello studio. Come ha spiegato uno degli autori al New York Times: «Non c’è motivo per cui la pupilla debba cambiare in questa situazione, perché non sta cambiando nulla. Ma qualcosa è chiaramente cambiato nella nostra mente».
I meccanismi che determinano questa reazione, come quelle ad altre illusioni ottiche, non sono completamente chiari, ma la ricerca espone comunque qualche ipotesi. La visione dell’immagine sortisce quell’effetto perché il modo in cui è fatta, con una sfumatura che diventa sempre più scura, induce una sensazione simile a quella che si ha quando si passa da un luogo illuminato a uno più scuro, come una galleria senza illuminazione. L’impressione è quindi quella di un buio che progressivamente ci avvolga, e da qui la sensazione che la macchia nera si stia allargando.
Il nostro cervello lavora elaborando i segnali e rilevando le differenze, facendo poi riferimento a esperienze già vissute con caratteristiche simili. Osservare l’immagine ricorda la sensazione che si ha quando si entra in un ambiente poco illuminato, e da questo deriva l’effetto di vedere l’immagine ingrandirsi come se ci si stesse inoltrando in quel nuovo ambiente.
Gli esseri umani, come tutti gli altri animali, non hanno nei loro organismi sistemi per misurare con grande precisione gli stimoli esterni e ciò che sta loro accadendo intorno. I nostri occhi, per esempio, non misurano la luce come farebbe una fotocamera restituendo un dato preciso: raccolgono un’informazione molto più vaga, che viene poi trasmessa al cervello dove viene elaborata sulla base di altri dati raccolti dagli altri sensi e delle esperienze vissute. Il risultato in questo caso è ciò che chiamiamo visione e che ha molti più elementi soggettivi di quanto immaginiamo.
È questa soggettività a causare la diversa percezione dell’effetto “macchia nera che si espande” dell’immagine, e a fare in modo che alcune persone non vedano alcuna espansione o effetto di movimento. Ed è anche questo il motivo per cui alcune persone sono più soggette all’effetto quando viene riprodotto con uno sfondo diverso da quello bianco. Nel loro studio, il gruppo di ricerca ha per esempio segnalato che l’effetto viene colto più di frequente quando lo sfondo ha il magenta come colore.
In un certo senso, agli stimoli che riceve il nostro cervello risponde quasi sempre provando a indovinare, cercando di avvicinarsi il più possibile alla migliore soluzione. Questo sistema funziona nella maggior parte dei casi e ci consente di avere per esempio la giusta coordinazione per guidare o ancora più banalmente per rimanere in piedi senza perdere l’equilibrio, ma in alcune circostanze alcuni stimoli contraddittori – come quelli derivanti da un’illusione ottica – possono rompere il meccanismo o farlo funzionare in maniera meno efficiente.
Il gruppo di ricerca che ha lavorato sull’immagine della macchia nera che sembra espandersi ha inoltre ipotizzato che il cervello provi a prevedere il futuro, quando riceve l’informazione sull’illustrazione. Lo stimolo visivo impiega qualche frazione di secondo prima di raggiungere il cervello, che dovrà poi processarlo e capire che farsene di quell’informazione. Al termine di questo processo ci sono però già successe altre cose intorno, quindi c’è un minimo ritardo tra la realtà e quella che riusciamo a percepire.
L’ipotesi è che la nostra mente provi a compensare questo ritardo, provando a prevedere che cosa possa accadere negli istanti successivi, trovando poi conferme o contraddizioni quando arrivano i nuovi dati. Questa capacità può rivelarsi essenziale nel momento in cui si presentano per esempio dei pericoli, che richiedono di rispondere molto rapidamente per evitare il peggio. E non si sa mai che cosa si potrebbe incontrare al buio in una galleria.