Gli oligarchi russi che fanno causa contro le sanzioni
Decine di miliardari e aziende stanno cercando di sbloccare i propri beni colpiti da sanzioni, ma è difficile che ce la facciano
Nelle ultime settimane almeno 20 oligarchi e aziende russi hanno fatto causa all’Unione Europea per le sanzioni imposte a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, nel tentativo di sbloccare l’accesso ai propri beni o le restrizioni sui propri visti. Tra loro c’è anche Roman Abramovich, proprietario della squadra di calcio del Chelsea, una delle persone più ricche al mondo, sanzionato dall’Unione Europea lo scorso marzo a causa dei suoi stretti legami con il presidente Vladimir Putin.
Non è la prima volta che gli oligarchi russi fanno causa all’Unione Europea per le sanzioni: era già successo dopo l’invasione e annessione della Crimea nel 2014, e in molti casi avevano vinto. Per varie ragioni, però, non è detto che ottengano l’effetto sperato.
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Alcune delle cause intentate dagli oligarchi russi sono visibili in fondo a questa lista del Tribunale dell’Unione Europea, uno dei due organi della Corte di giustizia dell’Unione: molti dei cognomi con cui sono classificate le cause depositate al tribunale coincidono con quelli degli oligarchi sanzionati nel corso degli ultimi mesi, come ha notato Politico. Oltre ad Abramovich compaiono per esempio Fridman, Aven e Usmanov, che con tutta probabilità sono gli oligarchi russi Mikhail Fridman, Petr Aven e Alisher Usmanov, sanzionati dall’Unione Europea lo scorso febbraio. Ma in molti casi i querelanti compaiono nella lista solo con le iniziali, e il numero di cause intentate dagli oligarchi potrebbe essere anche più alto.
Fridman è il fondatore e proprietario di Alfa Group, uno dei più grandi conglomerati finanziari della Russia (cioè gruppi di imprese che investono in vari settori), che include anche la grossa banca russa Alfa Bank. Petr Aven era un suo socio, ritenuto dall’Unione Europea uno degli oligarchi più vicini a Vladimir Putin. Alisher Usmanov è invece il fondatore della Metalloinvest, tra i primi investitori di Facebook, oltre che l’ex co-proprietario della squadra di calcio inglese dell’Arsenal e il proprietario di sei società finanziarie, congelate dalle sanzioni, con beni mobili (auto) e immobili per un valore stimato di 66 milioni di euro.
Tutti questi oligarchi sono considerati molto vicini a Vladimir Putin.
Oltre ai singoli oligarchi, hanno fatto causa all’Unione Europea anche alcune aziende statali russe. Tra queste ci sono RT, emittente televisiva pubblica russa e uno dei canali principali della propaganda di Vladimir Putin, sospesa sul territorio europeo lo scorso marzo, e fondi di investimento istituiti dal governo russo come la VEB.RF e il Fondo russo per gli investimenti diretti.
Un portavoce del Tribunale dell’Unione Europea, Jacques Zammit, ha detto a Politico che ci vorrà molto tempo prima che vengano emesse le sentenze relative a queste cause. Si prevede anche che nel frattempo ne vengano intentate altre, dato il grosso numero di soggetti sanzionati dall’Unione Europea (più di mille persone finora).
Secondo uno studio commissionato dal Parlamento europeo e pubblicato nel 2018, tra il 2008 e il 2015 l’Unione Europea aveva perso circa due terzi delle cause relative alle sanzioni imposte. Le ragioni sono diverse e in parte legate al fatto che, semplificando molto, le sanzioni europee sono fatte in modo da essere più facilmente impugnabili di quelle americane: anche per questo negli anni passati i ricorsi presso il Tribunale dell’Unione Europea erano stati tantissimi.
In questo caso, comunque, vincere le cause potrebbe non essere così semplice per gli oligarchi e le aziende russe, per alcune ragioni. La prima è che, diversamente da quanto accaduto nel 2014, questa volta le violazioni dei diritti umani di cui è accusata la Russia sono particolarmente evidenti e ormai da mesi al centro della politica internazionale. L’Unione Europea, inoltre, negli anni è diventata più abile a rendere le proprie sanzioni più difficili da impugnare a livello giudiziario.
La terza ragione è che, come ha spiegato a Politico Andreas Geiger dell’agenzia di lobbying Alber & Geiger, anche se gli oligarchi vincessero le cause non è detto che le sanzioni contro di loro vengano poi effettivamente rimosse. Geiger ha spiegato che la lista dei soggetti sanzionati dall’Unione Europea viene aggiornata ogni anno: se anche vincessero la causa intentata, ha detto Geiger, oligarchi e aziende potranno essere nuovamente inseriti nella lista dei soggetti sanzionati, restandoci «per tutto il tempo in cui il Consiglio [europeo] lo vorrà».
Era successo, per esempio, all’ex presidente ucraino filo-russo Viktor Yanukovich: aveva fatto causa contro le sanzioni imposte contro di lui nel 2014, e anche se l’aveva vinta l’Unione Europea l’aveva mantenuto nella lista dei soggetti sanzionati: le ultime due cause col suo cognome, con tutta probabilità sue, risalgono a quest’anno.
La via più sicura che i russi hanno per aggirare le sanzioni, secondo Geiger, è fare un’intensa attività di lobby. È anche per scongiurare questa possibilità che, qualche giorno fa, la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola aveva annunciato che ai lobbisti che rappresentano aziende che risiedono in Russia non sarebbe stato più permesso l’accesso al Parlamento.