Damiano Tommasi, un candidato diverso
A Verona l'ex calciatore si candida a sindaco e sta conducendo una campagna elettorale poco muscolare, in cui parla soprattutto di «valori»
Damiano Tommasi, ex calciatore nonché a lungo presidente del sindacato dei calciatori, è entrato in politica senza seguire le logiche della politica né le regole della sua comunicazione. Il suo programma consiste soprattutto in un manifesto di valori, a tratti sembra dire cose retoriche o molto generiche e si rifiuta di attaccare i suoi avversari. Chi lo ha incontrato nelle piazze durante la campagna elettorale lo ha trovato «genuino», «idealista», «una persona estremamente per bene», che nella caotica e aggressiva politica veronese sono qualità un po’ aliene.
Tommasi si presenterà alle elezioni di Verona del prossimo 12 giugno insieme ad altri cinque candidati, tra cui il sindaco uscente Federico Sboarina e l’ex sindaco Flavio Tosi. È sostenuto da una coalizione molto larga che comprende diversi partiti dell’area del centrosinistra: «Ma viene detto troppo poco», racconta, «che io non sono iscritto ad alcun partito».
Qualche giorno fa Tommasi era impegnato in un evento elettorale in un mercato. In città, per sostenerlo, era arrivato Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra Italiana. Tommasi è molto a suo agio tra le persone che lo fermano in piazza, sembra invece meno interessato agli eventi dettati dalle dinamiche di partito: presenza al gazebo, foto di rito davanti alle bandiere, interviste. E quando dal suo staff lo richiamano per mettersi in posa con Fratoianni e alcuni suoi collaboratori, in dialetto veronese e con un sorriso fa notare che «loro non votano».
Mentre altri candidati hanno scelto di mettere sui manifesti elettorali la faccia dei leader o delle leader dei partiti che li sostengono, Tommasi ha deciso di incontrare i segretari dei partiti che fanno parte della sua coalizione soprattutto in privato. L’ha fatto, nelle ultime settimane, con Enrico Letta e con Giuseppe Conte rivendicando la propria autonomia, la natura civica della sua candidatura e scegliendo di dare priorità e visibilità agli incontri con le associazioni del territorio o con studenti e studentesse.
Tommasi non ha mai fatto politica e quando lo accusano di inesperienza lui risponde che per fare il sindaco «non serve aver fatto il sindaco. Serve aver lavorato e aver messo a frutto le proprie esperienze». Ha 48 anni, e ha iniziato a giocare a calcio nel 1985, prima nell’Hellas Verona contribuendo alla sua promozione in Serie A, e diventando poi uno dei centrocampisti di riferimento della Roma tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila.
Quando giocava a calcio parlavano di lui come di un giocatore atipico, molto impegnato nel sociale, pronto a mettersi contro i tifosi o a prendersi i fischi perché criticava la violenza, il razzismo o i bilanci aggiustati delle società. Aveva molti soprannomi, a quel tempo: “chierichetto”, “anima candida” o “calciatore operaio” perché a 31 anni, dopo un infortunio, chiese di poter tornare a giocare proponendo per sé, appunto, lo stipendio minimo per un calciatore, del tutto simile a quello di un operaio.
Tommasi ha giocato nella Nazionale, e nel 2009 è diventato il primo calciatore italiano a giocare nel campionato professionistico cinese. Il suo rientro in Italia coincise con l’addio al professionismo e, poco dopo, con la presidenza dell’Associazione Italiana Calciatori che ha guidato fino al 2020. Oggi fa ancora parte del Sindacato internazionale dei calciatori, la FifPro, e continua a giocare tra i dilettanti del Sant’Anna d’Alfaedo, la squadra del suo paese.
Il suo nome come possibile candidato sindaco del centrosinistra a Verona circolava da tempo. Aveva già ricevuto una proposta nel 2017, quando poi le elezioni le vinse Sboarina, ma decise di rifiutarla: «La situazione era poco chiara e avrei dovuto lasciare la presidenza dell’Associazione italiana calciatori», dice. Stavolta ha accettato «perché sono padre di sei figli e vorrei crescessero in una città che ha finalmente voglia di esprimere la sua identità: moderna e vivibile, solidale e ottimista», racconta per esempio nel suo volantino elettorale. Tommasi è ufficialmente sostenuto da sei liste, che comprendono diversi partiti – il PD, Sinistra Italiana, Articolo Uno, Possibile, Azione, +Europa, Europa Verde, Demos, Volt – e 2 liste civiche – Traguardi e Damiano Tommasi Sindaco. Il M5S lo sostiene, alcuni suoi esponenti locali si sono candidati, ma non è stata presentata alcuna lista.
La coalizione di Tommasi si chiama Rete! e durante i suoi interventi lui stesso non risparmia le metafore calcistiche. «Me lo fate notare solo perché ho giocato a calcio, ma quello del calcio è un linguaggio condiviso, che conosciamo tutti e che fa capire subito le cose», si difende, aggiungendo che le metafore calcistiche le fa anche Elly Schlein, vicepresidente della regione Emilia-Romagna nonché ex calciatrice della Nazionale parlamentari. Anche Schlein a fine aprile è andata a Verona per sostenere Tommasi.
Sui social Tommasi non è molto attivo: gli aggiornamenti sulla pagina Facebook dedicata alla sua candidatura sono pochissimi, e in città non si vedono passare sui camion o sugli autobus i suoi manifesti elettorali. Il suo programma è stato pubblicato solo qualche giorno fa sul sito. Sono ricorrenti parole come comunità, famiglia, cura, prossimità, benessere, solidarietà: valori che possono essere interpretati come progressisti, ma quasi pre-politici.
Giovanni Diamanti, fondatore e responsabile per il marketing politico dell’agenzia di comunicazione Quorum/YouTrend che per Tommasi ha curato la strategia in campagna elettorale, ha spiegato che per lui Tommasi «ha un approccio alla politica molto diverso da quello a cui siamo abituati: parla di valori e quel che vuole che passi è innanzitutto quale sarà l’orientamento che darà alla sua amministrazione. La gestione la considera come un qualcosa che verrà dopo. Non è un approccio tradizionale, ma è un approccio che vuole trasmettere speranza e novità».
Un programma più dettagliato comunque esiste: è stato costruito in 11 tavoli tematici creati alla fine del 2021 a cui hanno partecipato sia persone che avevano delle competenze per stare in quella specifica discussione sia persone espressione della politica: «È stato un lavoro condiviso e collettivo che aveva come primo obiettivo quello di superare alcune divergenze interne alla coalizione e portare alla formazione di un progetto davvero comune e non assemblato in provetta», dice Jacopo Buffolo, 26 anni, da tempo attivo nelle associazioni studentesche e candidato nella lista di Tommasi.
Nel programma alcuni dei temi potenzialmente più divisivi all’interno della coalizione non vengono però affrontati in modo esteso o risolutivo: uno su tutti, quello della costruzione di un’infrastruttura per l’attraversamento rapido della città a nord, cioè la costruzione di un traforo. È un’idea condivisa da alcuni partiti della coalizione, rifiutata da altri e su cui lo stesso Tommasi non ha preso esplicita posizione: «Parlare del traforo da solo non ha senso ed è riduttivo. (…) Tutto deve essere discusso all’interno di una riflessione più ampia della mobilità a Verona».
Chi ha lavorato con Tommasi in questi ultimi mesi spiega che il candidato sindaco ha voluto mantenere una propria autonomia rispetto ai partiti che hanno appoggiato la sua proposta. Seguendolo nei vari eventi della campagna elettorale, emerge molto chiaramente ciò che desidera fare o in cui si sente a proprio agio (i dibattiti con i ragazzi nelle scuole, ad esempio) e ciò in cui non ritiene necessaria la sua presenza (la presentazione delle liste dei partiti che lo sostengono, ad esempio).
La sua, di lista, l’ha raccontata lo scorso 22 maggio, e rispecchia il suo posizionamento: «È una proposta nuova, non legata al passato o a esperienze politiche etichettabili, perché anche il mio impegno è di questo tipo», racconta. Ci sono più donne che uomini e il tratto comune a tutte e a tutti è quello di non avere mai ricoperto incarichi politici in precedenti amministrazioni. Ci sono molti ragazzi e ragazze, attivi nei movimenti e come spiega Buffolo «mentre spesso in politica e per tante ragioni i giovani vengono strumentalizzati, lui ci ha dato molta libertà, fiducia e rispetto».
Tommasi è sposato e ha sei figli. Nel suo volantino, giallo e blu come i colori dell’Hellas Verona, cita don Lorenzo Milani, il prete educatore che cercò di garantire l’eguaglianza e l’accesso allo studio attraverso la rimozione delle differenze che derivano dalla condizione sociale. Tommasi ha dedicato a don Milani la scuola che ha fondato con la moglie e una coppia di amici: una scuola paritaria bilingue che comprende nido, infanzia, primaria, secondaria di primo grado. Oggi accoglie poco meno di 400 studenti. Ne va orgogliosissimo, sul telefono ha dei video girati nelle classi durante alcune attività, e lui stesso sta studiando al dipartimento di Scienze della formazione, tra Verona e Padova, «per passione e perché è giusto essere preparati su quel che si fa».
Tommasi è cattolico e per la sua candidatura ha ricevuto la benedizione di monsignor Guido Todeschini, il fondatore e direttore di Telepace che lo fece lavorare negli studi della tv del Papa nel 1993 quando, primo giocatore professionista, scelse l’obiezione di coscienza: «Damiano è un ragazzo semplice, trasparente, impegnato per gli altri. Sarebbe un orgoglio se diventasse sindaco», ha detto Todeschini a un giornale locale.
Tommasi spiega che se sarà eletto terrà per sé le deleghe allo Sport e quelle alla Famiglia. Alla domanda se il nome dell’assessorato sarà famiglia al singolare o famiglie al plurale – distinzione che potrebbe fare la differenza, in una città come Verona governata dall’estrema destra e in cui gli ultimi sindaci sul concetto di famiglia tradizionale hanno costruito e continuano a costruire la loro identità politica – lui sembra non capire. O meglio, non ritiene la questione rilevante: «Certe argomentazioni, un po’ ideologiche, non le comprendo. Per me è scontato che certi diritti non possano essere messi in discussione, la cosa fondamentale è che tutti i cittadini e tutte le cittadine, con le loro diversità, si sentano a casa».
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Rivendica spesso di non essere né di destra né di sinistra, perché ciò che conta «non è che mi votino per far perdere la destra o per far vincere la sinistra, ma che le persone votino per Verona, per qualcuno che ha davvero il desiderio e l’intenzione di cominciare ad occuparsi di questa città». Seguendo questa stessa logica ha scelto di non attaccare e nemmeno di nominare i suoi principali avversari anche se, per i valori su cui Tommasi insiste e che porta avanti, di argomentazioni ne avrebbe parecchie.
«Sono stato in ruoli di responsabilità e so che un giudizio sulle scelte altrui, senza conoscere tutti gli elementi che hanno portato a fare quelle scelte, non può che essere parziale o superficiale. Il mio ruolo non è quello di giudicare quello che gli altri hanno fatto, ma quello di pensare al futuro». Anche la narrazione della Verona nera come laboratorio dell’estrema destra, cioè la ragione per cui la città spesso è finita sui giornali nazionali, è qualcosa su cui non insiste affatto e che vuole modificare non attraverso la critica ma il riconoscimento delle cose positive: «È un esercizio lungo, la strada non è certamente quella di minimizzare, le cose vanno nominate con il loro nome, ma penso che sia molto più importante raccontare le cose buone che ci sono».
«Rispetto agli altri due principali candidati, che già passano il tempo ad attaccarsi tra di loro, Tommasi ha un modo di fare completamente diverso», dice Jessica Cugini, giornalista, attiva in Fondazione Nigrizia, che si candida nella lista più di sinistra a sostegno di Tommasi, “In comune per Verona, sinistra civica ecologista”. «Si vuole smarcare da quel modo urlato e aggressivo di fare politica, non ne accetta le regole», aggiunge.
Tutto questo sembra aver fatto presa sugli elettori e sulle elettrici veronesi. I vari sondaggi che circolano (tra loro anche molto diversi, ampiamente usati e commentati dai suoi avversari, ma non da lui) dicono che Tommasi ha ottime possibilità di arrivare al ballottaggio.