Le sanzioni sul petrolio russo saranno le ultime?
Per approvarle l'Unione Europea ci ha messo più di un mese, e nessuno per ora parla di ulteriori misure sul gas naturale
Nella notte fra lunedì e martedì i capi di stato e di governo dell’Unione Europea hanno faticosamente trovato un accordo su un blocco parziale delle importazioni di petrolio russo come parte del sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia per via dell’invasione dell’Ucraina. Date le molte difficoltà incontrate nel trovare un compromesso – la misura era stata proposta quasi un mese fa dalla Commissione Europea – e le preoccupazioni per eventuali contraccolpi sull’economia europea, è plausibile che nel breve-medio termine non saranno approvate altre sanzioni.
«Siamo al capolinea», ha detto martedì il primo ministro belga Alexander De Croo riferendosi alle sanzioni sull’energia. La Germania ha informalmente fatto sapere che fino al 2024 non potrà fare a meno del gas naturale, cioè la principale materia energetica che la Russia esporta nell’Unione Europea, che fin dall’inizio della guerra osservatori e analisti hanno indicato come il più prezioso e vitale per la stabilità dell’economia russa.
A meno di sorprese, insomma, l’Unione Europea non ha intenzione di discutere di un blocco delle importazioni di gas naturale dalla Russia. «Ovviamente le cose potrebbero cambiare se accadesse qualcosa di tragico in Ucraina», ha detto un diplomatico europeo a Politico: «ma oggi il gas naturale non è un’opzione».
Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili, nel 2019 l’Unione Europea ha importato in media il 41,1 per cento del suo gas naturale dalla Russia. Da molti mesi diversi paesi europei come l’Italia stanno cercando di ridurre la propria dipendenza dalla Russia, incontrando varie difficoltà. Alcuni paesi, inoltre, sono quasi totalmente dipendenti dal gas russo per quanto riguarda il proprio fabbisogno energetico: e i rispettivi governi vogliono evitare ulteriori rincari sul costo della vita. Già oggi, con le sanzioni applicate finora che si sono sommate alla crisi economica innescata dalla pandemia e a quella della supply chain, l’inflazione nei paesi che adottano l’euro è aumentata dell’8,1 per cento rispetto allo scorso maggio.
Fra i governi più attenti alla percezione dei contraccolpi delle sanzioni sull’economia è la Germania. Un sondaggio realizzato all’inizio di aprile per conto della Frankfurter Allgemeine Zeitung mostra che il 68 per cento degli intervistati teme che l’aumento dei prezzi dell’energia impatterà molto o moltissimo sulle proprie spese. L’articolo che presenta i risultati del sondaggio è titolato «I tedeschi non vogliono rimanere al freddo per la libertà», intesa come quella degli ucraini. Già da qualche settimana il governo tedesco ha dimostrato di avere perso lo slancio con cui aveva approvato le primissime sanzioni.
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All’interno dell’Unione Europea ci sono paesi che sarebbero disposti a sopportare ulteriori contraccolpi pur di colpire duramente la Russia, come la Polonia o i paesi baltici. Di questo gruppo però non fa parte nessuno dei paesi più influenti dell’Unione Europea. Quello che si è esposto di più finora è la Francia. Martedì parlando con Bloomberg il presidente francese Emmanuel Macron ha detto che l’approvazione di nuove eventuali sanzioni «dipenderà dalla Russia».
L’indicazione più evidente del fatto che a breve non è prevista nessuna nuova sanzione è l’assenza di qualunque riferimento a un settimo pacchetto di sanzioni nelle dieci pagine delle conclusioni finali del Consiglio Europeo, benché lunedì il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, collegato in videoconferenza, avesse chiesto esplicitamente un embargo di «tutte» le fonti di energia russa.