La stimata reporter di guerra americana che ora sostiene varie teorie complottiste
È Lara Logan, e il suo passato autorevole ha permesso alle sue tesi di raggiungere anche contesti normalmente estranei a queste teorie
Nel dibattito pubblico sulla guerra in Ucraina, sia in Italia che all’estero, alcuni personaggi e opinionisti che sostengono tesi allineate con la propaganda filorussa citano talvolta come fonte autorevole la giornalista statunitense Lara Logan. Per molti anni Logan è stata una nota e stimata inviata di guerra, che si è costruita una reputazione coprendo alcuni dei conflitti più importanti degli ultimi tempi, tra cui quelli in Iraq e in Afghanistan. Ma negli anni ha progressivamente abbracciato diverse teorie complottiste e si è avvicinata sempre di più alle posizioni della destra ed estrema destra americana. Alcuni suoi colleghi ritengono che a questa sua trasformazione abbiano contribuito alcune esperienze molto dure fatte come reporter di guerra.
Logan ha fatto parte di alcune delle più note e stimate testate internazionali, tra cui Reuters, NBC e CNN. Dal 2002 al 2018 è stata inviata speciale della nota emittente statunitense CBS, quella per cui aveva coperto le guerre in Iraq e in Afghanistan. Oggi Logan si vede soprattutto su emittenti e trasmissioni minori di estrema destra, a raduni no-vax, ed è spesso apparsa anche su Fox News, la nota tv statunitense caratterizzata da posizioni ultra-conservatrici e spesso apertamente complottiste. Dai canali più diffusi e stimati della stampa americana, come ha scritto il New York Times, Logan è progressivamente stata relegata alla «periferia dei media conservatori».
Tra le posizioni più controverse espresse da Logan c’è il paragone che aveva fatto durante il picco della pandemia da coronavirus tra Anthony Fauci, uno degli immunologi più rispettati del mondo oltre che consigliere medico del presidente degli Stati Uniti, e Josef Mengele, il medico nazista responsabile degli esperimenti di eugenetica del regime di Adolf Hitler.
Logan ha anche sostenuto pubblicamente alcune teorie complottiste antisemite vicine a quelle del movimento QAnon, minimizzato l’assalto al Congresso americano del 6 gennaio del 2021, compiuto da estremisti in parte fomentati dall’ex presidente americano Donald Trump. Ha sostenuto inoltre che inviare armi all’Ucraina significa armare un esercito di pericolosi nazisti. Oltre a essere stato ripreso dallo stesso governo russo, quest’ultimo suo commento è stato recentemente citato anche dall’attore italiano di origini ebraiche Moni Ovadia, durante uno spettacolo organizzato da Michele Santoro: come in altri casi, l’autorevole passato professionale di Logan è servito a Ovadia per dare alle proprie tesi una parvenza di maggiore fondatezza e credibilità.
La trasformazione di Logan ha colpito moltissimi suoi colleghi, anche perché – hanno raccontato al New York Times alcuni suoi ex colleghi a CBS – in passato Logan aveva in più occasioni espresso posizioni liberali se non progressiste: aveva per esempio criticato la libera circolazione di armi negli Stati Uniti e la segregazione dei neri durante l’apartheid del Sudafrica, paese in cui era cresciuta. Secondo i suoi ex colleghi, Logan aveva iniziato a virare verso visioni sempre più di destra durante gli anni del mandato del presidente Democratico Barack Obama, e si era progressivamente avvicinata a personaggi che poi sarebbero diventati forti sostenitori del futuro presidente Repubblicano Donald Trump.
Una delle prime occasioni in cui si dubitò della credibilità di Logan fu in occasione di un servizio che fece per CBS sull’attacco al consolato statunitense di Bengasi, in Libia, compiuto nel 2012 da alcuni militanti islamisti. Nell’attacco morirono quattro cittadini statunitensi, e in quell’occasione diversi deputati Repubblicani accusarono l’amministrazione Obama di aver sottovalutato i rischi a cui erano sottoposti i propri cittadini in Libia, e di non averli protetti abbastanza. In un discorso fatto nel 2012, Logan si unì a queste accuse, e l’anno successivo cominciò a dire che stava lavorando a un servizio che avrebbe «scoperchiato» il caso Bengasi, come ha raccontato una fonte del New York Times.
Poco tempo dopo Logan dedicò una puntata di “60 Minutes”, programma di news di CBS, all’attacco di Bengasi: la puntata si basava su dati e fatti raccontati in un libro che non era ancora stato pubblicato, ed era incentrata sull’intervista al suo autore, un membro di una compagnia militare privata che sosteneva di essere stato presente nel momento dell’attacco al consolato. Nell’intervista l’agente raccontava l’attentato e i suoi tentativi di difendere la struttura con una serie di dettagli e particolari, poi citati e ripresi da vari deputati Repubblicani nelle loro invettive contro Obama. Poche settimane dopo si seppe che quanto trasmesso da CBS era completamente falso, perché l’agente, Dylan Davies, non era mai stato sulla scena dell’attacco, dove era arrivato solo la mattina dopo. CBS e Logan si scusarono pubblicamente per l’accaduto e la puntata fu ritirata.
Logan lasciò CBS nel 2018, e l’anno successivo denunciò il New York Magazine per diffamazione, per un articolo che parlava di lei e del suo servizio falso su CBS. Poi si trasferì da Washington al Texas, e progressivamente la sua presenza sui maggiori canali d’informazione americani diminuì. Oggi frequenta soprattutto canali, eventi ed esponenti della parte più reazionaria del partito Repubblicano.
Le posizioni sempre più chiuse e aggressive di Logan, che negli ultimi tempi hanno coinciso con la diffusione di falsità e teorie del complotto, sono state interpretate da alcuni suoi ex colleghi anche come conseguenza di alcune esperienze fatte in guerra che secondo loro l’avrebbero cambiata e segnata. Tra le altre cose, i suoi ex colleghi hanno citato la volta in cui, in Afghanistan nel 2003, un veicolo militare americano su cui Logan si trovava fu colpito in un attacco organizzato dai talebani: lei perse conoscenza, e i membri della troupe la trascinarono via di lì pensando che fosse morta.
Un altro episodio molto citato riguarda le violenze che subì nel 2011, durante la cosiddetta “primavera araba” egiziana, in cui enormi proteste portarono alla destituzione di Hosni Mubarak, al potere da oltre 30 anni. In quell’occasione Logan fu assalita da un gruppo di uomini dopo essersi allontanata dalla sua troupe, e fu molestata sessualmente. La soccorsero un gruppo di donne e alcuni poliziotti: Logan fu ricoverata in ospedale e per diversi giorni non rilasciò dichiarazioni. Secondo i suoi colleghi il suo comportamento cambiò soprattutto dopo questo episodio, anche se lei non ne ha mai parlato in questi termini.
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