“L’isola dei senza colore”, nell’oceano Pacifico
Dove parte della popolazione soffre di una malattia genetica molto rara che causa la totale incapacità di distinguere i colori: c’entra un tifone nel Settecento
Buona parte degli abitanti dell’atollo di Pingelap, negli Stati Federati di Micronesia, nell’oceano Pacifico, non è in grado di distinguere il verde brillante della vegetazione o il colore della sabbia del posto in cui vive perché è affetta da acromatopsia, una rara malattia genetica che comporta l’incapacità totale di distinguere i colori. Per via della grande concentrazione di persone affette da questa malattia, una forma rarissima di daltonismo, Pingelap è soprannominata “l’isola dei senza colore” (o più impropriamente “l’isola dei daltonici”) ed è molto studiata da genetisti e neurologi, ma anche dai fotografi: la storia di questa sua peculiarità sembra legata a un tifone che si abbatté sull’atollo alla fine del Settecento.
Pingelap fa parte di Pohnpei, uno dei quattro territori che compongono gli Stati Federati di Micronesia, e si trova più di 2mila chilometri a nord-est della Papua Nuova Guinea. Occupa una superficie di circa 1,8 chilometri quadrati ed è l’unico atollo abitato dello stato: si stima che oggi tra il 4 e il 10 per cento dei suoi circa 250 residenti sia affetto da acromatopsia completa, il difetto ereditario della vista che oltre a non far distinguere alcun colore fa vedere molto male, soprattutto da lontano.
Fu il neurologo britannico Oliver Sacks a dare a Pingelap il nome di “isola dei senza colore”, parlandone in un libro dallo stesso titolo del 1996 in cui esplorava la singolare storia genetica del posto.
Secondo le ricostruzioni degli etnografi, attorno al 1775 un disastroso tifone decimò la popolazione di Pingelap, risparmiando solo una ventina di persone, tra cui il re; le ricerche genetiche sulla popolazione locale hanno permesso di ipotizzare che il re avesse il raro gene collegato all’acromatopsia, che fu trasmesso ai suoi figli e quindi alle generazioni successive, arrivando fino a oggi.
È stato stimato che normalmente sia affetta da acromatopsia una persona ogni 33mila individui. A Pingelap, oltre alle persone che ne soffrono, circa un terzo degli abitanti sarebbe comunque portatore sano dei geni collegati alla malattia. Sono dati che influenzano fortemente la vita della popolazione locale e che, per usare le parole di National Geographic, permettono di dire che il «concetto di colore acquisisce un nuovo significato tra la gente del posto».
Il daltonismo, spesso definito anche come “cecità ai colori”, è un difetto visivo che comporta un’alterata percezione dei colori, in particolare rosso, verde e blu. La cecità totale ai colori è appunto definita acromatopsia, ed è un’anomalia che sembra imputabile a un difetto congenito dei coni della retina, a cui si deve l’abilità di distinguerli. Generalmente chi ne soffre è anche estremamente sensibile alla luce e tra le altre cose è portato a muovere in maniera involontaria uno o entrambi gli occhi (nistagmo), per provare a distinguere gli oggetti, soprattutto in certe condizioni.
Come ha raccontato a BBC un abitante di Pingelap chiamato con il nome di Herrol, alla luce del giorno gli è quasi impossibile tenere gli occhi aperti, e tutto ciò che riesce a vedere – peraltro con dolore – sono immagini simili a un negativo di fotografie sovraesposte. «Quando c’è il sole non riesco a vedere per fare il mio lavoro», ha detto Herrol, che fa il pescatore; di sera invece ci vede molto meglio.
Le persone affette da acromatopsia «non vedono proprio alcun colore», ha spiegato la fotografa belga Sanne De Wilde, che nel 2015 ha fatto un viaggio a Pingelap per capire il modo in cui vede la popolazione locale: a loro «tutto appare in varie tonalità di grigio, in una scala tra il bianco e il nero», ha detto De Wilde, che ha sfruttato il proprio viaggio per realizzare una serie di fotografie che dessero l’idea di come percepiscono i colori gli abitanti dell’atollo.
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Spesso gli abitanti di Pingelap affetti da acromatopsia sostengono di “percepire” il rosso e le sue sfumature più di altri colori, come il blu: per questo De Wilde ha usato una fotocamera digitale a infrarossi per provare a ricreare l’aspetto delle immagini così come potrebbero essere percepite da loro, tenendo anche conto della grande fotosensibilità.
Il risultato sono fotografie in cui le palme o le piante della foresta hanno varie tonalità di rosa, mentre il mare, il cielo o altri dettagli hanno quelle – molto meno marcate – degli altri colori che chi soffre della malattia non distingue, oppure sembrano grigi.
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In alcuni casi, De Wilde ha anche chiesto agli abitanti di dipingere delle foto in bianco e nero con vari colori ad acquerello – che non erano in grado di distinguere – per capire come “percepivano” le varie sfumature di ciò che stavano osservando.
«‘Colore’ è solo una parola, per chi non può vederlo», ha commentato.
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La foto in bianco e nero di un pappagallo dipinta da un abitante di Pingelap che soffre di acromatopsia
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