La Colombia eleggerà il primo presidente di sinistra della sua storia?
Si vota domenica e il favorito è Gustavo Petro, ex guerrigliero del gruppo rivoluzionario Movimento 19 aprile
Domenica si vota in Colombia per il primo turno delle elezioni presidenziali. I candidati principali sono tre, ma quello di cui si parla di più è Gustavo Petro, ex sindaco di Bogotà, progressista, e con un passato da rivoluzionario. I sondaggi lo danno in vantaggio, in un paese che, nella sua storia, non ha mai avuto un presidente di sinistra.
Le presidenziali si terranno circa due mesi e mezzo dopo le elezioni legislative dello scorso marzo, i cui risultati avevano portato alla formazione di un parlamento estremamente frammentato, e avevano anche mostrato uno spostamento della politica nazionale. Per la prima volta in Colombia, che è una repubblica presidenziale, la coalizione di sinistra chiamata Pacto Histórico è la principale sia al Senato che alla Camera, con una rappresentanza senza precedenti nella storia recente del paese.
Le elezioni del 2018 erano state vinte dal Centro Democratico, il partito conservatore e nazionalista dell’attuale presidente Iván Duque, fondato nel 2013 dall’ex presidente Álvaro Uribe che con Duque aveva fatto campagna elettorale per il No alla pace raggiunta nel 2016 con le FARC, il gruppo rivoluzionario di ispirazione marxista che per decenni aveva combattuto le istituzioni statali. Negli ultimi tre anni, la presidenza di Duque è stata segnata da malcontento e proteste.
L’anno scorso il presidente era stato contestato soprattutto per la gestione della pandemia e per aver imposto uno dei lockdown più lunghi al mondo, che aveva causato enormi problemi economici tra cui la chiusura di oltre 500 mila attività e un aumento della parte di popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà.
Nel 2019 e poi di nuovo nel 2021, la proposta di legge sulla riforma fiscale voluta dal governo aveva causato grandi manifestazioni in tutto il paese: era stata ritirata, il ministro delle Finanze Alberto Carrasquilla si era dimesso, ma le proteste erano continuate, si erano estese ed erano state represse con la forza dallo stato. Le recenti violenze nate dall’estradizione negli Stati Uniti di Dario Antonio Úsuga, detto Otoniel, uno dei narcotrafficanti più noti del mondo, oltre alla mancanza generale di interventi sistemici per la lotta ai gruppi criminali, hanno contribuito a ridurre ancor di più la popolarità di Duque.
– Leggi anche: Le violenze in Colombia dopo l’estradizione del narcotrafficante Otoniel
La situazione sociale sembra dunque favorevole a un cambiamento. «Mai prima d’ora i colombiani erano stati così aperti a dare all’estrema sinistra l’opportunità di governare», ha spiegato Sergio Guzmán, direttore della società di consulenza Colombia Risk Analysis. «La sinistra lavora per questo momento da decenni. Questa sarà la sua occasione».
Il candidato alla presidenza della coalizione di sinistra Pacto Histórico è Gustavo Petro. È un ex guerrigliero del Movimento 19 aprile (M-19), un gruppo rivoluzionario di sinistra attivo negli anni Settanta e Ottanta che nel 1990 firmò un accordo di pace con il governo e si ritirò dalla lotta armata, diventando il partito Alleanza Democratica M-19. Petro ha sempre sostenuto di non aver combattuto direttamente, ma di aver svolto soltanto incarichi amministrativi, peraltro trattando con lo Stato la pace e l’amnistia di molti suoi compagni.
Ora Petro è un economista di 62 anni, ed è un politico esperto: è stato due volte senatore, è stato sindaco di Bogotà, la capitale della Colombia, dal 2012 al 2015 e si è già candidato due volte alla presidenza.
Diversi osservatori dicono che la lunga esperienza di Petro come militante e le politiche di sinistra che ha proposto lo rendono il candidato migliore per raccogliere il bisogno di cambiamento diffuso nel paese. Lui stesso sembra esserne consapevole: «Gli altri candidati stanno proponendo di mantenere lo status quo, ma la maggioranza della società vuole il cambiamento, perché è malata di violenza e di mancanza di democrazia. È stanca della mancanza di opportunità di questo sistema economico, e vede in me un’opzione alternativa».
Petro propone l’istruzione superiore gratuita, posti di lavoro statali garantiti per i disoccupati, la fine delle nuove esplorazioni di petrolio e gas in un paese in cui gli idrocarburi costituiscono la metà delle esportazioni, e un’importante riforma fiscale per migliorare la salute pubblica («Non cerco di impoverire i ricchi ma di arricchire i poveri», ha detto).
Ha chiesto un aumento delle pensioni, di riformare la banca centrale, e in politica estera vorrebbe rinegoziare l’accordo di libero scambio con gli Stati Uniti che, dice, avrebbe paralizzato il settore agricolo del paese e costretto gli agricoltori a dedicarsi alla produzione di cocaina («L’accordo di libero scambio firmato con gli Stati Uniti ha consegnato la Colombia rurale ai trafficanti di droga»). Ha denunciato il fallimento della «guerra alla droga» così com’è stata concepita e condotta fino ad ora dicendo che «dopo 40 anni passati a fare la stessa cosa, distruggendo con gli erbicidi le coltivazioni di coca, catturando leader ed estradandoli, i gringos hanno più morti per overdose di prima e oggi la Colombia esporta più cocaina che mai».
Petro intende ripristinare i legami diplomatici con il Venezuela, interrotti nel 2019 dopo la presa di posizione degli Stati Uniti contro il presidente Nicolás Maduro, condivisa anche dall’attuale presidente colombiano Duque. Ha inoltre scelto come sua futura vicepresidente Francia Márquez: ha 39 anni, è nata a Suárez, in una regione del sud-ovest particolarmente colpita dal traffico di droga e dal conflitto armato, ed è stata lei stessa l’obiettivo di diversi attentati per la sua attività di ambientalista. È un’avvocata ed è femminista.
Dai suoi avversari, Petro viene accusato di essere un populista e di voler compromettere la democrazia. «Petro è stato demonizzato dalla destra colombiana che è al potere da tanti anni: non solo per il suo passato da militante, ma per la sua sistematica denuncia della corruzione» ha detto Vanessa Vivero Martínez, economista: «Ma per me le sue proposte sono totalmente liberali e democratiche, proprio come quelle che sentiresti in Europa da un qualsiasi socialdemocratico». Lo stesso Petro ha detto una cosa simile in un’intervista a Le Monde: «In Europa, il mio programma sarebbe qualificato solo come centrista. Ma in un paese come la Colombia, il centro è una rivoluzione».
Diversi osservatori hanno comunque cercato di smorzare l’enfasi messa da alcuni sulla radicalità di Petro invitando a guardare il contesto: quello, innanzitutto, di un parlamento molto frammentato, dove la coalizione di sinistra è la più numerosa, ma ha comunque solo il 18 per cento dei seggi al Senato e il 15 per cento alla Camera. «Petro potrà anche dire che le sue politiche sono A, B e C, ma ciò non significa che potrà realizzarle», ha detto Luis Fernando Mejía, direttore di un think tank colombiano. Nel peggiore dei casi, Petro presiederebbe «un governo ad alta conflittualità che non porterebbe a termine nulla, piuttosto che un governo che smantella le istituzioni della Colombia».
Durante la campagna elettorale, avendo insistito sul fatto di voler essere il presidente di tutti, Petro ha comunque ammorbidito alcune sue posizioni impegnandosi pubblicamente, ad esempio, a non espropriare beni privati se venisse eletto.
Durante la campagna, Petro ha ricevuto molte minacce, è stata trovata una bomba davanti alla sede della sua campagna elettorale e la squadra che si occupa della sua sicurezza ha scoperto la pianificazione di un attentato contro di lui organizzato da un gruppo paramilitare legato al narcotraffico. Alcuni eventi elettorali sono stati cancellati e ad altri Petro si è presentato indossando un giubbotto antiproiettile.
Sembra improbabile che Petro possa vincere al primo turno evitando il ballottaggio che si terrà a giugno. Gli altri due candidati che hanno una buona posizione nei sondaggi sono Federico Gutiérrez, 47 anni, ex sindaco di Medellín, della coalizione di centrodestra Equipo por Colombia, che ha condotto la campagna per convincere gli elettori che rappresenta un cambiamento, e Rodolfo Hernández, candidato indipendente che ha messo al centro della sua proposta la lotta alla corruzione.
Se Petro sarà eletto in Colombia e dopo di lui, come suggeriscono i sondaggi, l’ex presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva vincesse a ottobre contro Jair Bolsonaro, le sette nazioni più popolose dell’America Latina (Brasile, Messico, Colombia, Argentina, Perù, Venezuela e Cile) avrebbero tutte presidenti di sinistra.