Genova aspetta il suo “scolmatore”
È la galleria sotterranea che dovrebbe evitare le alluvioni, ma i lavori sono fermi da mesi: è una delle poche questioni ad aver animato la campagna elettorale
Genova ha un problema: la pioggia. Non la pioggia normale, ma quella violenta, insistente, che dura ore e giorni. Succede in ottobre, in novembre, a volte già in settembre. È la pioggia che gonfia i molti corsi d’acqua che scorrono da queste parti: il Bisagno, il Fereggiano, lo Sturla, il Polcevera, il Chiaravagna, fino a farli esondare. L’acqua e il fango allagano i quartieri, fanno danni e morti. Le amministrazioni che si susseguono, a Genova, lo sanno bene: l’alluvione è un rischio. E questo rischio, che a volte si concretizza, è presente da decenni senza che, per molto tempo, si siano realizzate opere adatte a contenere i danni.
Negli ultimi anni qualcosa si è fatto e qualcosa si sta facendo: da due anni è aperto il cantiere dello scolmatore del Bisagno, una grande galleria che alleggerirà il principale torrente della città in caso di grandi afflussi provocati dalla pioggia. Fa parte dei lavori gestiti dalla Regione Liguria che devono essere assicurati dal presidente Giovanni Toti in qualità di Commissario di governo per l’attuazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico.
Il problema, sorto proprio due mesi prima dell’elezione del nuovo sindaco che si terrà il 12 giugno, è che quell’opera così importante è stata fermata a causa di una interdittiva antimafia decisa dalla procura di Salerno per il consorzio ReseArch, vincitore dell’appalto. ReseArch è uno dei maggiori consorzi italiani di ditte edili: 120 società e in totale 5mila dipendenti. L’interdittiva antimafia è un provvedimento amministrativo con cui si limitano le attività di società che, secondo le verifiche della prefettura, sono infiltrate o rischiano di essere infiltrate dalla criminalità organizzata. Queste società non possono lavorare con la Pubblica amministrazione.
E anche se ora il Tribunale amministrativo regionale della Campania ha sospeso l’interdittiva e il cantiere ha riaperto, per i lavori c’è la possibilità di nuovi blocchi: l’8 giugno il TAR si riunirà di nuovo per decidere nel merito dell’interdittiva, cioè per stabilire se il cantiere del consorzio ReseArch può proseguire.
Lo scolmatore è essenziale, secondo il parere di molti esperti: la storia di Genova degli ultimi 50 anni (ma si potrebbe andare anche molto più indietro) lo dimostra. Il 7 ottobre 1970 l’acqua uscì dal Bisagno, dal Fereggiano, dal Leira, ci fu la piena dello Sturla, del Polcevera, del Chiaravagna. Crollò il ponte di Sant’Agata vicino al Borgo degli Incrociati, nel quartiere di San Fruttuoso. Quel giorno tra Genova e alcuni comuni vicini morirono 43 persone. Il 27 settembre 1992 esondarono Sturla e Bisagno, e morirono due persone. L’anno dopo, il 23 settembre, i quartieri di Pegli, Prà, e Voltri furono allagati dai torrenti Varenna, Branega, Leira, Cerusa. Tracimò anche il Bisagno. Il 4 ottobre 2010 esondarono il Chiaravagna, il Cantarena e il Molinassi. Morì una persona.
Il 4 novembre 2011 furono di nuovo il Bisagno e il Fereggiano a causare distruzione: morirono sei persone, tutte in via Fereggiano; nella zona di piazzale Adriatico, nel quartiere Staglieno, l’acqua superò i due metri d’altezza. Il 9, 10 e 11 novembre 2014 l’alluvione colpì i quartieri Media e Bassa Val Bisagno, Molassana, Staglieno, Marassi, San Fruttuoso, ma anche il centro storico, la stazione Brignole, il quartiere Foce. Una persona morì per l’esondazione del Bisagno, e i danni furono di circa 25 milioni di euro. Alluvioni con danni ingenti ci sono state tra il 13 e 14 ottobre 2016 e tra il 22 e il 23 novembre 2019.
Ci sono vari motivi per cui Genova, e più in generale la Liguria, è stata interessata così frequentemente da alluvioni negli ultimi anni. Uno deriva dall’aumento della frequenza dei forti temporali, un fenomeno riconducibile nella sua serie storica al cambiamento climatico che favorisce gli eventi meteorologici estremi. Nel caso della Liguria, i giorni di pioggia annuali sono diminuiti ma la quantità di precipitazioni no: significa che quando piove le piogge sono più abbondanti.
L’aumento delle temperature medie riguarda anche il mar Ligure, che alla fine dell’estate è ora mediamente più caldo di quanto non fosse in passato. In cinquant’anni la temperatura media è aumentata di mezzo grado: che è «davvero tanto», come aveva spiegato qualche anno fa Luigi D’Angelo, direttore operativo del coordinamento emergenze della protezione civile, a Repubblica. Con temperature e acqua del mare più calde, aumenta l’evaporazione e quando arriva il libeccio – un vento caldo proveniente da sud-ovest – l’acqua evaporata viene spinta verso la costa dove, in autunno, incontra l’aria più fredda sopra alle montagne. La differenza di temperatura tra l’aria calda e umida proveniente dal mare e quella fredda della costa, che è aumentata negli ultimi anni, crea instabilità nell’atmosfera e dunque aumenta il rischio di forti temporali.
Ma a causare le alluvioni non sono solo i temporali. Gran parte dei corsi d’acqua di Genova è coperta: la città ha una rete di acque nascoste, 770 corsi d’acqua “tombati”, cioè coperti, su mille. Quando piove molto i limitati letti dei corsi d’acqua non riescono a contenere la quantità d’acqua e fiumi e torrenti esondano. Ha detto il geologo Mario Tozzi: «Genova è un caso esemplare, purtroppo. Sotto il suolo scorrono dei corsi d’acqua che sono stati progressivamente tombati per costruirci sopra. Ma i fiumi devono avere la possibilità di respirare, di sfogarsi. Se li restringiamo in piccoli canali è la fine».
Intorno a Genova poi, sovrastata dall’Appennino, molti terreni coltivati per anni sono stati abbandonati e hanno sviluppato una specie di crosta impermeabile che fa scivolare l’acqua a valle. Il terreno dovrebbe essere reso nuovamente permeabile, in modo da poter assorbire l’acqua. Secondo molti ambientalisti bisognerebbe procedere a un rimboschimento a monte, e in ogni caso lo scolmatore non riuscirà a risolvere completamente il problema di Genova. Un’alternativa forse più economica sarebbe stata riportare alla luce il Bisagno fino alla foce, e più in generale “rinaturalizzare” i corsi d’acqua dell’intera provincia genovese.
Le date delle alluvioni sono impresse nella memoria della città e tornano, nelle polemiche, prima di ogni elezione amministrativa. Marta Vincenzi, sindaco durante l’alluvione del 2011, fu condannata in via definitiva a tre anni di reclusione per omicidio colposo plurimo e disastro colposo. Fu ritenuta colpevole di non aver chiuso le scuole nonostante ci fosse l’allerta e di aver chiuso troppo tardi alcune strade.
Contestazioni e polemiche nei confronti del sindaco Marco Doria ci furono dopo l’esondazione del 2014. Polemiche e discussioni sul dissesto idrogeologico si ripresentano a ogni campagna elettorale.
Succede, pure se in maniera un po’ sommessa, anche nella campagna elettorale un po’ sonnacchiosa che precede l’elezione del sindaco del prossimo 12 giugno. Sonnacchiosa perché questa volta, secondo i sondaggi e le previsioni degli esperti, il risultato appare piuttosto scontato: l’attuale sindaco Marco Bucci, 62 anni, ex manager d’azienda, il primo di destra o centrodestra che abbia mai vinto in città, dovrebbe essere rieletto, forse già al primo turno. Bucci è apprezzato anche e soprattutto per come ha gestito, da commissario straordinario, i lavori della ricostruzione del Ponte Morandi il cui crollo il 14 agosto 2018 causò 43 morti. In poco meno di due anni è stato inaugurato il nuovo viadotto, disegnato dall’architetto Renzo Piano.
A sostenere Bucci sono tutti i partiti di centrodestra, a cui si sono unite varie liste civiche e Italia Viva, il partito di Matteo Renzi. Cinque anni fa Bucci vinse battendo al secondo turno, con il 55 per cento, il candidato di centrosinistra Giovanni Crivello. Quest’anno il suo avversario di centrosinistra è Ariel Dello Strologo, 55 anni, avvocato, ex presidente della comunità ebraica di Genova. Lo sostengono i partiti di sinistra, di centrosinistra e il Movimento 5 Stelle. Ci sono anche candidati sindaci meno di primo piano. Un senatore che faceva parte del M5S, Mattia Crucioli, 46 anni, si è candidato a sindaco con la lista Uniti per la costituzione: è sostenuto tra gli altri dal Partito comunista di Marco Rizzo e da Italexit di Gianluigi Paragone. Antonella Marras, 55 anni, si è candidata per la coalizione Sinistra insieme (composta da Rifondazione Comunista, Sinistra Anticapitalista e Partito Comunista Italiano) mentre Cinzia Ronzitti, 58 anni, è candidata per il Partito comunista dei lavoratori.
Sulla scheda elettorale ci saranno anche il nome di Carlo Carpi, 39 anni, candidato della lista civica Insieme per Genova, e Martino Manzano Olivieri, 38 anni, italo-messicano candidato del Movimento 3-V, leader a Genova del movimento no vax e no Green Pass.
La campagna elettorale non ha avuto molti sussulti. Qualche scambio polemico è avvenuto solo sulla Gronda, il progetto del nuovo tratto autostradale a due corsie per senso di marcia che garantirà il raddoppio del tratto dell’A10 nel comune di Genova, dalla Val Polcevera fino all’abitato di Vesima. In tutto si tratterà di 65 chilometri di autostrada, con 23 gallerie per complessivi 50 chilometri, cioè l’81 per cento del tracciato.
Durante un dibattito Dello Strologo aveva detto polemicamente che «sono cinque anni che al governo ci sono il sindaco Bucci e il governatore Toti, quindi dobbiamo chiederci come mai la Gronda non sia partita prima». Bucci aveva però risposto che il candidato del centrosinistra «si dovrebbe perlomeno vergognare di questa affermazione», accusando il M5S, che sostiene Dello Strologo, di essersi opposto a lungo alla realizzazione dell’infrastruttura. L’obiettivo della Gronda è dividere il traffico cittadino da quello diretto al porto alleggerendo il tratto della A10, l’autostrada Genova-Ventimiglia, nella sua parte cittadina. Ancora però non si è mosso nulla. Secondo il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini i cantieri dovrebbero aprire a metà del 2023.
Ad animare la spenta campagna elettorale è arrivata a metà aprile la notizia dell’interruzione dei lavori dello scolmatore del Bisagno. Bucci aveva reagito dicendo che «su queste cose ci deve essere tolleranza zero, su ogni infiltrazione mafiosa e corruzione. Cercheremo di gestire la cosa in modo da avere il meno impatto possibile sulla cittadinanza e anche sul cantiere. I lavori devono andare avanti. Lo scolmatore del Bisagno è un’opera fondamentale. Risolveremo questo problema come ne abbiamo risolti tanti».
I lavori erano iniziati nel 2020 grazie a un finanziamento di 204 milioni di euro stanziato all’interno del progetto chiamato Italia Sicura (Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche). Il progetto prevede, una volta terminato, una galleria di 9,8 metri di diametro lunga 6,5 chilometri che si raccorderà con lo scolmatore, già realizzato ed entrato in funzione durante le ultime ondate di maltempo, del Rio Fereggiano.
La nuova galleria scolmatrice del Bisagno garantirà lo smaltimento in mare di 450 metri cubi d’acqua al secondo, mentre la copertura del torrente, i cui lavori sono conclusi, permetterà lo smaltimento di altri 850 metri cubi d’acqua al secondo, per un totale di 1.300. È sufficiente per una quantità d’acqua che, secondo i modelli statistici, cade su Genova mediamente una volta ogni 200 anni.
Il problema è, appunto, che a metà aprile i lavori sono stati fermati. In seguito a un’inchiesta giudiziaria della procura di Napoli, iniziata nel 2020, a febbraio era stato indagato e arrestato Francesco Vorro, fondatore e per i magistrati «gestore di fatto» del consorzio ReseArch. La procura napoletana aveva ipotizzato che alcune ditte del consorzio fossero riconducibili a persone legate al clan camorristico dei casalesi. Dopo queste rivelazioni, la ReseArch aveva deciso di trasferirsi a Salerno e per questo erano stati avviati contatti, anche grazie a un sostituto procuratore della Repubblica e a un ex colonnello della Guardia di Finanza, per poter entrare nella white list della prefettura: è la lista delle aziende “pulite” a cui la Pubblica amministrazione può affidare appalti.
Il fondatore e alcuni consulenti del consorzio sono stati indagati per i reati di corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità. Subito dopo è scattata l’interdittiva antimafia: sono stati bloccati lavori per 1,2 miliardi di euro già affidati al consorzio in tutta Italia e altri in corso di affidamento per centinaia di milioni di euro. Tra questi la terza variante di valico dei Giovi e l’alta velocità sulla Genova-Milano, tra il capoluogo ligure e la provincia di Alessandria.
Il consorzio con un comunicato ha affermato di aver avviato un’opera di “autopulizia” al suo interno: «Le note vicende che hanno lambito il consorzio ReseArch hanno avviato una profonda attività di dissociazione e autopulizia interna che hanno comportato il rinnovamento delle cariche sociali, dell’organismo di vigilanza oltre ad interventi diretti su numerose figure».
Il 10 maggio il TAR della Campania ha momentaneamente sospeso l’interdittiva antimafia: i tecnici del consorzio ReseArch sono tornati nel cantiere ma l’8 giugno il TAR si riunirà per decidere se confermare o no l’interdittiva. Se verrà confermata il rischio è che i lavori siano interrotti per mesi in attesa di venire affidati ad altre ditte, con ricadute sia sui lavoratori genovesi della ReseArch sia sui cittadini già in sofferenza per la presenza del cantiere in via Emilia e più in generale nel quartiere Media Val Bisagno.
Sarà la regione Liguria, e quindi il presidente Giovanni Toti, a doversene occupare. Ma la questione animerà gli ultimi giorni di campagna elettorale a Genova e sarà uno dei primi problemi di cui il sindaco eletto dovrà occuparsi.