Non ce ne sono altri come Tom Cruise
36 anni dopo “Top Gun” è ancora lì a recitare senza stuntman e a promuovere instancabilmente il sequel: c'è chi ne parla come dell'ultima vera star di Hollywood
Tra l’uscita di Top Gun nel 1986 e l’arrivo del suo seguito Top Gun: Maverick, da ieri nei cinema, sono passati 36 anni. In mezzo è cambiato il mondo, è cambiato il cinema ed è cambiato anche il protagonista di entrambi i film: Tom Cruise, che aveva 24 anni nel 1986 e ne compirà 60 il prossimo 3 luglio. Negli anni Ottanta, Cruise era la nuova grande promessa del cinema, un attore che si proponeva come diverso e più moderno rispetto agli altri muscolosissimi protagonisti maschili dei film d’azione di quegli anni.
Oggi, dopo oltre tre decenni di alti e bassi, Cruise è invece raccontato come l’ultimo esponente di una categoria che non c’è più. Sul New York Times, Nicole Sperling lo ha definito infatti «l’ultima vera star del cinema», e considerazioni simili le ha fatte su Vulture Bilge Ebiri, che ha presentato Top Gun: Maverick come «l’ultima battaglia» di Cruise e come un film efficace e malinconico che ne «celebra l’intera carriera».
In effetti, se non proprio unico Cruise è senz’altro ormai assai raro nel suo approccio al cinema e al suo essere attore: è poco attivo sui social (dove ha milioni di followers nonostante ne faccia un uso freddo e promozionale), non si è avventurato in attività imprenditoriali esterne al mondo del cinema, non ha recitato in film di supereroi e non ha fatto accordi per film, serie o contenuti in streaming. Anzi, è uno dei più convinti sostenitori dell’esperienza cinematografica e di recente ha detto che non avrebbe mai permesso che Top Gun: Maverick finisse in streaming. Una scelta che già sembra azzeccata, dato che il film, preceduto da ottime recensioni, pare destinato ad avere incassi molto buoni.
Cruise ottenne il suo primo successo a 21 anni, grazie a Risky Business, una commedia in cui interpretò un liceale che, dopo l’incontro con una prostituta, si avventura in affari illegali più grandi di lui. Di ben altro livello fu però il successo ottenuto con Top Gun, che qualche anno fa Vox definì “un film di supereroi della sua epoca”.
In Top Gun Cruise interpretò Pete “Maverick” Mitchell, un tenente e pilota di F-14. Era un personaggio d’azione, coraggioso e spaccone, ma anche fragile, tormentato e imperfetto, diverso da molti di quelli che andavano per la maggiore in quegli anni.
Nato da un articolo di giornale sui piloti di aerei della Marina americana, Top Gun incassò oltre 350 milioni di dollari e si fece apprezzare per scene e riprese acrobatiche e spettacolari realizzate con il supporto e il contributo della Marina. Un contributo che fu ripagato quando, dopo l’uscita del film, i reclutamenti volontari aumentarono anche grazie al fatto che la Marina si mise a raccogliere adesioni fuori da alcuni cinema. Fu senz’altro un film militarista, patriottico e tecnicamente avanzato, ma gran parte del suo successo fu merito di Maverick: «più di tutto», ha scritto Ebiri, «Top Gun girava attorno a Tom Cruise e a quell’imprevisto evento astronomico che era il suo sorriso».
Sempre Ebiri ha scritto di Cruise: «le donne lo adoravano e gli uomini si definivano in relazione a lui (qualcosa di simile, seppur non uguale, a quanto sarebbe accaduto con Leonardo DiCaprio dopo Titanic)». DiCaprio, peraltro, è un altro attore che è stato definito, per altri motivi, “l’ultima vera star di Hollywood”.
Dopo Top Gun e sempre negli anni Ottanta, Cruise recitò in una serie di grossi successi: Il colore dei soldi, Cocktail, Rain Man e Nato il quattro luglio, a cui seguirono negli anni Novanta Codice d’onore, Il socio, Jerry Maguire, Eyes Wide Shut, Magnolia e Mission: Impossible. Film diversi, ma tutti fatti in un periodo in cui, come ha scritto Sperling, «gli spettatori andavano al cinema per certi attori», spesso a prescindere dal tipo di film in cui quegli attori recitavano. Cruise, che nel frattempo si era sposato in seconde nozze con Nicole Kidman, fu per anni uno di quegli attori, uno dei più richiesti di Hollywood, e riuscì a mostrare di sapersela cavare in generi tra loro piuttosto diversi, e anche di saper lavorare con grande efficacia alla promozione di se stesso oltre che dei suoi film.
Secondo Ebiri, tuttavia, i suoi ruoli migliori furono quelli in cui interpretava personaggi che erano «estensioni del suo ambizioso e americanissimo alter ego nato con Top Gun». Quelli che riguardavano o ricordavano il suo «periodo d’oro», nel quale era stato il «giovane che poteva tutto e che sembrava poter promettere sempre un nuovo inizio».
Tolta qualche eccezione, più o meno dal Duemila in poi, per Cruise le cose iniziarono a girare meno bene. Film come Vanilla Sky, L’ultimo samurai, La guerra dei mondi e Operazione Valchiria andarono peggio del previsto, e l’immagine pubblica di Cruise – che nel frattempo si era sposato con l’attrice Katie Holmes, alla quale fece una celebre e un po’ ridicola dichiarazione d’amore saltando in piedi sul divano di Oprah Winfrey – fu almeno in parte compromessa dalla sua fervente adesione alla Chiesa di Scientology.
A salvare la carriera di Cruise furono in gran parte i seguiti di Mission: Impossible, che fin qui sono stati cinque. Grazie ai film d’azione della serie, in cui interpreta l’agente segreto Ethan Hunt, un James Bond ancora più spericolato, Cruise è riuscito a riproporsi, ha scritto Ebiri, «come il rappresentante di una sorta di vecchia scuola, come un attore che fa le cose per davvero».
Cruise, infatti, è noto ormai da anni per girare molte scene d’azione spericolate senza stuntman, allenandosi ed esercitandosi per interpretare quelle acrobazie di persona. In questo senso, ha scritto Ebiri, Cruise ha rappresentato «un’alternativa agli elaboratissimi spettacoli offerti dai film Marvel e dai loro emuli» e il suo fare a meno di stuntman è spesso parte integrante della promozione di certi film grazie a racconti in prima persona o video e fotografie che lo mostrano, per esempio, appeso a un aeroplano.
A livello promozionale, il suo fare-le-cose-davvero funziona anche quando si fa male:
Per il resto, nell’ultimo decennio i risultati di molti film di Cruise erano stati spesso sotto le aspettative: è successo con Oblivion, Edge of Tomorrow e soprattutto con La mummia, che nei piani della casa di produzione Universal doveva lanciare un universo cinematografico chiamato Dark Universe che avrebbe dovuto fare concorrenza a quello della Marvel e che invece, visti gli scarsi incassi, si arenò dopo soli due film. Molti dei film fatti da Cruise nell’ultimo decennio erano comunque ancora film d’azione e, come ha notato Ebiri, tra quelli fatti dal 2010 in poi «solo tre non erano sequel o film che almeno provavano a generare a loro volta dei sequel».
Cruise si è trovato in difficoltà in un cinema in cui i film più efficaci sono pieni di effetti speciali e supereroi e in cui più che l’attore in sé spesso conta il personaggio interpretato (specie se Batman o Spider-Man). Sul New York Times, Sperling ha scritto che attori e attrici come Dwayne Johnson, Zendaya, Tom Holland, Ryan Reynolds o Chris Pratt hanno da qualche tempo un successo notevole ma sono almeno per ora molto legati a specifici generi o franchise cinematografici. E in ogni caso non hanno ancora raggiunto il livello di fama «multigenerazionale» di un attore come Tom Cruise, che dopo essere stato una grande giovane promessa e aver rischiato di perdersi è ora quasi considerato un venerato maestro di un certo tipo di cinema.
Di lui, Sperling ha scritto che «attraversa il mondo come se niente fosse cambiato» (cioè come se non ci fossero la pandemia e lo streaming, e come se dal 2008 a oggi non fossero usciti 28 film dell’Universo Cinematografico Marvel) e che riesce a farlo perché «sotto molti punti di vista, per lui in effetti non è cambiato».
Ormai da anni, Cruise è spesso descritto come un lavoratore instancabile: quando si tratta di girare film – Ebiri ha elogiato la sua capacità di «soffrire sullo schermo» dopo essere stato «brillante, splendente e intoccabile» nei suoi primi film – ma anche quando si tratta di promuoverli. Da anni, infatti, sono noti e raccontati i lunghi e intensi tour in cui per settimane gira il mondo per presentare i suoi film mettendoci la faccia.
Come fa notare il New York Times, Cruise è inoltre uno dei pochi attori che ancora ricevono percentuali sugli incassi netti dei film in cui recitano, mentre molti altri si accontentano di ricevere, oltre a un compenso per le riprese, determinati bonus nel caso in cui i loro film raggiungano certe soglie di incassi.
Cruise è da poco stato a Cannes e per quanto possibile, viste le parziali limitazioni ancora in vigore, sta viaggiando per il mondo anche per Top Gun: Maverick, che era pronto da tempo ma la cui uscita era stata rimandata a causa della pandemia. Ancor più che il primo Top Gun, questo suo seguito costato non meno di 170 milioni di dollari punta poco sugli effetti speciali e molto su riprese quanto più realistiche possibile, spesso con Cruise protagonista: «il livello di autenticità raggiunto» ha scritto Ebiri «è francamente sorprendente».
Nell’attesa di vedere gli incassi di Top Gun: Maverick (che solo in Italia hanno già superato il milione di euro), è nel frattempo uscito il trailer di Mission: Impossible Dead Reckoning – Parte 1, il settimo film della serie che Stanlio Kubrick (uno pseudonimo, evidentemente) ha definito su Esquire una «dichiarazione di onnipotenza» da parte di Cruise, che «negli ultimi dieci/quindici anni ha trasceso la sua natura di attore per diventare una sorta di performance vivente».
Intanto, proseguono i piani preliminari per il film che Cruise vorrebbe fare nello Spazio.