Negli Stati Uniti ci sono sempre più armi da fuoco
Lo dice un rapporto governativo appena pubblicato che ha raccolto dati sugli ultimi vent'anni, in cui la produzione interna è quasi triplicata
Negli Stati Uniti è stato appena pubblicato un importante rapporto governativo secondo cui negli ultimi vent’anni la produzione interna di armi da fuoco è quasi triplicata, con un nuovo picco negli ultimi tre anni, soprattutto a causa del crescente acquisto di pistole per uso personale. Il rapporto è stato messo insieme dall’agenzia governativa Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives (ATF) e ha introdotto ulteriori elementi nel dibattito sulla restrizioni alla vendita di armi da fuoco nel paese, in un momento in cui tra l’altro ci sono appena state due stragi in meno di dieci giorni: a Buffalo, nello stato di New York, e a Uvalde, in Texas.
Il rapporto è lungo oltre trecento pagine ed era stato commissionato nell’aprile del 2021 dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden e dal procuratore generale degli Stati Uniti Merrick B. Garland: secondo il New York Times contiene un «vivido ritratto statistico di una nazione armata fino ai denti». Raccoglie i dati sulla fabbricazione, esportazione e importazione di armi da fuoco negli Stati Uniti nel corso degli ultimi vent’anni, che hanno registrato aumenti rispettivamente del 187, del 240 e del 350 per cento. Sono numeri molto alti e ancora in aumento.
Mentre nel 2000 negli Stati Uniti venivano prodotte circa 3,9 milioni di armi all’anno, nel 2020 il dato è salito a 11,3 milioni. Secondo un rapporto del centro di ricerca indipendente Small Arms Survey, le armi in circolazione negli Stati Uniti sono circa 400 milioni, anche se la stima è ferma al 2018.
Tra i dati più rilevanti del rapporto c’è l’ingente aumento dell’acquisto di pistole per difesa personale: a partire dal 2009 la loro vendita ha sorpassato quella dei fucili, normalmente usati per la caccia, col risultato che dieci anni le pistole sono diventate il tipo di arma più prodotto e importato negli Stati Uniti. È aumentata moltissimo anche la produzione di fucili a canna corta, piccoli e facilmente trasportabili come le pistole.
Il rapporto contiene inoltre alcuni dati sulle cosiddette «pistole fantasma», cioè quelle fabbricate privatamente, non rintracciabili come le altre: dal 2016 al 2021 la loro produzione – per quanto ancora trascurabile – è decuplicata, e secondo le forze dell’ordine ha ulteriormente contribuito all’aumento di uccisioni con arma da fuoco in vari stati.
Secondo il rapporto, l’aumento nella produzione di armi sembra essere stato incoraggiato soprattutto dalla scadenza, nel 2004, dell’Assault Weapons Ban, una norma introdotta nel 1994 per proibire la produzione e il possesso di alcune armi da fuoco semiautomatiche ad uso civile e mai più rinnovata. Payton Gendron, il principale sospettato per la strage della settimana scorsa al supermercato di Buffalo, nello stato di New York, aveva utilizzato proprio un fucile semiautomatico.
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Il rapporto individua tre picchi temporali nell’acquisto di armi da fuoco negli ultimi 20 anni: uno nel 2013, dopo la rielezione dell’allora presidente Barack Obama e il massacro alla scuola elementare Sandy Hook, nel Connecticut; uno nel 2016, durante la campagna presidenziale poi vinta da Donald Trump; e uno tra il 2019 e il 2020, periodo della pandemia da coronavirus e della campagna per le elezioni presidenziali poi vinte da Joe Biden.
Il rapporto, scrive il New York Times, contiene dati in parte già noti, ma è importante perché in molti di questi casi erano dati che le industrie che producono armi erano riluttanti a diffondere e che alcune norme approvate in passato dal Partito Repubblicano, molto vicino alla lobby delle armi, consentivano loro di tenere nascosti.
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