Quelli che guardano gli aerei
A Orio al Serio c'è una partecipata associazione di “spotter”, appassionati di aviazione che si appostano fuori dagli scali per guardare, ascoltare e fotografare
di Isaia Invernizzi
Dal suo finestrino, il pilota del Boeing 737 alza la mano per un saluto agli appassionati di aerei, gli spotter, che iniziano a scattare fotografie in bilico sulle loro scale, oltre la rete metallica. Così per una, due, tre volte: in pochi minuti passano un Ryanair, un Malta Air e infine un Wizz Air. Fotografare in fase di rullaggio, cioè durante le manovre a terra, è una sorta di riscaldamento prima dei decolli e degli atterraggi, che qui all’aeroporto di Orio al Serio sono molto frequenti, soprattutto nel fine settimana.
In un piccolo parcheggio in via Matteotti, accanto alla pista del terzo scalo italiano per numero di passeggeri, decine di persone si ritrovano quasi ogni giorno. Condividono la passione per il volo e per la fotografia. «C’è chi nel tempo libero esce a correre, chi segue il calcio, a noi piace fotografare gli aerei», dice Gianpietro Bardizza, il segretario di Orio Spotters, un’associazione nata nel 2015, la più grande in Italia con i suoi 96 iscritti.
Gli spotter sono osservatori di aerei, appassionati di aviazione che si ritrovano per guardare, fotografare, filmare i velivoli che decollano o atterrano in un aeroporto. Solitamente si posizionano nei migliori punti di osservazione, fuori dal perimetro degli scali, dove è possibile documentare tutte le fasi di decollo o di atterraggio grazie a una buona visuale. Per i viaggiatori non è facile vederli, perché le zone migliori per l’osservazione sono quasi sempre lontane dalle aerostazioni.
La loro origine risale alla Seconda guerra mondiale, quando il governo inglese creò una rete di osservatori per controllare il cielo e dare l’allarme in caso di avvistamento di bombardieri tedeschi. A partire dal Dopoguerra, con lo sviluppo dei sistemi di rilevazione delle rotte per il controllo del traffico aereo civile, la ragione per cui gli spotter erano stati creati venne meno. Tuttavia, gli osservatori sopravvissero come gruppi di semplici appassionati di aerei e nel tempo il passatempo coinvolse sempre più persone: oggi quasi ogni aeroporto ha un gruppo di spotter che passano ore e ore a fotografare gli aerei.
A Orio al Serio, in provincia di Bergamo, i primi incontri informali risalgono agli inizi degli anni Sessanta. All’epoca l’aeroporto era decisamente più piccolo: la pista corrispondeva all’attuale via di rullaggio. Fu scelto un nome semplice e immediato: “Amici dell’aeroporto”. Con il passare degli anni sempre più persone iniziarono a ritrovarsi soprattutto in due aree, in un piccolo parcheggio accanto alla via di rullaggio o in uno spiazzo oltre le reti all’inizio della pista.
L’associazione culturale Orio Spotter venne creata nel 2015 con l’obiettivo di organizzare gite e incontri, partecipare agli eventi organizzati dalla società aeroportuale, e coinvolgere sempre più persone. Gli iscritti sono prevalentemente uomini, anche se negli ultimi anni c’è stato un aumento delle adesioni tra le donne. Tra loro ci sono operai metalmeccanici, impiegati e impiegate, professionisti. Hanno magliette personalizzate, di un verde acceso, con il logo dell’associazione, e gilet catarifrangenti gialli, proprio come gli operatori che lavorano nello scalo. Si definiscono una grande famiglia.
Gli spotter hanno spesso una strumentazione all’avanguardia, corposi archivi organizzati alla perfezione, sistemi per controllare le rotte degli aerei. Dallo zaino di Bardizza spuntano un paio di costose macchine fotografiche ognuna con diversi obiettivi, anche telescopici. Ha iniziato a fotografare gli aerei una ventina d’anni fa. All’epoca si doveva soltanto attendere che ne spuntasse uno all’orizzonte, aspettarlo e fotografarlo. Oggi è tutto diverso. «Con l’aiuto della tecnologia ci si può preparare molto prima», dice Bardizza. «Grazie ad applicazioni come Flightradar24 si possono controllare tutti i voli in tempo reale e tenere d’occhio la programmazione degli atterraggi e dei decolli. In questo modo sappiamo quando sta per atterrare un aereo raro, che ci interessa particolarmente. Ma ci piacciono anche le sorprese, per esempio quando atterrano voli privati».
Anche tra gli spotter esistono sottoculture: c’è chi guarda soltanto e non fotografa, chi si dedica soltanto agli aerei militari (“i militaristi”), chi annota i codici di registrazione, cioè le sigle che identificano gli aerei. Alcuni stampano le foto, altri le tengono sull’hard disk del computer, moltissimi le pubblicano online, in siti dedicati o sui social network. Gli associati a Orio Spotter hanno un sito, un gruppo Facebook, Instagram, Twitter, e una chat, su WhatsApp, dove vengono condivise le fotografie e gli avvistamenti. Lì vengono diffusi gli avvisi che riguardano gli atterraggi più attesi. «In questo modo chi è in zona può raggiungere l’aeroporto, fotografare e condividere lo scatto», spiega Omar Rigamonti, che ha 42 anni e ha la passione degli aerei da quando era bambino.
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Rigamonti riesce a riconoscere il modello di un aereo osservando la sagoma a una notevole distanza. Alcuni velivoli sono molto semplici da identificare, anche da lontano, altri meno. Dopo anni passati a osservare e ascoltare gli aerei, sembra che gli spotter abbiano sviluppato la capacità di distinguere gli aerei dal rumore, in pochi secondi, perfino quelli che passano nel cielo. Per sapere se la risposta è corretta basta controllare su Flightradar24, che fornisce tutte le informazioni di ogni volo, compresa la rotta.
Uno degli aerei più riconoscibili, e che secondo gli spotter bergamaschi è stato il più bello mai osservato finora, è l’Antonov 124 della compagnia aerea russa Volga-Dnepr. Lungo 69 metri e con un’apertura alare di 73 metri, atterrò a Bergamo nel dicembre del 2018 per trasportare un grande macchinario verso lo scalo di Nižnekamsk, in Russia. «È un aereo molto bello, anche se a mio parere la sua versione a elica, la AN-22, è ancora più bella», dice Rigamonti. Dalle informazioni arrivate in seguito all’invasione russa in Ucraina, sembra che l’Antonov atterrato a Bergamo sia stato danneggiato nell’attacco all’aeroporto di Gostomel, vicino a Kiev.
La base di Orio Spotter è lo scalo di Orio, anche se molti associati non disdegnano visite in altri aeroporti. A luglio, come era successo ogni anno fino all’arrivo dell’epidemia, verrà organizzata una gita all’aeroporto Kloten di Zurigo, in Svizzera, uno dei più attrezzati in Europa per l’osservazione degli aerei. Ci sono terrazze, un bar e giochi per i bambini, perché per le famiglie che abitano in zona è una tradizione andare a guardare i decolli e gli atterraggi, specialmente la domenica mattina. Negli ultimi anni diversi spotter bergamaschi hanno viaggiato in molte altre città europee per fotografare gli aerei: Francoforte, Amsterdam, Parigi, Londra, Dublino.
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Sergio Morotti, uno dei veterani del gruppo, domenica ha anticipato la gita estiva: ha raggiunto Zurigo in vista dell’incontro annuale del World Economic Forum che si è tenuto a Davos. L’incontro è molto celebre per l’alto prestigio delle persone che vi partecipano: riunisce tutti gli anni politici e imprenditori delle più importanti aziende del mondo, per parlare di economia e società. Il forum di Davos è un appuntamento atteso anche da moltissimi spotter, che hanno l’occasione di fotografare diversi aerei di Stato che atterrano all’aeroporto di Zurigo.
Morotti è conosciuto tra gli spotter anche perché qualche anno fa, poco prima di andare in pensione, decise di cambiare casa per essere più vicino allo scalo di Orio. Solitamente avviene il contrario, per via del rumore che per molti è insopportabile. Ora Morotti abita a Brusaporto, un paese che si trova proprio sulla rotta di atterraggio. «Dalle finestre della mia sala da pranzo vedo gli aerei atterrare», dice. «Quando la luce del sole mi aiuta, li fotografo con il mio obiettivo da 400 millimetri».
Un altro caso piuttosto curioso riguarda Kamal Hraoui, il responsabile della comunicazione dell’associazione: è un addetto follow-me, in sostanza un operatore aeroportuale sul piazzale dello scalo, e anche spotter. Alla fine del suo turno di lavoro, spesso raggiunge gli altri appassionati nel parcheggio di via Matteotti per scattare fotografie. Spiega che da fuori la prospettiva è molto diversa: fare le foto dal piazzale della pista è più complicato e non c’è la visuale ottimale, inoltre non può portarsi la strumentazione adatta. «Sono fortunato perché vedo gli aerei da vicino e da lontano», dice. «Ma ogni tanto, mentre sono al lavoro, vedo atterrare aerei che mi sarebbe piaciuto fotografare da fuori».
Gli spotter, però, sono grandi appassionati di una cosa che per sempre più persone del mondo andrebbe limitata e disincentivata: il ruolo dell’aviazione civile nel bilancio delle emissioni globali, responsabili del riscaldamento globale, è estesamente riconosciuto e inizia a essere sanzionato pubblicamente. Esiste un concetto recente riassumibile con l’espressione “vergogna di volare”, intesa come consapevolezza che gli spostamenti frequenti ed economici sugli aerei sono un problema enorme in termini di sostenibilità.
Gli spotter ovviamente amano gli aeroporti, ma non ignorano questo dibattito. Nonostante preferiscano il rombo originale degli aerei, hanno accolto con favore la decisione di Ryanair che dal 2021, anche a Orio al Serio, ha iniziato una graduale sostituzione dei vecchi velivoli con Boeing 737-8200 meno rumorosi e soprattutto meno inquinanti. Da anni a Bergamo, come in moltissime altre città aeroportuali, il rumore e l’inquinamento sono uno dei motivi di conflitto tra le società di gestione, nel caso bergamasco partecipata da enti pubblici come il Comune e la Provincia, e le persone che abitano nei quartieri più vicini allo scalo. L’innovazione tecnologica degli aerei, dicono gli spotter, può essere la soluzione per garantire lo sviluppo sostenibile del settore aeroportuale e la crescita del loro movimento.
In piedi sulla scaletta, concentrato e immobile per non rovinare lo scatto, c’è Sebastian Berbenni. In testa ha un cappello da esploratore per proteggersi dal sole. La passione per gli aerei lo ha portato a fabbricarsi un piccolo simulatore di volo in una stanza di casa sua. Ha una cloche, la leva di comando, e si è costruito da solo una serie di pulsanti che regolano i comandi tra cui l’apertura e la chiusura del carrello e dei flap, le parti mobili dell’ala azionate nelle fasi di decollo e di atterraggio.
Non usa uno schermo, ma un visore 3D che rende l’esperienza ancora più realistica. «Tanti appassionati preferiscono pilotare aerei civili, io invece uso un simulatore di aerei militari», dice. «È più complicato e serve molto tempo per imparare, però è più divertente. Con il visore hai l’impressione di pilotare un cacciabombardiere: il cervello viene talmente ingannato che spesso si provano sensazioni fisiche molto forti, come in un volo vero. Il bello del simulatore è che puoi tentare di atterrare su una portaerei e finire in acqua quante volte vuoi, senza rischi».
Ci sono diversi simulatori in commercio: Berbenni usa DCS, Digital Combat Simulator. Altri piuttosto noti sono IL-2 Sturmovik, dedicato alla Seconda guerra mondiale, e Flight simulator. In questo periodo sta pilotando un F18. «Il potenziamento del computer e l’attrezzatura per il simulatore di volo possono costare come il brevetto di un ultraleggero», spiega. «Esistono appassionati che sono riusciti a ricostruire in casa una cabina di pilotaggio nei minimi dettagli. Bisogna studiare molto e seguire diversi tutorial online per riuscire a pilotare. Non lo considero un vero gioco».
Nonostante la variante più tecnologica, anche per Berbenni tutto ha origine dalla passione per gli aerei e per il volo, che coinvolge moltissime persone fin dall’infanzia. Ogni fine settimana, nel parcheggio accanto alla pista di Orio, ci sono diversi bambini accompagnati dai loro genitori. Molti degli spotter hanno iniziato ad appassionarsi in questo modo. L’obiettivo dell’associazione è coinvolgere sempre più persone, anche giovani, e rendere ancora più solido il rapporto con la Sacbo, la società che gestisce l’aeroporto.
Tra le altre cose, nel piano di sviluppo dello scalo è stata ipotizzata la costruzione di alcune aree dedicate agli spotter, come nei migliori scali europei. «Sarebbero l’ideale per fare ancora più foto», dice Rigamonti. «Noi ci speriamo, anche se i rapporti con la società sono già ottimi. Anche se all’estero ci sono gruppi più organizzati e aeroporti attrezzati, qui ci stiamo togliendo molte soddisfazioni».
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