Una canzone di Joni Mitchell
Di saggezze giovanili e ripensamenti senili
Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Mando questa newsletter da Londra, dove sono venuto tre giorni fa con la scusa del concerto dei Pet Shop Boys (che ha preso cinque stelle sul Guardian ), di cui avevo comprato i biglietti quasi tre anni fa prima dei rinvii della pandemia, e poi nel frattempo loro avevano fissato anche Milano dove quindi ero stato dieci giorni fa. Ma è valsa la pena tornare a vederli dopo una settimana a Londra, in uno spazio da ventimila persone che cantavano tutte assieme e con un’acustica migliore di quella degli Arcimboldi a Milano. E poi ho shazammato la cover di Spread a little happiness (una canzone da musical del 1929 che io imparai tanti anni fa tramite Sting ) che mettono alla fine del concerto quando il pubblico sciama via, e ho scoperto che è dei “Cliff Adams singers”.
A Londra ho visto un amico che ha in programma di andare al “concerto degli Abba”: ovvero una cosa con gli ologrammi degli Abba che andrà avanti sette mesi in uno spazio costruito apposta, e c’è dibattito tra i fan.
Quarant’anni fa oggi fu presentato a Cannes The wall , il film tratto dal disco dei Pink Floyd , che io diciottenne trovai stupendo e mi ricordo che cercai di ottenere invano l’interesse di mio padre per un simile capolavoro: non è che fosse in effetti un simile capolavoro, realizzai molti anni dopo, a parte avere le canzoni del disco, ed è diventato un severo monito per me del fatto che un sacco di volte i vecchi (vecchi, mo’: mio padre aveva quarant’anni, allora) la sanno più lunga e ne hanno viste parecchie, per quanto noiosi suoniamo anche a noi stessi.
Both sides now
Joni Mitchell
Both sides now su Spotify c’è nella versione antica in una compilation (lei ha sbaraccato da Spotify)
Both sides now su Apple Music
Both sides now su YouTube
Un paio di mesi fa Both sides of now è riapparsa facendo ancora meraviglie, 53 anni dopo la sua prima pubblicazione. È riapparsa sia nella puntata finale della seconda stagione della serie After life (puntata deludente e banale, rispetto alla bellezza della prima stagione) , sia nel film Coda (quello che ha vinto l’Oscar come miglior film e che il sempre ebbro titolismo italiano ha chiamato come una parodia di Boris , “I segni del cuore”), cantata dalla protagonista ma con apprezzamento su Twitter da parte di Joni Mitchell. Ma tra i precedenti del suo uso il più famoso è forse quello in Love actually (l’hanno anche cantata in molti altri nei decenni, cito solo Sinatra con un arrangiamento un po’ buttato via, ma è sempre Sinatra).
La canzone è di Joni Mitchell , di quando non si era ancora capito che sarebbe diventata una delle più importanti cantautrici americane di sempre ma cominciava a essere notata come autrice: la pubblicò per prima Judy Collins nel 1967. Quando la scrisse Mitchell aveva 23 anni e le celebrazioni della canzone hanno spesso notato la contraddizione tra quanto fosse giovane e il tema della canzone che è una saggia riflessione sul passato e sul cambiamento.
Oh, but now old friends they’re acting strange
And they shake their heads and they tell me that I’ve changed
Well something’s lost, but something’s gained
In living every day
I’ve looked at life from both sides now
From win and lose and still somehow
It’s life’s illusions I recall
I really don’t know life at all
Poi Mitchell la cantò lei e la mise nel suo secondo disco: ma trent’anni dopo, nel 2000, pubblicò una raccolta di standard jazz con un’orchestra, molto bella e di gran successo, in cui mise anche due sue canzoni, e una era questa, appunto riorchestrata: e venne bella altrettanto, sempre parlando di ripensare le cose giovanili da anziani.
Both sides now su Spotify c’è nella versione antica in una compilation (lei ha sbaraccato da Spotify)
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