Il nuovo capo della Chiesa italiana viene dall’ala progressista

È Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e legatissimo alla Comunità di Sant'Egidio

(ANSA/GIORGIO BENVENUTI)
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Papa Francesco ha nominato l’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi come nuovo presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), l’organo che riunisce i vescovi italiani e che di fatto gestisce gli affari della Chiesa cattolica italiana. Zuppi era uno dei tre nomi che martedì mattina i vescovi italiani avevano indicato a Papa Francesco, a cui secondo le norme interne della Chiesa italiana spetta la scelta finale. Gli altri erano Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena, e Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e attuale vicepresidente della CEI.

Zuppi ha 66 anni, è nato e ha lavorato soprattutto a Roma e proviene dagli ambienti progressisti della Chiesa italiana: è da sempre vicinissimo alla Comunità di Sant’Egidio, una delle più popolari e influenti associazioni cattoliche italiane, che si occupa soprattutto di lotta alla povertà.

La scelta del Papa è piuttosto rilevante perché era da molti anni che la CEI non era guidata da una persona che proviene dall’ala progressista della Chiesa: fra gli ultimi tre presidenti della CEI c’erano invece stati Camillo Ruini e Angelo Bagnasco, che al contrario avevano teorizzato e applicato un’alleanza politica col centrodestra italiano.

Zuppi sostituirà Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e Città della Pieve, che era in carica dal 2017 ed era considerato una figura di compromesso fra progressisti e conservatori. Il mandato del presidente della CEI dura cinque anni.

Zuppi è nato a Roma in una famiglia che aveva già avuto un cardinale: Carlo Confalonieri, arcivescovo dell’Aquila nel Secondo dopoguerra e poi influentissimo funzionario in Vaticano. Dopo essere entrato in seminario ed essersi laureato in Lettere alla Pontificia Università Lateranense, Zuppi è stato per moltissimi anni vice-parroco e poi parroco nella basilica di Santa Maria in Trastevere. La sua ascesa nelle gerarchie della Chiesa era iniziata nel 2012, quando fu nominato vescovo: tre anni dopo diventò vescovo di Bologna, carica che ricopre ancora oggi.

Parallelamente Zuppi è stato a lungo assistente ecclesiastico, cioè vescovo di riferimento, della Comunità di Sant’Egidio: è infatti un amico d’infanzia del fondatore della Comunità, Andrea Riccardi.

Nei suoi anni da parroco e da vescovo, a Roma e a Bologna, Zuppi ha mantenuto un’attenzione verso le persone ai margini della società: poveri, migranti, tossicodipendenti. Negli ultimi anni si è fatto notare per diverse dichiarazioni a favore dell’integrazione dei richiedenti asilo e per un atteggiamento più accogliente nei confronti dei gay all’interno della Chiesa. «Quando nelle nostre comunità cominceremo davvero a guardare le persone come le guarda Dio, allora anche le persone omosessuali, e tutti gli altri, cominceranno a sentirsi, naturalmente, parte della comunità», ha scritto qualche anno fa.

Di recente Zuppi è anche intervenuto alla Festa del Primo Maggio a Bologna e ha pronunciato l’omelia ai funerali del presidente del Parlamento Europeo David Sassoli. Nel 2019 la sua vita era stata raccontata da un documentario intitolato “Il Vangelo secondo Matteo Z”.

Da nuovo capo della CEI, Zuppi sarà di fatto il portavoce della Chiesa italiana sulle principali questioni del dibattito pubblico, e data la sua storia personale ci si possono aspettare posizioni più simili a quelle di Papa Francesco che a quelle del presidente uscente, Gualtiero Bassetti. Qualche giorno fa in un’intervista al Corriere della Sera il Papa aveva anticipato di volere come nuovo presidente della CEI «uno che voglia fare un bel cambiamento».

Zuppi dovrà anche decidere se aprire un’inchiesta sulla pedofilia all’interno della Chiesa italiana, come successo negli ultimi anni in varie altre Chiese nel mondo, e nel caso, a chi affidarla. Qualche giorno fa il vaticanista di Repubblica Paolo Rodari aveva scritto che secondo «alcune uscite recenti», Zuppi sembra preferire una inchiesta affidata a una commissione interna alla Chiesa, piuttosto che a un organo indipendente come invece è avvenuto in Francia.