Come ha vinto il Milan
Con una rosa giovane e senza un evidente primato in attacco o difesa, la squadra costruita in tre anni da Maldini e Pioli ha approfittato della prima occasione per vincere lo Scudetto
In una stagione di Serie A iniziata senza grandi favorite, a differenza delle annate precedenti, il Milan ha saputo approfittarne per tornare a vincere lo Scudetto dopo undici anni di attesa. Lo ha fatto con 26 vittorie (una in più dell’Inter, seconda classificata), 8 pareggi (uno in più del Napoli, terzo), 4 sconfitte (come l’Inter) e un totale di 86 punti, la terza “quota Scudetto” più bassa negli ultimi dieci anni.
Quella del Milan è stata una vittoria particolare, proprio perché non spicca nei resoconti del campionato, come eravamo stati abituati dalle recenti vittorie di Juventus e Inter, con quest’ultima partita da campione in carica, ma anche indebolita in estate dai tagli alla spesa imposti dalla sua proprietà. Da un lato tutto questo spiega perché si sia arrivati fino all’ultima partita per assegnare lo Scudetto — come non succedeva da dodici anni — dall’altro è un risultato che premia soprattutto chi ha costruito questo Milan, il direttore tecnico Paolo Maldini insieme al primo responsabile sportivo Zvonimir Boban (poi di fatto sostituito da Frederic Massara), e chi lo ha allenato in questi anni, Stefano Pioli e il suo staff.
La parte sportiva del club è riuscita a tirare fuori il meglio possibile da una squadra tutto sommato giovane — la più giovane ad aver vinto un campionato dal 1995 a oggi, con 26 anni di età media — senza campioni affermati tra i titolari e con il quarto monte ingaggi del campionato, dopo Juventus, Inter e Napoli, cosa che succede raramente nei grandi campionati di calcio. Maldini lo ha spiegato dopo la vittoria di Reggio Emilia, dicendo: «Volevo trasmettere fin dall’inizio l’idea di poter vincere lo Scudetto. A volte le occasioni non tornano più: abbiamo inculcato questa idea e adesso siamo qui».
La squadra che ha vinto ha rispecchiato molto le tendenze e gli stili di gioco che stanno segnando il calcio internazionale di questi anni, e che trovano come esempio più citato il Liverpool finalista di Champions League. Il Milan si è distinto infatti per un gioco dai ritmi intensi e stabilmente alti, sviluppati sul verticale, e per l’aggressività usata nell’affrontare gli avversari: raramente si è vista una squadra volutamente sulla difensiva, anche nelle partite più rischiose.
Nonostante queste caratteristiche, i numeri all’apparenza suggeriscono qualcosa di diverso. Il Milan ha infatti concluso con il quarto attacco del campionato, dopo Inter, Lazio e Napoli. È terzo per tiri effettuati, settimo per possesso palla e tredicesimo per distanza media coperta a partita. I suoi due migliori marcatori, Rafael Leao e Olivier Giroud, hanno segnato 11 gol ciascuno e nella classifica marcatori sono diciassettesimo e ventesimo.
La difesa, invece, è stata la migliore del campionato per numero di gol subiti (31), ma insieme al Napoli e con un solo gol subito in meno dell’Inter. La solidità dimostrata negli ultimi mesi è stata però evidente e inizialmente aveva sorpreso anche Pioli, che non si aspettava così tante partite concluse senza prendere gol, considerando l’impostazione offensiva data alla squadra.
La “normalità” suggerita dai dati evidenzia però le capacità di gestione e di controllo del risultato mostrate durante l’anno, e soprattutto l’efficacia negli scontri diretti disputati contro Inter, Napoli, Juventus, Lazio, Roma e Atalanta, contro cui il Milan ha rimediato soltanto una sconfitta, contro il Napoli: gli altri scontri diretti, nel complesso tra andata e ritorno, li ha vinti tutti, ad eccezione del doppio pareggio contro la Juventus.
Proprio in difesa si concentrano i giocatori più decisivi nel corso della stagione, tutti acquistati negli ultimi tre anni. Il portiere Mike Maignan è stato il migliore nel suo ruolo al primo anno in Serie A, in cui era arrivato la scorsa estate come sostituto di Gianluigi Donnarumma. Fikayo Tomori è stato uno dei migliori centrali difensivi della stagione, fondamentale nei recuperi e negli uno-contro-uno: con lui in campo il Milan ha terminato 13 partite senza subire gol. Il terzino Theo Hernandez, nonostante le caratteristiche offensive e da regista di fascia, ha avuto anche un impatto in difesa, dove negli anni trascorsi in Italia è migliorato molto.
La fascia sinistra è stata inoltre il punto di forza del Milan in chiave offensiva, con l’esterno d’attacco Rafael Leao che in questa stagione si è affermato come uno dei giocatori più tecnici e atletici in circolazione, coinvolto nella maggior parte delle azioni da gol e autore di assist e reti in egual misura. In un campionato di Serie A che non salta all’occhio per qualità dei singoli e giocatori di fantasia, Leao è stato il giocatore più decisivo, e per questo è stato premiato come miglior giocatore in assoluto.
Per Pioli il primo Scudetto da allenatore — a cui verrà associato a lungo, per i meriti che gli vengono attribuiti — è arrivato a vent’anni dal ritiro da calciatore e dalla prima esperienza in panchina. Nel Milan era stato preso inizialmente come rimpiazzo, dopo l’esonero di Marco Giampaolo agli inizi della stagione 2019/20. La società lo avrebbe dovuto sostituire successivamente con il manager tedesco Ralf Rangnick, ma visti i risultati sempre migliori ottenuti specialmente nel primo periodo della pandemia, si era guadagnato la conferma ed era rimasto, inizialmente anche con qualche scetticismo.
Con lui il Milan ha però costruito una squadra via via sempre più vincente, senza mai sbagliare investimenti nel mercato e trovando le soluzioni giuste ad assenze e necessità tattiche, come ad esempio lo spostamento al centro della difesa del ventunenne Pierre Kalulu in sostituzione dell’infortunato Simon Kjaer, ritenuto fin lì insostituibile. È stato inoltre decisivo il sostegno di alcuni giocatori più esperti e di personalità, come lo stesso Kjaer ma soprattutto Zlatan Ibrahimovic, il cui arrivo ha avuto un impatto enorme sia in campo, almeno prima dei recenti problemi fisici, sia all’interno del gruppo, di cui è diventato leader carismatico. Dopo aver aiutato a riportare lo Scudetto al Milan dopo undici anni, Ibrahimovic, che di anni ne ha 40, deciderà nelle prossime settimane se smettere o continuare.
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