Le multe ai non vaccinati stanno creando un po’ di problemi
Molte sanzioni sono state inviate per errore e la procedura per fare ricorso è piuttosto complicata e coinvolge istituzioni diverse
Negli ultimi giorni moltissime persone con più di 50 anni hanno ricevuto la sanzione inviata dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADER) a chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale in vigore dal primo febbraio. Finora l’ADER ha inviato quasi 1,2 milioni di sanzioni da 100 euro: 600mila nel mese di aprile e 600mila negli ultimi giorni. È previsto l’invio di un’altra quota nelle prossime settimane.
Il problema è che molte di queste persone sono vaccinate e hanno ricevuto la sanzione per sbaglio: le procedure complicate, gli errori e le diverse interpretazioni delle norme stanno creando non pochi problemi alle aziende sanitarie chiamate a fare da intermediarie in un processo piuttosto caotico.
L’obbligo vaccinale era stato introdotto dal primo febbraio per tutte le persone con più di 50 anni non vaccinate. Era previsto che fosse sanzionato non soltanto chi non aveva aderito alla campagna vaccinale, ma anche chi non aveva completato il ciclo vaccinale secondo i tempi stabiliti: per esempio, chi entro il primo febbraio aveva fatto la prima dose ma non la seconda, o chi aveva fatto le prime due ma poi aveva lasciato scadere il Green Pass senza fare la dose di richiamo. Al momento sono 1,7 milioni le persone con più di 50 anni che non hanno aderito alla campagna vaccinale.
Secondo i dati pubblicati da Repubblica, non c’è una particolare distribuzione territoriale delle sanzioni: le regioni dove ne sono state inviate di più sono anche le più popolose. La prima è la Lombardia con 169.102 sanzioni, seguono il Lazio con 131.100 e la Campania con 110.866.
I controlli sono stati complicati fin dall’inizio per via delle esenzioni dal vaccino: la maggior parte dei certificati di esenzione, temporanei o definitivi, non sono infatti stati raccolti e archiviati. Per questo motivo, anche chi è esente ha ricevuto la multa e ha dovuto dimostrare successivamente di non rientrare nell’obbligo: secondo la legge, la persona multata ha dieci giorni di tempo per inviare all’azienda sanitaria eventuali esenzioni o prove di errori.
Se la procedura fosse gestita esclusivamente dalle aziende sanitarie sarebbe più semplice e lineare, invece a causa del carattere sanzionatorio dell’obbligo vaccinale è stata coinvolta anche l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, che si occupa di notificare le multe.
I passaggi sono quindi tre: l’azienda sanitaria gestisce la persona da vaccinare da cui ottiene i dati, che vengono poi inviati al ministero della Salute che a sua volta li condivide con ADER. In queste fasi possono esserci problemi come la mancata corrispondenza del codice fiscale con la tessera sanitaria, la compilazione sbagliata di dati o ancora la mancata archiviazione di documenti come i certificati di esenzione o i referti di positività che consentono di posticipare la vaccinazione.
Nelle ultime settimane sono stati segnalati moltissimi errori: le sanzioni sono state inviate a persone che erano state vaccinate mesi fa, a persone con meno di 50 anni, a chi è stato vaccinato all’estero e la cui somministrazione non risulta nei database, a chi si è ammalato di COVID-19 e quindi deve aspettare prima di ricevere il vaccino, e addirittura a persone morte da diversi anni.
Un altro problema riguarda la diversa interpretazione delle norme. Alcune aziende sanitarie, per esempio, hanno accettato i ricorsi delle persone vaccinate con la terza dose entro il mese di febbraio. Secondo le regole, invece, anche i ritardatari dovrebbero pagare la multa, come hanno previsto altre aziende sanitarie che hanno applicato la legge alla lettera.
– Leggi anche: L’obbligo vaccinale, spiegato
Da una prima ricognizione parziale, le percentuali di accoglimento dei primi ricorsi vanno dal 50 all’80 per cento. Finora è stata respinta oltre metà delle sanzioni.
C’è poi un’altra questione legata alla procedura che sta complicando le cose. Il decreto prevede che i ricorsi debbano essere inviati all’azienda sanitaria locale. Nelle ultime settimane, però, circa 85mila persone si sono rivolte al ministero della Salute, un passaggio che ha causato perdita di tempo e il rischio che alla fine molti ricorsi non siano presentati nei tempi previsti. A causa di questa organizzazione si verifica il paradosso per cui una persona multata deve inviare all’azienda sanitaria documenti – esenzioni, certificazioni e referti – prodotti dalla stessa azienda sanitaria.
La gestione dei ricorsi da parte delle aziende sanitarie locali è il motivo per cui non si conoscono i dati precisi a livello nazionale di quante persone si siano opposte alle sanzioni.
Oltre a comunicare l’esenzione o l’avvenuta vaccinazione all’azienda sanitaria, la persona che ritiene di essere stata multata ingiustamente deve comunicare all’ADER di aver chiarito la sua posizione. Entro altri successivi dieci giorni l’azienda sanitaria deve poi dire all’Agenzia delle Entrate-Riscossione se confermare la sanzione oppure no. Se viene confermata, l’ADER delle Entrate deve comunicare l’addebito alla persona multata entro 180 giorni.
Le fasi successive non sono meno complicate: la persona sanzionata ha 60 giorni per pagare oppure 30 giorni per presentare un ricorso al giudice di pace. Nel caso di sentenza non favorevole del giudice di pace, questa persona potrebbe essere condannata al pagamento delle spese di giudizio. Avrebbe comunque poi la possibilità di presentare un ulteriore appello entro 30 giorni dalla notifica della sentenza del giudice di pace. Se una persona decide di vaccinarsi dopo aver ricevuto la comunicazione dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione deve comunque pagare la multa.
Non è ancora chiaro cosa succederà ai ricorsi a partire dal 15 giugno, giorno in cui scadrà l’obbligo vaccinale per le persone con più di 50 anni, per gli insegnanti e il personale scolastico, e per le forze dell’ordine. Il vaccino continuerà a essere obbligatorio fino al 31 dicembre soltanto per i medici, il personale sanitario e delle Rsa.