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  • Sabato 21 maggio 2022

Greta Thunberg sta cambiando approccio

Dopo essere stata al centro dell'attenzione, vuole che si parli meno di lei e molto di più dei gruppi di attivisti nei paesi che già subiscono gli effetti della crisi climatica

Greta Thunberg (Christopher Furlong / Getty Images)
Greta Thunberg (Christopher Furlong / Getty Images)
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La grande esposizione mediatica ricevuta negli ultimi anni ha spinto Greta Thunberg a ridurre drasticamente la propria presenza sui media, con l’obiettivo di fare emergere le molte voci di altri giovani attivisti e attiviste che in tutto il mondo organizzano incontri e iniziative per parlare di crisi climatica e non solo. Il cambiamento è avvenuto soprattutto in questi due anni di pandemia, come spiega un lungo articolo di Politico, ed è derivato non solo da maggiori prese di consapevolezza di Thunberg, che ora ha 19 anni, ma anche dalle limitazioni poste dalla pandemia a incontrarsi e organizzare grandi eventi nelle città.

Negli ultimi anni Greta Thunberg è diventata l’attivista più discussa e ascoltata sui temi del cambiamento climatico non solo dai movimenti ambientalisti, ma anche da capi di governo e politici, spesso criticati per non fare abbastanza nei loro paesi per ridurre le emissioni inquinanti. Il suo successo è derivato in larga parte dalle enormi attenzioni dei media, che in proporzione hanno dedicato molto meno spazio ai milioni di studenti che con “Fridays for future”, l’iniziativa ideata dalla stessa Thunberg, chiedono ai decisori politici di agire sull’emergenza climatica.

“Fridays for future” deriva dalla protesta avviata da Thunberg in Svezia il 20 agosto del 2018, quando decise di non presentarsi più a scuola fino al 9 settembre seguente, giorno delle elezioni politiche, chiedendo al governo di occuparsi più seriamente del cambiamento climatico, adottando politiche più incisive per ridurre le emissioni di anidride carbonica. La protesta era nata in seguito a un’estate particolarmente calda in Svezia, che aveva portato a numerosi ed estesi incendi.

Invece di andare a scuola, ogni giorno Thunberg si presentava davanti alla sede del Parlamento svedese a Stoccolma mostrando un cartello con la scritta “Skolstrejk för klimatet” (“Sciopero scolastico per il clima”). Dopo le elezioni politiche, Thunberg tornò a frequentare la scuola, assentandosi comunque di venerdì per proseguire la propria protesta. La notizia del suo particolare sciopero iniziò a essere ripresa dai mezzi di comunicazione e nel tempo molti altri studenti, inizialmente per lo più europei, iniziarono a seguirne l’esempio organizzando manifestazioni simili, che sarebbero poi diventate via via più strutturate con un coordinamento internazionale nell’ambito di “Fridays for future”.

Thunberg ne faceva parte e collaborava all’organizzazione delle iniziative, il cui argomento principale era: la scienza ha ormai ampiamente dimostrato che il riscaldamento globale è causato soprattutto dalle attività umane, le soluzioni per ridurre le emissioni sono sempre più disponibili, le generazioni prima della nostra devono farsi carico di affrontare da subito il problema, prima che i suoi effetti affliggano nei prossimi anni le nuove generazioni.

Era un messaggio piuttosto semplice e diretto, ma mostrava chiaramente di essere maturato in una parte del mondo, l’Occidente, dove gli effetti del riscaldamento globale sono ancora contenuti e incomparabili con altre aree del pianeta dove si verificano già eventi estremi a causa del cambiamento del clima.

Come racconta Politico, tra il 2018 e il 2019 Thunberg sembrava essere molto informata e attenta alle evidenze scientifiche intorno all’emergenza climatica, ma meno consapevole delle implicazioni nei luoghi dove già le popolazioni devono fare i conti con grandi disagi. Le cose iniziarono a cambiare nel corso del viaggio di Thunberg negli Stati Uniti nel 2019, molto seguito dai media anche in seguito alla decisione di raggiungere il paese in barca a vela e non con un aereo di linea (l’aviazione civile comporta alti livelli di emissioni di gas serra).

Greta Thunberg a una conferenza stampa al Campidoglio, a Washington, durante l’intervento del senatore Ed Markey, presidente della Task Force del Senato sui cambiamenti climatici, 17 settembre (AP Photo/J. Scott Applewhite)

Incontrando persone appartenenti a minoranze e di differenti estrazioni sociali a New York e in altre zone degli Stati Uniti, Thunberg iniziò a comprendere che il messaggio non potesse essere solo sulle evidenze scientifiche, ma anche su ciò che significa il cambiamento climatico per le persone e non nel futuro, ma nel presente. Questa nuova visione continuò a espandersi nei due anni di pandemia, quando i numerosi lockdown in giro per il mondo per ridurre i contagi da coronavirus resero via via più difficile l’organizzazione di grandi eventi di piazza, con centinaia di migliaia e a volte milioni di partecipanti dei “Fridays for future”.

Buona parte dell’attivismo si spostò online, con l’organizzazione di eventi in streaming e soprattutto di videocall tra i volontari per discutere su come mantenere coinvolti i partecipanti, anche se a distanza. Per Thunberg fu l’occasione per entrare in contatto con responsabili di gruppi di attivisti in altre aree del mondo, dove il cambiamento climatico ha già portato a frequenti eventi estremi, come lunghi periodi di siccità o alluvioni. Dovendo affrontare problemi urgenti, gli attivisti in Uganda, in India o nelle Filippine avevano idee diverse da quelle di Thunberg e di altri su che cosa significasse affrontare l’emergenza climatica.

Scrive Politico:

Disha Ravi, un’attivista dall’India, disse che insieme ad altri da parti povere del mondo rimase sorpresa dalla mancanza di comprensione da parte dei loro nuovi amici su cosa significhi vivere quotidianamente con il cambiamento climatico. Nel suo modo di vedere, il movimento ambientalista era “una cosa da bianchi” e “Fridays for future” non faceva eccezione.

Quando due tifoni minacciarono la zona in cui viveva Tan [Mitzi Jonelle Tan, un’altra attivista] nelle Filippine alla fine del 2020, i volontari occidentali le inviarono una lista delle cose da fare in caso di emergenza. Una di queste diceva di riempire la vasca da bagno con acqua, in modo da averne nel caso in cui la sua abitazione fosse rimasta isolata e senza acqua potabile. Spiega Tan: «Pensai: non ho una vasca da bagno. È roba da persone davvero ricche. E l’acqua dei nostri lavandini non è potabile. Ne rimasero così sorpresi».

Thunberg e altri volontari – che occorre ricordare sono per lo più adolescenti e con esperienze limitate che giustificano alcune ingenuità – trassero importanti lezioni da questi scambi di conoscenze, capendo quanto la comunicazione dei problemi intorno al cambiamento climatico non potesse comprendere solamente gli aspetti scientifici, ma anche le numerose implicazioni politiche e la loro grande varietà a seconda delle varie parti del mondo. In precedenza il confronto politico era stato tenuto di frequente fuori dai dibattiti interni di “Fridays for future”, soprattutto per evitare strumentalizzazioni e mantenere un messaggio chiaro e lineare sui temi dell’ambiente.

I media intanto continuavano a dare grande attenzione a Thunberg, soprattutto ai suoi discorsi molto duri nei confronti dei capi di governo e dei leader politici, dedicando meno attenzioni ad attiviste e attivisti da altre aree del mondo, che cercavano di condividere le loro esperienze e i loro problemi. Lo disse chiaramente la stessa Thunberg nel corso di un evento organizzato lo scorso anno a Milano in vista della COP26 di Glasgow (Scozia), l’importante conferenza internazionale sul clima organizzata insieme all’Italia. Riferendosi alla politica e ai mezzi di comunicazione disse: «Scelgono attentamente un po’ di persone giovani da portare a incontri come questi, poi fanno finta di darci retta».

In quella occasione Thunberg disse anche: «Ricostruire meglio: bla, bla, bla. Green economy: bla, bla, bla. Emissioni zero entro il 2050: bla, bla, bla», implicando che quelle della politica sul clima fossero solo parole senza azioni concrete. Il suo «bla, bla, bla» sarebbe stato poi ripreso a Glasgow dal primo ministro britannico Boris Johnson, quando invitò i paesi partecipanti ad agire proprio per evitare che gli impegni rimanessero solamente parole. Anche in quel caso la citazione aveva portato a parlare molto di Thunberg e meno degli altri gruppi di attiviste e attivisti.

Negli ultimi mesi, Greta Thunberg ha cercato di ridurre la propria presenza sui mezzi di comunicazione, cercando al tempo stesso di promuovere e far conoscere le altre persone che fanno parte di “Fridays for future” e di altri movimenti che si occupano del cambiamento climatico. Già alla COP26 e in altri eventi pubblici si era presentata con altri gruppi di attivisti, lasciando loro spazio davanti alle telecamere e provando a vincere la tendenza di giornali e televisioni a parlare solo di lei.

Dopo due anni di pandemia, in molte parti del mondo “Fridays for future” ha una minore visibilità rispetto a quanta ne avesse in precedenza e lo stesso vale per buona parte dei movimenti ambientalisti. L’emergenza sanitaria ha portato ad altre priorità, lasciando in secondo piano i temi ambientali, dei quali si è tornati a parlare solo negli ultimi mesi in seguito alla crisi energetica. La minore disponibilità di gas sta spingendo soprattutto l’Europa a rivedere la propria strategia energetica, con importanti opportunità per la produzione di energia da fonti meno inquinanti, ma anche con il rischio di scorciatoie che portino temporaneamente a produrre energia con sistemi più inquinanti.

Nei movimenti ambientalisti si è iniziato a discutere delle implicazioni della crisi energetica e del suo impatto sulle fasce più deboli della popolazione, con un acceso confronto sull’opportunità di affiancare questi temi a quelli dell’emergenza climatica. C’è chi ritiene che nello stesso confronto debbano anche essere prese in considerazione altre istanze, per esempio legate alla pandemia e alla disparità di accesso ai vaccini nelle varie aree del mondo, e ancora alle discriminazioni che subiscono le minoranze in molti paesi. Secondo alcuni osservatori i temi legati alla giustizia sociale potrebbero costituire una distrazione per il movimento ambientalista, mentre per altri non possono essere esclusi dal dibattito, considerato che riguardano spesso gli individui più esposti agli effetti del cambiamento climatico.