La trasvolata in solitaria dell’Atlantico di Amelia Earhart
Il 21 maggio del 1932 la grande aviatrice statunitense partì dal Canada su un monomotore, raggiungendo l'Irlanda del Nord 15 ore dopo
Il 21 maggio del 1932 la grande aviatrice statunitense Amelia Earhart divenne la prima donna ad attraversare l’oceano Atlantico con una trasvolata in solitaria, partendo dal Canada e arrivando in Irlanda del Nord circa 15 ore dopo. Earhart, morta nel luglio del 1937 mentre cercava di completare il giro del mondo in aereo, fu la seconda persona al mondo a compiere un volo in solitaria senza sosta sopra l’Atlantico dopo il pilota americano Charles Lindbergh, che lo aveva fatto per la prima volta esattamente cinque anni prima, tra il 20 e il 21 maggio del 1927.
Amelia Mary Earhart nacque il 24 luglio del 1897 ad Atchison, in Kansas, da una famiglia molto conosciuta in città. Durante l’infanzia, insieme alla sorella minore Grace, collezionava vermi: a lei però interessava il volo più di ogni altra cosa già da bambina.
Nel 1904 con l’aiuto di uno zio Earhart costruì una piccola rampa di lancio, che fu poi assicurata al capanno degli attrezzi di casa; si arrampicò sulla struttura e utilizzò una cassetta di legno per lanciarsi. L’impresa durò pochi istanti e l’atterraggio fu disastroso, ma Earhart riuscì a cavarsela con solo qualche ammaccatura. Secondo i suoi biografi, quello fu il primo volo documentato della pioniera dell’aviazione. Il primo aeroplano vero lo vide quando aveva una decina di anni alla Fiera dell’Iowa a Des Moines, dove si erano trasferiti i genitori per motivi di lavoro.
Nel 1916 si diplomò a Chicago, dove era andata ad abitare con la madre, con Grace e con l’altra sorella Muriel, e l’anno successivo cominciò a lavorare per la Croce Rossa a Toronto, in Canada. Riprese a studiare alla Columbia University – medicina, con poca convinzione – e alla fine del 1920 visitò un campo di volo di Long Beach, volando per la prima volta su un aeroplano per una decina di minuti. L’esperienza la impressionò molto e la spinse a fare molti lavori diversi per mettere insieme i mille dollari necessari per pagare le lezioni di volo. Per non sfigurare con gli altri piloti maschi peraltro Earhart dormì per tre notti con il giubbotto da aviatore per dargli un aspetto più usato e si tagliò i capelli corti, come li portavano altre pioniere del volo all’epoca.
Imparò in fretta le tecniche per pilotare un aereo in volo e acquistò un biplano di seconda mano di colore giallo, che chiamò “Il Canarino”. Alla fine del 1922 portò il suo aereo a un’altitudine di 4.300 metri, stabilendo un nuovo record per le pilote donne, e la primavera successiva ottenne il patentino di volo: fu la sedicesima donna a riceverne uno dalla Federazione Aeronautica Internazionale.
In quegli anni Earhart continuò a fare vari lavoretti che le consentirono di mantenere la propria passione per il volo, e nel 1928 fu coinvolta in un ambizioso progetto per compiere una traversata dell’Atlantico in aereo con altre persone, come aveva fatto l’anno precedente Lindbergh. L’operazione fu un successo: la squadra raggiunse il Galles dopo essere partita dalla provincia di Terranova e Labrador (Canada) in 20 ore e 40 minuti. Earhart però fu sostanzialmente una passeggera perché non aveva la giusta formazione per guidare il Fokker scelto per la traversata.
La trasvolata le diede comunque un enorme successo, soprattutto negli Stati Uniti, dove la stampa raccontò la sua impresa e i pubblicitari utilizzarono la sua immagine per promuovere diversi prodotti. La fama le permise di ottenere nuovi fondi per finanziare le sue iniziative legate al volo, comprese le campagne per incentivare le donne a pilotare.
Alla fine degli anni Venti Earhart fu la prima donna a pilotare un aereo da una costa all’altra del Nord America e ritorno e negli anni seguenti partecipò anche ad alcune competizioni di velocità, stabilendo nuovi record. Nel 1932, a 34 anni, si dedicò quindi al suo obiettivo più ambizioso: la prima trasvolata dell’Atlantico realizzata da una donna in solitaria.
Come nel caso della traversata del 1928 scelse di partire dall’isola di Terranova, da Harbour Grace, e come meta finale stabilì di arrivare nella capitale della Francia, Parigi. Il 20 maggio comprò un giornale locale che portò con sé in volo per testimoniare la data della partenza e quindi salì a bordo del suo monomotore, un Lockheed Vega 5B: riuscì a portare a termine la trasvolata in 14 ore e 56 minuti, atterrando però a nord di Derry, in Irlanda del Nord, a causa delle condizioni meteo.
Nel 1935 Earhart fu la prima persona al mondo a compiere una traversata dalle Hawaii alla California e subito dopo cominciò a pianificare un’altra impresa estremamente ambiziosa: il giro del mondo in aereo in solitaria, completato per la prima volta dall’aviatore statunitense Wiley Post nel 1933. Dal momento che però non sarebbe stata la prima persona a farlo, scelse un itinerario più lungo, di circa 47mila chilometri.
Fece un primo tentativo nel marzo del 1937, che però non andò a buon fine. Ci riprovò il successivo 2 luglio partendo da Lae, in Papua Nuova Guinea, da cui avrebbe dovuto raggiungere l’isola di Howland, un piccolo atollo in mezzo dell’oceano Pacifico.
A causa di alcuni problemi tecnici, le comunicazioni tra l’aereo di Earhart e la motovedetta della Guardia costiera statunitense che avrebbe dovuto darle indicazioni via radio furono disastrose. Dall’aereo non arrivò più alcun segnale, e lei fu data per dispersa. Le ricerche delle settimane seguenti, peraltro molto costose, non portarono ad alcun risultato. La morte di Earhart fu formalmente dichiarata il 5 gennaio del 1939.
La fine della pioniera dell’aviazione statunitense, avvenuta in condizioni che ancora oggi sono poco chiare, ha ispirato innumerevoli teorie del complotto, miti e leggende metropolitane, che hanno spesso portato in secondo piano le sue imprese e la loro importanza nello sviluppare una cultura del volo a inizio Novecento. Alcuni sostengono che Earhart avrebbe passato i suoi ultimi giorni sull’isola di Nikumaroro, un’isola deserta nel Pacifico: uno studio pubblicato nel 2018 proverebbe che alcune ossa e vari oggetti trovati sull’isola nel 1940 appartenessero a lei.
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