Senza questa galleria il Comelico teme di rimanere isolato
Sarà parzialmente chiusa per migliorarne la sicurezza, ma gli abitanti della valle in provincia di Belluno vorrebbero un'alternativa
Pochi chilometri oltre Lozzo di Cadore, in provincia di Belluno, si trova lo svincolo che porta alla galleria del Comelico, l’unico collegamento tra il Cadore e il Comelico, un territorio chiuso tra il Veneto, il Friuli Venezia Giulia, il Trentino-Alto Adige e l’Austria. La galleria, lunga 4 chilometri, fu inaugurata nel 1986: già pochi mesi dopo, però, iniziò ad avere problemi di infiltrazioni d’acqua e negli ultimi vent’anni è stata chiusa in più occasioni per diversi rattoppi. Ma oggi le sue condizioni sono pessime, al punto da aver spinto Anas a progettare lavori di manutenzione imponenti.
Ad eccezione dello scavo, che ovviamente c’è già, la galleria andrà rifatta quasi completamente. Le conseguenze per le 6.884 persone che abitano nei cinque comuni del Comelico – Santo Stefano di Cadore, Comelico Superiore, San Nicolò di Comelico, Danta di Cadore e San Pietro di Cadore – saranno notevoli: per almeno un anno, forse due, i collegamenti tra il Cadore e il Comelico saranno complicati. Chi ci abita teme l’isolamento forzato.
Questa vicenda è piuttosto rappresentativa dei rischi che nei prossimi anni potrebbero affrontare molte altre zone nel resto d’Italia. Le infrastrutture costruite più di 30 anni fa sono vecchie e in alcuni casi fatiscenti, insicure. Ponti, viadotti, strade, muri di sostegno, sottopassi, gallerie: moltissime opere hanno bisogno di manutenzione costante, se non di essere abbattute e ricostruite.
Gli incidenti avvenuti negli ultimi anni dimostrano che per molto tempo c’è stata una certa sottovalutazione dei problemi: soltanto dopo il crollo del ponte Morandi a Genova, che nel 2018 causò 43 morti, le Province hanno disposto una ricognizione sullo stato delle infrastrutture. Il rinvio di lavori necessari comporta diverse conseguenze, tra cui un rischio di incidenti più alto. Ma i ritardi incidono anche perché più l’attesa è lunga e più servono tempo e soldi per le riparazioni.
Nel Comelico, per esempio, la galleria non può più attendere: Anas dice che i lavori sono “improcrastinabili“. Deve essere consolidata la volta, sarà costruito un nuovo rivestimento e un nuovo arco rovescio, ovvero la struttura curva che sta al di sotto della carreggiata e che ha la funzione di chiudere l’arco di cemento armato. Saranno rifatti gli impianti di ventilazione, videosorveglianza, illuminazione, il sistema antincendio e le colonnine per la chiamata SOS.
I lavori, spiega Anas, devono essere fatti nel più breve tempo possibile e una volta conclusi «innalzeranno sensibilmente gli standard di sicurezza della circolazione stradale lungo l’importante arteria di montagna, su cui sono in corso numerosi interventi di ammodernamento». Il rifacimento della galleria costerà 65 milioni di euro.
Anche per gli abitanti del Comelico il prezzo da pagare sarà molto alto, e non solo a livello economico. Nei primi incontri con i sindaci, lo scorso autunno, i rappresentanti di Anas hanno dato un’idea precisa dei tempi: un intervento così radicale impone la chiusura totale della galleria per 545 giorni oppure una chiusura parziale per 745 giorni, due anni. La chiusura parziale consiste nell’apertura al traffico per 14 ore al giorno, dalle 6 alle 20, ma con un senso unico alternato ogni 30 minuti. Le previsioni di Anas si basano sui rilievi sul traffico fatti negli ultimi mesi.
L’unica strada alternativa al momento percorribile, la provinciale 523 del passo di Sant’Antonio (”’d Sant Antone”), è lunga, ripida, tortuosa e pericolosa. Di fatto, è una strada di montagna con cui è possibile raggiungere il Cadore in poco più di un’ora rispetto ai consueti dieci minuti. Tra le altre cose, dalla strada del passo di Sant’Antonio non possono passare i tir che trasportano il legname raccolto in gran quantità dopo la tempesta Vaia e l’epidemia di bostrico.
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L’attività dei boscaioli, tuttavia, costituisce soltanto una piccola parte degli eventuali danni all’economia del Comelico, un territorio che ogni anno ospita migliaia di turisti nei mesi estivi e invernali.
Sulla base dei dati elaborati dalla Camera di Commercio di Treviso e Belluno, che stimano un calo medio del PIL locale del 40 per cento per quattro anni in caso di chiusura della galleria, il danno subito dalla popolazione e dalle attività produttive sarà di circa 200 milioni di euro. «Una chiusura totale o parziale della galleria Comelico pregiudica irreparabilmente la già fragile e precaria economia locale, esclude il Comelico dai corridori turistici italiani ed esteri e lede il diritto all’efficiente assistenza sanitaria ed alla salute di residenti ed ospiti, pregiudicando in taluni casi il diritto alla vita», ha detto la Cisl Veneto.
Francesco De Bettin, imprenditore della zona, guida un’azienda di “servizi tecnici e tecnologici a supporto della gestione del ciclo di vita di opere ed infrastrutture”, con 700 dipendenti e 20 sedi in Italia. Dallo scorso febbraio è presidente dell’associazione Comelico Nuovo, nata per portare all’attenzione dell’opinione pubblica del luogo i danni causati dalla chiusura della galleria e sollecitare Anas e le istituzioni a trovare soluzioni alternative.
De Bettin dice che non bisogna essere dei fini economisti per prevedere cosa succederà: i turisti non potranno più arrivare, gli artigiani e i professionisti dovranno andarsene, le poche aziende chiuderanno. Anche i negozi di vicinato rischiano di scomparire.
Nel Comelico ci sono due scuole superiori frequentate da studenti che arrivano dal Cadore. Sono 2.500 gli abitanti che ogni giorno percorrono la galleria per andare al lavoro o a scuola. «Io sono nato lì e morirò lì», dice De Bettin. «Ma i giovani saranno costretti a spostarsi. Alla fine di questi due anni la galleria non servirà più perché il nostro territorio sarà distrutto». L’associazione ha promosso una raccolta firme a cui in poco tempo hanno aderito oltre mille persone.
Gli abitanti sono preoccupati anche per come dovranno essere ripensate le emergenze sanitarie. L’ospedale più vicino è a Belluno e negli ultimi anni sono state salvate molte vite grazie all’intervento dell’elisoccorso. Quando nevica o c’è nebbia, però, l’elicottero non può volare e l’unica alternativa è l’ambulanza il cui intervento sarà molto limitato dai lavori.
L’associazione Comelico Nuovo e molti amministratori locali hanno proposto una soluzione alternativa che garantirebbe un impatto minore sul territorio: il recupero della vecchia strada provinciale chiamata “dla Val”, accanto al fiume Piave, abbandonata dopo l’apertura della galleria. Anche in questo caso i lavori sarebbero piuttosto costosi: 60 milioni di euro. Un’altra ipotesi sarebbe recuperare via via tratti della strada provinciale prevedendo un percorso con un passaggio tra galleria e vecchia strada, come accade durante i lavori sulle autostrade.
In un incontro di fine aprile, il quinto organizzato negli ultimi mesi, i sindaci del Comelico hanno chiesto ad Anas di lasciare la galleria aperta fino a quando non sarà sistemata la vecchia strada provinciale. Anas, che valuterà la possibilità di farsi carico della progettazione, ha risposto però che non si può tenere ancora aperta la galleria così a lungo. L’unica concessione che è stata fatta è il rinvio dell’apertura del cantiere in autunno, in modo da evitare gli effetti della chiusura durante i mesi estivi.
Durante l’ultimo confronto tra i sindaci e Anas si è discusso anche del possibile utilizzo di un tunnel dell’Enel che oggi è a servizio dell’impianto idroelettrico del lago di Tudaio. Secondo il presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin, la chiusura della galleria e l’isolamento forzato del Comelico avrà conseguenze anche per le valli limitrofe, con un danno notevole per una parte significativa della provincia.