Sui siti d’incontri indiani un sacco di persone si spacciano per ebree
Sono milioni, anche se in India ne vivono solo 5mila: c'entrano alcuni stereotipi sugli ebrei, diversi da quelli che abbiamo in Occidente
In India si stima che vivano circa 5mila ebrei: sono pochissimi, meno dello 0,0004 per cento della popolazione totale. Eppure sui siti d’incontri, spesso finalizzati a organizzare matrimoni, ci sono milioni di profili di persone che si definiscono ebree. È un fenomeno piuttosto insolito che ha diverse spiegazioni, fra cui il fatto che in India il grado di conoscenza della storia ebraica non è esattamente altissimo.
Su Shaadi.com, uno dei principali siti di incontri in India, su 35 milioni di utenti circa 3,5 milioni si definiscono ebrei: 700 volte di più di tutti gli ebrei che ci sono in India. Lo stesso sito si definisce «il servizio matrimoniale per ebrei numero 1 al mondo»; su Bharatmatrimony.com, un altro sito simile, moltissimi profili inseriscono la descrizione di “ebreo”, e si definiscono ebree, in maniera un po’ sospetta, persone che appartengono a gruppi etnici composti principalmente da musulmani o induisti.
Come ha spiegato su Haaretz Sayan Lodh, ricercatore che si occupa di ebrei indiani, è chiaramente improbabile che così tanti indiani che si definiscono ebrei sui siti di incontri lo siano davvero.
Lodh sostiene che molti indiani si definiscano ebrei sui siti di incontri per smarcarsi, per esempio, dal rigido e polarizzato binarismo tra induismo e Islam che generalmente caratterizza l’ambito delle confessioni religiose indiane: non trovando l’opzione “ateo”, in molti usano “ebreo” come scelta neutra.
Altri ancora usano “ebreo” come un aggettivo qualunque, a volte addirittura dicendosi ebrei mentre poco prima nella biografia si sono descritti o descritte come fedeli di un’altra religione: e la fede in un altro dio è un elemento incompatibile con la religione ebraica.
Una possibile spiegazione di questo fenomeno è legata a quella che Lodh e alcuni studiosi definiscono una «ammirazione filosemitica», chiamata anche «ebraismo immaginato», presente in diverse parti dell’Asia. Consiste, di fatto, in una serie di stereotipi positivi associati alle persone ebree, per esempio la credenza che siano mediamente più intelligenti delle altre, o particolarmente abili ad arricchirsi: caratteristiche ritenute desiderabili agli occhi di un possibile partner.
Queste generalizzazioni, scrive Lodh, sono in parte incoraggiate dalla scarsa familiarità che molti indiani hanno con gli ebrei e col modo in cui in Occidente questi stereotipi sono stati usati, di fatto, per alimentare l’antisemitismo e perseguitare gli ebrei.
Navras J. Aafreedi, storico della Presidency University di Calcutta, ha spiegato per esempio che anche il termine “Hitler”, parallelamente a “ebreo”, è soggetto a banalizzazioni e generalizzazioni nella cultura popolare indiana, dove viene spesso usato per indicare qualcuno dal carattere particolarmente dispotico o autoritario. Anche in questo caso, probabilmente, a causa del fatto che non tutti sanno esattamente chi sia stato Hitler e di cosa si sia reso responsabile, e molti lo vedono semplicemente come un forte leader: Aafreedi dice per esempio che sui social diversi indiani e pakistani mettono “Hitler” come primo nome, dando a questa parola una connotazione positiva, di forza, assertività e vigore.
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