Il vecchio caso irrisolto di Evi Anna Rauter ha avuto uno sviluppo inaspettato
La giovane donna altoatesina scomparsa nel 1990 sarebbe morta in Spagna, ma capire cosa successe davvero sarà difficile
Si pensa di aver scoperto dopo 32 anni che cosa accadde a Evi Anna Rauter, una ragazza diciannovenne di Lana, un paese di 12mila abitanti in Alto Adige, che scomparve nei primi giorni di settembre del 1990. Il corpo di una giovane donna che il giorno dopo era stato trovato impiccato a un albero in Costa Brava, in Spagna, finora mai identificato, è stato recentemente collegato alla scomparsa di Rauter grazie a due trasmissioni, una spagnola e una austriaca.
Trentadue anni fa, tra fine agosto e i primi di settembre, Rauter partì da Lana per passare qualche giorno a Firenze dalla sorella che studiava all’università. Rauter si era diplomata a giugno in ragioneria, e quell’estate era stata in vacanza con alcune amiche in Irlanda: avrebbe dovuto iniziare a lavorare l’11 settembre in una ditta di Merano. Il 31 agosto, un venerdì, arrivò a Firenze e con la sorella passò il fine settimana visitando la città. Lunedì 3 settembre fecero colazione insieme, alle nove la sorella uscì e Rauter le disse che le avrebbe lasciato un biglietto per dirle che cosa avrebbe fatto quel giorno.
Quando la sorella tornò a casa, poco prima delle 13, trovò un biglietto in cui era scritto: «Sono andata a Siena»: poi di Evi non si seppe più nulla. Quella sera la ragazza non rientrò a Firenze, e nemmeno il giorno dopo. I genitori arrivarono in Toscana e, con la sorella, denunciarono la scomparsa. Furono avviate ricerche a Firenze e Siena ma senza nessun risultato. Nella denuncia, Rauter era descritta come alta 1,70, con capelli castano chiaro, occhi grigio azzurri, corporatura normale, carnagione chiara. Dopo aver guardato quali vestiti mancassero nella sua valigia, la sorella concluse che doveva indossare una maglietta turchese, una salopette, sandali di plastica neri e un orologio digitale Casio. Disse anche che la ragazza aveva con sé 60mila lire.
Il 4 settembre 1990 alle 7.30 del mattino, cioè meno di 24 ore dalla sparizione in Italia di Rauter, nel piccolo comune spagnolo di Portbou venne trovato il corpo di una ragazza impiccato all’albero di una pineta, poco lontano da un campeggio. Il rapporto di polizia scrisse che la ragazza aveva un’età apparente di 25 anni: vennero prese le impronte digitali e furono scattate fotografie. Non fu invece prelevato il DNA perché nel 1990 in Spagna non era ancora stato adottato come metodo di indagine (in Italia venne utilizzato per la prima volta nel 1987 per l’omicidio di Lidia Macchi). La giovane donna inoltre non aveva documenti né denaro.
La polizia locale, anche in base alle conclusioni dell’anatomopatologo, ebbe dubbi sulla possibilità che si trattasse di un suicidio. Sulla suola delle scarpe non vennero trovate tracce compatibili con il terreno che circondava l’albero nella pineta; il volto della ragazza era poi rivolto verso il tronco, e non verso l’esterno come sarebbe stato più normale; infine, il cappio della corda sembrava fatto da una persona esperta.
Nessuno, allora, collegò quel cadavere alla scomparsa di Rauter. Il corpo trovato in Costa Brava venne sepolto nel cimitero di Figueras in una tomba anonima e dopo qualche mese la polizia archiviò il caso come suicidio. In Italia le ricerche di Evi Anna Rauter proseguirono ma senza che ci fosse mai un elemento utile a capire cosa fosse accaduto.
Poche settimane fa la trasmissione austriaca Ungelöst (significa “Irrisolto”), simile all’italiana Chi l’ha visto, ha mandato in onda un servizio dopo che il giornalista spagnolo Carles Porta, direttore della trasmissione Crims di TV3 e Catalunya Ràdio, aveva iniziato a interessarsi alla vicenda di quel corpo ritrovato 32 anni prima a Portbou. Porta, rileggendo i vecchi rapporti di polizia, aveva scoperto che nella pineta vicino a dove era stata trovata la ragazza erano accampati quel giorno sei ragazzi austriaci. Si era messo così in contatto con la redazione di Ungelöst.
Dopo aver visto la puntata di Ungelöst, andata in onda il 25 aprile scorso, una donna altoatesina che era in vacanza in quei giorni in Austria aveva scritto una mail alla trasmissione suggerendo la possibilità che il caso di Rauter fosse collegato a quello della giovane morta in Spagna.
Da quel momento in poi la vicenda è progredita velocemente. La redazione di Crims, avvertita dai colleghi austriaci, ha contattato la sorella di Evi Anna Rauter inviandole le foto dei vestiti e dell’orologio trovato sul corpo della ragazza di Portbou 32 anni fa. La sorella ha riconosciuto gli oggetti: salopette di jeans, maglietta turchese, scarpe nere e un orologio Casio.
Come ha detto Carles Porta, «è evidente che i meccanismi di coordinamento internazionale di polizia non hanno funzionato. In Italia la scomparsa era stata segnalata, in Spagna il ritrovamento registrato. È ovviamente un caso di negligenza». La famiglia Rauter nella denuncia di scomparsa aveva descritto indumenti e orologio indossati dalla ragazza. La stessa descrizione, con fotografie, era nel rapporto della polizia spagnola eppure non è mai stato fatto un collegamento. Entrambi i casi erano stati segnalati all’Interpol.
Restano comunque molte domande. Innanzitutto si dovrebbe ricostruire cosa accadde in quelle 20-22 ore circa tra l’uscita di casa a Firenze di Evi Anna Rauter e il ritrovamento del corpo a Portbou. Ed esiste anche l’ipotesi, considerando il rapporto della polizia dell’epoca, che non si sia trattato di suicidio. Per rispondere alle domande servirebbe però prima un’identificazione ufficiale e poi nuove analisi, con tecnologie moderne, sul corpo.
Il problema è che la polizia catalana ha scoperto che nel 1990, su ordine del tribunale, la salma venne sepolta nella nicchia numero 134 al quinto piano del primo reparto del cimitero di Figueres ma che poi, dieci anni dopo, venne spostata in una fossa comune. Questo potrebbe rendere molto difficile l’individuazione del corpo.