Perché il Festival di Cannes è il Festival di Cannes
Che cosa l'ha reso il più importante, seguito e rispettato al mondo, oggi che comincia la 75ª edizione
Inizia oggi la 75ª edizione del Festival di Cannes, che terminerà il 28 maggio e che torna a svolgersi in primavera, dopo che nel 2021 era stato spostato a luglio e dopo che nel 2020 non si era proprio svolto. Oltre alla collocazione stagionale tradizionale, quest’anno il Festival torna a pieno regime dopo un’edizione, quella dell’anno scorso, ancora assai condizionata dalla pandemia. Secondo qualcuno pure troppo, a pieno regime: sono attese decine di migliaia di appassionati, con molti ospiti internazionali e con tutto il contorno di eventi vari che sono parte centrale dell’essenza del Festival e dei suoi tanti modi di rappresentare e raccontare il cinema. Come ha scritto Vanity Fair con riferimento ai film in programma quest’anno:
Dove, se non a Cannes, si possono vedere uno sfarzoso film australiano su Elvis Presley [diretto da Baz Luhrmann], un febbrilmente atteso body horror futuristico di un eccentrico e amatissimo regista canadese [Crimes of the Future di David Cronenberg], una maestra del cinema francese dalla decennale carriera o un sadico della socialità svedese [il regista Ruben Östlund] che porta Woody Harrelson in un viaggio in barca [per il film Triangle of Sadness]?
A proposito di essenza, prima di arrivare ai film (in concorso e non) e ai calpestatori di tappeti rossi di quest’anno il 75° anniversario e il ritorno alla normalità di Cannes sono una buona occasione per capire perché, tra tanti festival di cinema in giro per il mondo, proprio Cannes è diventato (a seconda dei punti di vista insieme o davanti alla Mostra del cinema di Venezia) il più importante, atteso e seguito al mondo. È tutto merito del clima della Costa Azzurra, della Croisette e dei lussuosi alberghi, o c’è dell’altro? E ancora, quand’è e com’è che un piccolo festival cinematografico di una città di qualche decina di migliaia di abitanti è diventato quel che è ancora oggi? Perché il Festival di Cannes è più conosciuto e considerato di quelli di Locarno, Berlino o Edimburgo, tutti iniziati nello stesso periodo?
L’idea di fare un festival di cinema a Cannes – dove la Croisette esiste da secoli, dove molti lussuosi alberghi sono degli anni Dieci e Venti del Novecento e dove un secolo fa vivevano circa trentamila persone – venne nel 1938 al diplomatico francese Philippe Erlanger.
Dal 1932 già esisteva la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, che però era controllata in tutto e per tutto dal regime fascista: l’idea di Erlanger era quella di fare una cosa simile, ma libera. Come ha scritto il Guardian: il festival di Cannes fu «esplicitamente concepito come una kermesse di resistenza, come forma di reazione all’evento fascista di Venezia, che aveva avuto Joseph Goebbels come ospite d’onore e che aveva assegnato la Coppa Mussolini a un film di Leni Riefenstahl».
Il primo Festival di Cannes sarebbe dovuto iniziare il primo settembre del 1939, ma quello stesso giorno la Germania nazista invase la Polonia e l’evento fu annullato: alla fine la prima edizione si tenne nel 1946, dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Nei suoi primi anni, il Festival non andò troppo bene e per problemi di bilancio furono cancellate due edizioni, nel 1948 e nel 1950. Dal 1951 l’evento, che fino a quel momento si teneva a settembre, negli stessi giorni della Mostra di Venezia, fu spostato in primavera. Qualche anno fa il critico statunitense Todd McCarthy sintetizzò così l’idea di quello che ancora sessant’anni fa era il Festival di Cannes:
«Il 15 maggio 1960 al Festival di Cannes ci fu la prima mondiale di L’Avventura di Michelangelo Antonioni. L’unico critico cinematografico presente scrisse a macchina la sua recensione, la mise in una busta e la spedì a New York, dove fu pubblicata 10 giorni più tardi».
I grandi film e i grandi nomi già c’erano: quell’anno a vincere fu La dolce vita di Federico Fellini, premiato dalla giuria presieduta dallo scrittore Georges Simenon, e fuori concorso fu presentato Ben-Hur, uno dei più celebri kolossal hollywoodiani.
Mancava però gran parte del contorno. Sempre McCarthy spiega che negli anni Sessanta «i dialoghi dei film non in inglese erano tradotti in cuffia in tempo reale», che attori, attrici, registi e registe camminavano tranquillamente per la Croisette senza essere disturbati, e che – fatta eccezione per le riviste specializzate – fino ai primi anni Sessanta fuori dalla Francia del Festival di Cannes si parlava quasi solo quando c’erano grandi notizie di gossip: per esempio le prime fotografie di Grace Kelly con il principe Ranieri III di Monaco. «Fino alla metà degli anni Sessanta» scrive McCarthy, Cannes era vista solo come «una stuzzicante concorrente della gran dama che era Venezia».
Dopo aver accolto e promosso una corrente cinematografica interna come la nouvelle vague e alcune correnti perlopiù europee, con gli anni Settanta il Festival di Cannes seppe internazionalizzarsi grazie alle attenzioni che riservò ai registi della cosiddetta New Hollywood, come Robert Altman, Steven Spielberg, Sydney Pollack e Martin Scorsese (il suo Taxi Driver vinse la Palma d’oro nel 1976). Questo contribuì a far conoscere il Festival all’estero e secondo McCarthy si può anche individuare un preciso momento in cui Cannes divenne qualcosa di simile a ciò che è ancora oggi: fu nel 1979 e fu l’anteprima mondiale di Apocalypse Now di Francis Ford Coppola.
Era dal 1974 che non usciva un nuovo film di Coppola e Apocalypse Now era molto atteso e dibattuto. Coppola era considerato un autore, ma Apocalypse Now poteva essere anche un successo ai botteghini. E infatti fu così: quell’anno Apocalypse Now vinse la Palma d’oro (insieme a Il tamburo di latta del regista tedesco Volker Schlöndorff) e andò benissimo come incassi, ovunque e per anni: nel 1985, la prima volta che fu mostrato in Italia in tv, su Canale 5, fu visto da quasi 10 milioni di spettatori per il 43 per cento di share.
Dagli anni Ottanta in poi, il Festival di Cannes entrò nei radar di molti e riuscì a gestire con efficacia il difficile equilibro tra un certo elitismo alla Cahiers du Cinéma e la necessità di essere anche popolare nei suoi film e nei suoi ospiti. Tra l’ospitare François Truffaut e avere un red carpet, tra il nuovo Top Gun (presente quest’anno fuori concorso) e un horror ostico e di nicchia come Titane, che aveva vinto la Palma d’oro nel 2021.
Se si può provare a dire quando il Festival di Cannes iniziò a diventare quel che tra alti e bassi è stato negli ultimi decenni, è più difficile spiegare come e perché ci riuscì più di altri festival. Dalla sua, così come la Mostra di Venezia, anche il Festival di Cannes ha il fatto di essere comunque uno dei primi al mondo e che ci sono di certo posti in cui si sta peggio che al Lido di Venezia o in Costa Azzurra.
Più nello specifico e ancor più della Mostra di Venezia, il Festival di Cannes è riuscito però a proporsi nel mondo come il-festival-del-cinema, come quello che Variety ha definito «la più ricercata, sfavillante ed elegante celebrazione del cinema». In questo senso, la recente, ostinata e per qualcuno antistorica ostilità del Festival di Cannes nei confronti di Netflix fa parte del suo proporsi come uno degli ultimi baluardi del cinema in quanto arte, seppur con tutte le necessarie concessioni al cinema inteso come industria, mercato e spettacolo.
Il Festival di Cannes è il Festival di Cannes perché negli anni è riuscito a conciliare la sua serietà e il suo prestigio come evento culturale alla sua frivolezza e alla sua attrattiva come evento mondano. È la sede di un importantissimo mercato di film (in cui i film trovano cioè chi li produca e distribuisca) e tiene assieme grandi blockbuster americani e altre produzioni più piccole e ricercate che non sempre finiscono al cinema.
È forse conseguenza, più che causa, il fatto che maggio – il mese del Festival di Cannes – coincida inoltre con l’inizio della stagione dei premi cinematografici che poi conduce fino agli Oscar, generalmente organizzati tra febbraio e marzo. Una stagione che, per esempio, Parasite iniziò con la Palma d’oro nel 2019 e finì con l’Oscar al miglior film del 2020.
A proposito di tutto quello che può stare sotto il cappello del Festival di Cannes, per l’edizione di quest’anno, la cui locandina è tratta da The Truman Show, i più importanti film fuori concorso sono Elvis di Baz Luhrmann, Top Gun: Maverick e Three Thousand Years of Longing, film fantasy e romantico diretto da George Miller (che nel 2015 a Cannes presentò Mad Max: Fury Road) con Tilda Swinton e Idris Elba.
I film del concorso principale sono 21, tra i quali la giuria presieduta dall’attore Vincent Lindon sceglierà a chi assegnare la Palma d’oro. I più attesi e commentati finora sono: Crimes of the Future, thriller/horror di fantascienza diretto da David Cronenberg e con Léa Seydoux, Kristen Stewart e Viggo Mortensen; Armageddon Time di James Gray, ambientato negli anni Ottanta nel Queens, con Anthony Hopkins nel cast; e Tchaikovsky’s wife del russo (e da tempo dissidente) Kirill Serebrennikov.
Sempre in concorso ci saranno inoltre Les Amandiers di Valeria Bruni Tedeschi, Le otto montagne (con protagonisti Alessandro Borghi e Luca Marinelli) e Nostalgia, diretto da Mario Martone e interpretato da Pierfrancesco Favino. Sarà inoltre presentato Esterno Notte di Marco Bellocchio, che in autunno arriverà su Rai 1 in tre episodi.
Tra gli ospiti di questa edizione – il film di apertura è Coupez! di Michel Hazanavicius, ambientato sul set di un film di zombie in cui arrivano dei veri zombie – ci saranno Léa Seydoux, Marion Cotillard, Anne Hathaway, Kristen Stewart, Forest Whitaker, Javier Bardem, Mads Mikkelsen e Tom Cruise.
– Leggi anche: Perché proprio a Hollywood