Ora le regioni hanno il problema dei vaccini in scadenza
L'Emilia-Romagna ha oltre 130mila dosi che devono essere usate in estate, ma la somministrazione della quarta dose va molto lenta
L’assessore regionale alla Sanità Raffaele Donini ha detto che negli ospedali e nei punti vaccinali dell’Emilia-Romagna ci sono 133mila dosi di vaccino contro il coronavirus in scadenza nelle prossime settimane, tra giugno e agosto. Con l’andamento attuale delle vaccinazioni il rischio di sprecarle è alto, ma finora l’Emilia-Romagna non ha ricevuto indicazioni su cosa fare di queste dosi. «Dovranno essere collocate in qualche modo nella migliore condizione prima che scadano», ha detto Donini. «Siano impegnate nelle regioni che hanno numeri inferiori o in paesi in cui la vaccinazione non è al livello dell’Italia». L’Emilia-Romagna ha a disposizione oltre un milione di dosi: 746mila dosi del vaccino Pfizer-BioNTech, 319mila di Pfizer pediatrico, 70mila di Novavax e 20mila di Johnson & Johnson (J&J).
L’Emilia-Romagna non è l’unica regione con questo problema. Le scorte di dosi custodite nei frigoriferi dei punti vaccinali si sono accumulate per via del naturale rallentamento della campagna vaccinale dovuto alla scarsa adesione alle prenotazioni della terza e soprattutto della quarta dose.
Nonostante la quarta dose sia raccomandata per categorie di persone considerate a rischio, come gli anziani e gli immunodepressi, finora la percentuale di persone che hanno deciso di riceverla è piuttosto bassa. In molte regioni, in particolare al Sud, non è stato superato il 4 per cento della platea individuata dalle aziende sanitarie. La regione con la percentuale di adesione più bassa è la Calabria, dove ha ricevuto la quarta dose soltanto il 2,9 per cento delle persone per cui è consigliata.
Il Piemonte è la regione con la più alta percentuale di adesioni, 22 per cento, tuttavia nei giorni scorsi è stato segnalato che molte persone con più di 80 anni non si sono presentate all’appuntamento fissato al punto vaccinale. In un comunicato, la Regione ha spiegato che «più del 70% degli over 80 che hanno ricevuto l’appuntamento lo ha rispettato»: quasi una persona su tre, quindi, non si è presentata al punto vaccinale.
Le prenotazioni della quarta dose – chiamata dal ministero della Salute “second booster”, cioè la seconda dose di richiamo dopo il completamento del primo ciclo vaccinale con due dosi – sono state aperte all’inizio di aprile. Viene somministrata non prima che siano passati 120 giorni dalla terza dose e sono escluse le persone che si sono contagiate dopo la terza dose.
Le prime persone a riceverla sono stati i cosiddetti fragili, cioè le persone immunodepresse e con altri problemi al sistema immunitario. Anche gli immunodepressi, come gli anziani, possono ricevere il vaccino nuovamente purché sia trascorso un intervallo minimo di 120 giorni dal primo richiamo. In seguito le prenotazioni sono state aperte a tutti gli anziani.
Di fronte a questi dati, la scorsa settimana il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli ha ribadito l’importanza di promuovere la quarta dose tra le persone a rischio. Locatelli ha parlato dell’attuale ritmo della campagna vaccinale come risultato di una «stanchezza vaccinale, che per certi aspetti può essere messa in conto e anche, se vogliamo, compresa. È assolutamente fondamentale che ci sia larga adesione alla somministrazione della seconda dose di richiamo sia per gli ultraottantenni che per gli ospiti delle strutture residenziali per anziani, ma anche per la fascia 60-79 anni con patologia coesistente».
Tra le altre cose, i dati pubblicati dalla struttura commissariale confermano che l’accumulo di scorte riguarda soprattutto alcuni fornitori di vaccini: Novavax e Pfizer pediatrico.
Novavax è il primo vaccino a utilizzare la tecnologia delle proteine ricombinanti e per questo considerato utile a convincere le persone scettiche nei confronti dei vaccini a RNA messaggero e a vettore virale. Nei mesi in cui si aspettava l’autorizzazione delle autorità sanitarie europee c’era molta attesa su questo vaccino, che secondo gli osservatori più ottimisti avrebbe consentito di raggiungere un’elevata protezione contro il coronavirus. In realtà, già pochi giorni dopo l’apertura delle prenotazioni è stato chiaro che Novavax avrebbe convinto soltanto una minima parte degli scettici.
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Il risultato è che finora in tutte le regioni italiane sono state somministrate pochissime dosi, una percentuale molto bassa del milione di dosi consegnato dalla struttura commissariale. In totale sono state somministrate 40mila dosi. In nessuna regione è stato superato il 10 per cento di utilizzo: la regione con la percentuale più alta è il Friuli Venezia Giulia, mentre la Basilicata è la regione dove è stato sfruttato di meno.
Un altro vaccino utilizzato poco rispetto alle previsioni è il cosiddetto Pfizer pediatrico, raccomandato tra i 5 e gli 11 anni: sono stati somministrati quasi 2,6 milioni di dosi contro i 6,7 milioni a disposizione. Anche in questo caso le percentuali di adesione variano da regione a regione. L’unica regione che ha utilizzato oltre la metà delle dosi di Pfizer pediatrico ricevute nelle ultime settimane è la Puglia. La regione con la percentuale di utilizzo più bassa è la Valle d’Aosta.
Il rischio di scadenza di migliaia di dosi è già stato in parte evitato nei mesi scorsi grazie a un aggiornamento del foglio illustrativo del vaccino di Pfizer-BioNTech, il più utilizzato in Italia. Il 21 settembre del 2021 l’AIFA, l’Agenzia italiana del farmaco, aveva esteso da 6 a 9 mesi la durata della validità del flaconcino congelato con al suo interno il vaccino.
L’estensione di tre mesi era stata applicata anche retroattivamente ai flaconcini prodotti prima di settembre dello scorso anno: la scadenza era stata prorogata di tre mesi per tutte le scatole che riportavano una data compresa tra settembre 2021 e marzo 2022, ma soltanto se conservate secondo le indicazioni, quindi a una temperatura tra -90 °C e -60 °C. Tutti i flaconcini con una data di scadenza successiva a marzo 2022 sono già aggiornati con il nuovo periodo di validità a 9 mesi.
La proroga della scadenza, però, riguarda soltanto il vaccino Pfizer-BioNTech, non Novavax, Moderna o Johnson & Johnson. Nelle prossime settimane, le regioni dovranno verificare quante dosi hanno accumulato nei punti vaccinali per programmare con attenzione il loro utilizzo: possono essere distribuite da una provincia all’altra, a seconda della richiesta e del ritmo di vaccinazioni, oppure restituite alla struttura commissariale come era già successo la scorsa estate con i vaccini di AstraZeneca che le regioni non volevano più utilizzare.