La canzone pakistana ascoltatissima in India
Si chiama “Pasoori” e parla di un amore difficile, secondo molti una metafora delle relazioni tra i due paesi
Da un po’ di tempo una canzone pakistana è ascoltatissima in India, un paese storicamente nemico dove chi ascolta musica pakistana può arrivare anche a essere arrestato. Si chiama “Pasoori” ed è un duetto tra i cantanti pakistani Ali Sethi, che l’ha scritta ed è figlio di attivisti politici, e Shae Gill: ha una base particolarmente ballabile, che combina la musica indiana a quella mediorientale e al reggaeton, e un testo su due persone che si amano ma a cui è vietato incontrarsi. Nelle scorse settimane ha raggiunto una gran popolarità alla radio e su internet, ed è stata interpretata come una metafora del difficile rapporto tra India e Pakistan.
“Pasoori” è traducibile con qualcosa come “pasticcio difficile”, e si ispira a un genere di canzone che ha origine nella poesia medievale del sud dell’Asia, nato soprattutto in risposta all’usanza dei matrimoni combinati e solitamente ricco di giochi di parole, allusioni erotiche e critiche più o meno esplicite alle norme sociali. Apparentemente, quindi, “Pasoori” parla d’amore, ma il contesto in cui è nata la canzone – abbinato alla storia personale dell’autore, Ali Sethi – hanno suggerito a molti un’interpretazione legata alla bellicosa relazione tra India e Pakistan, due paesi che condividono pezzi importanti di storia e cultura.
Sethi, musicista già piuttosto noto in Pakistan ma anche all’estero, ha raccontato al New Yorker che l’idea della canzone gli venne dopo un viaggio non riuscito in India: da New York, dove vive, era stato invitato a collaborare a un progetto musicale a Mumbai. Il viaggio e il progetto però erano saltati: la produzione aveva fatto sapere a Sethi che a causa delle tensioni tra India e Pakistan, in quel momento molto alte, lavorare con un artista pakistano sarebbe stato pericoloso e avrebbero rischiato attacchi o atti vandalici nella sede dello studio di registrazione. «Se non posso andare io in India, ci andrà la mia musica», si era detto Sethi, che aveva poi scritto “Pasoori”, presentata tre mesi fa alla 14esima stagione di Coke Studio, programma musicale seguitissimo in Pakistan.
Anche il video della canzone parla in qualche modo di libertà e attraversamenti di confini e frontiere: girato nello stile di Bollywood, il cinema indiano popolarissimo anche in Pakistan, mostra Sethi e Gill in abiti tradizionali rivisitati in stile boho, cioè hippy, e una serie di comparse e motivi che sembrano ribaltare certi rigidi schemi di genere: c’è per esempio un giovane uomo coi boccoli e il volto tempestato di gemme. Nel video compare poi Sheema Kermani, una nota attivista per i diritti delle donne pakistana, oltre a Gill, che è cristiana, una comunità che in Pakistan è decisamente minoritaria.
In India la canzone di Sethi è già da un po’ in cima a diverse classifiche: tra le altre, quelle di Apple Music e di Shazam, l’applicazione per scoprire i titoli delle canzoni. È stata condivisa e pubblicizzata anche da una serie di celebrità indiane, circola moltissimo su Instagram e la si sente anche in aree dell’India dove non si parla il punjabi. Non è una cosa da poco: negli stessi giorni in cui “Pasoori” arrivava in cima alle classifiche indiane, nell’Uttar Pradesh, lo stato più grosso dell’India, due ragazzini venivano arrestati perché ascoltavano musica pakistana in pubblico.
Ali Sethi è nato a Lahore, in Pakistan, nel 1984. È il figlio di Najam Sethi e Jugnu Mohsin, due noti giornalisti e politici progressisti pakistani. Tra le altre cose, Sethi e Mohsin avevano fondato il Friday Times, giornale indipendente in lingua inglese, e avevano vinto diversi premi internazionali per il loro lavoro. Avevano anche fondato una casa editrice progressista, la Vanguard Books. Durante gli anni del governo di Nawaz Sharif, Sethi era stato arrestato per tradimento, accusa ritenuta infondata da diversi gruppi per la difesa dei diritti umani, tra cui Amnesty International, oltre che dalla Corte suprema del Pakistan, che lo aveva poi fatto rilasciare. Per quasi vent’anni Sethi era anche stato il corrispondente dal Pakistan per l’Economist.
Ali Sethi ha raccontato al New Yorker di essere cresciuto in un ambiente di intellettuali e oppositori politici, non di rado imprigionati per le loro idee. A trasmettergli la passione per la musica è stata la madre, che suonava molto il qawwali, un genere di antica musica sacra sufi diffusa sia in Pakistan che in India: «canzone e protesta sono sempre state intrecciate per me», ha detto Sethi. Per lui è stato importantissimo anche l’incontro con Naseeruddin Saami, detto Ustad Saami, un noto musicista classico pakistano che è considerato una specie di saggio, oltre che l’erede di una dinastia di musicisti classici pakistani che risale al tredicesimo secolo. Da lui, Sethi dice di aver imparato alcune delle tradizioni musicali più antiche della cultura asiatica, e il modo in cui si erano contaminate tra loro prima dell’incontro con l’Occidente.
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