Come si entra nella NATO
È un processo lungo e piuttosto complesso, che è cambiato nel tempo e può durare anni, ma non nel caso della Finlandia
Giovedì il governo finlandese ha annunciato ufficialmente per la prima volta di essere favorevole all’ingresso del paese nella NATO, l’alleanza militare che comprende una parte dei paesi occidentali e in cui la Finlandia aveva scelto per oltre settant’anni di non entrare. L’annuncio non corrisponde a una decisione definitiva, ma viene considerato di enorme importanza, anche perché i prossimi passi verso l’adesione saranno molto rapidi, ora che il grosso dei negoziati è stato fatto. Oltre alla Finlandia, anche la Svezia, un altro paese storicamente neutrale, potrebbe annunciare a breve il suo ingresso nell’alleanza.
La Finlandia e la Svezia hanno da tempo rapporti molto stretti con la NATO: per questo la loro adesione dovrebbe essere abbastanza rapida. Normalmente, però, la procedura per entrare nell’alleanza è più lunga e complessa, e può durare diversi anni.
Per entrare nella NATO, un paese deve inviare una richiesta formale, che deve essere stata precedentemente approvata dal proprio parlamento. Inizia poi una procedura divisa sostanzialmente in tre fasi. La prima, per gli aspiranti membri, comprende una serie di discussioni e negoziati preliminari; la seconda, per i paesi formalmente candidati a entrare nell’alleanza, prevede l’applicazione delle riforme richieste per farne parte; la terza è quella del concreto ingresso del paese candidato nella NATO.
La NATO (North Atlantic Treaty Organization) fu fondata nel 1949 da 12 paesi occidentali opposti all’Unione Sovietica e ai suoi paesi alleati e satelliti, nel contesto di quella che sarebbe stata definita Guerra fredda. Da allora le modalità di adesione sono cambiate e sono diventate man mano più complesse e graduali.
Per entrare nella NATO è necessario avere una serie di requisiti specifici. A partire dal 1989, anno in cui finì la Guerra fredda, nell’alleanza sono entrati paesi che per lungo tempo erano rimasti sotto l’influenza russa. Avevano storie e culture politiche molto diverse dagli stati fondatori, e per adeguarle agli standard della NATO si rese necessaria l’elaborazione di una serie di passaggi in più.
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Semplificando molto, per come funzionano le cose adesso, chi manifesta il proprio interesse a entrare nella NATO partecipa a due fasi di discussioni iniziali.
La prima è il cosiddetto “Intensified Dialogue”: è un confronto preliminare sui motivi che spingono il paese a voler entrare nell’alleanza e che non ne garantisce in alcun modo l’effettiva candidatura. È lo stadio a cui si è fermata la possibile (e mai considerata realmente plausibile) entrata dell’Ucraina nella NATO. Il secondo passaggio è l’invito, da parte dell’alleanza, a iniziare il cosiddetto Membership Action Plan (MAP): è un programma che serve a preparare gli aspiranti membri a soddisfare i requisiti necessari per diventare ufficialmente candidati a entrare nell’alleanza.
I requisiti sono politici, economici, militari e legali e includono tra le altre cose un sistema democratico solido e funzionante basato su un’economia di mercato, il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto, un’attitudine di risoluzione pacifica di eventuali conflitti, la capacità e la volontà di contribuire militarmente alle operazioni della NATO e adeguati standard di sicurezza nella gestione delle informazioni d’intelligence.
Il MAP è diviso in cinque fasi, ma non comporta obblighi particolari: di fatto è un percorso che il paese aspirante sceglie di fare in relativa autonomia, pur partecipando regolarmente a incontri con esperti della NATO dei vari settori per ricevere riscontri e confrontarsi su come procedere per prepararsi alla candidatura.
Come l’Intensified Dialogue, anche il MAP non garantisce che il paese diventerà formalmente candidato, anche se è considerato il primo passaggio concreto in quella direzione. Il MAP è stato aggiunto solo successivamente, per far fronte alle aspirazioni di paesi con storie e sistemi politici molto diversi da quelli dei paesi fondatori dell’alleanza: fu introdotto infatti nel 1999, dopo l’ingresso nella NATO di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, tre paesi che durante la Guerra fredda erano rimasti sotto la sfera d’influenza dell’Unione Sovietica.
Formalmente, la procedura di accesso alla NATO comincia quando l’alleanza invita il paese aspirante a diventarne membro, con una risoluzione votata all’unanimità da tutti i paesi dell’alleanza.
Inizia qui la fase dei cosiddetti “accession talks”: si svolgono al quartier generale della NATO a Bruxelles, in Belgio. Il loro obiettivo è ottenere una conferma formale del paese candidato della sua volontà e capacità di rispettare gli obblighi e gli impegni politici, legali e militari previsti dall’adesione.
Nella prima fase di incontri si discute di questioni politiche e militari, nella seconda di questioni di sicurezza ed economiche: quest’ultima è la fase in cui si parla per esempio di come adeguare i servizi d’intelligence del paese candidato agli standard NATO, o di quanto quel paese potrà contribuire al bilancio dell’alleanza, proporzionalmente alle dimensioni della sua economia.
Il prodotto finale dei negoziati è una specie di calendario di riforme che il paese candidato presenta alla NATO. Le riforme non devono necessariamente essere completate prima dell’entrata dello stato nell’alleanza. In questa fase il ministro degli Esteri del paese invia una lettera d’intenti al segretario generale della NATO, in cui conferma di accettare gli obblighi e gli impegni previsti dall’adesione.
L’ultima fase della procedura è quella dell’ingresso concreto nella NATO. L’alleanza prepara il Protocollo d’adesione relativo al paese candidato, che nei fatti è un emendamento al Trattato di Washington, il testo fondante dell’alleanza. Il Protocollo dovrà quindi essere firmato e poi ratificato dai paesi membri, con procedure che variano da paese a paese: in Italia e negli Stati Uniti, per esempio, ci vuole un voto del parlamento, che non è invece richiesto nel Regno Unito.
Ratificato il Protocollo d’adesione da tutti i paesi membri, il Segretario generale invita formalmente il paese candidato a entrare nell’alleanza. L’accordo verrà poi depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington DC, negli Stati Uniti: a quel punto il paese candidato è ufficialmente membro dell’alleanza.
Complessivamente l’insieme di tutte queste procedure può richiedere molto tempo. Nel caso degli ultimi due paesi che sono entrati nella NATO, il Montenegro e la Macedonia del Nord (rispettivamente nel 2017 e nel 2020), ci sono voluti mediamente quasi 10 anni.
Con la Finlandia ed eventualmente la Svezia si prevede che ci vorrà molto meno: sono paesi che hanno già rapporti strettissimi con la NATO e non è necessario fare tutto il lavoro di allineamento richiesto dalla procedura. Nel concreto, la loro entrata nell’alleanza sarebbe considerata più che altro una formalizzazione di collaborazioni già esistenti: alcuni funzionari della NATO intervistati da Associated Press hanno detto che per la Finlandia ci vorranno probabilmente pochi mesi.
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