La logistica a Pavia occupa la campagna con la forza
Quasi due milioni di metri quadrati saranno trasformati in capannoni a causa delle speculazioni edilizie e della scarsa tutela del territorio
di Isaia Invernizzi, foto e video di Valentina Lovato
I campi di Anice Valtorta si vedono da lontano per via della nube di terra sollevata dal trattore impegnato nella semina. Si muove lentamente nella vasta e piatta campagna pavese tagliata dalle strade, dall’autostrada A7 e dagli alti tralicci della rete elettrica. È un pomeriggio di fine aprile e a Trivolzio, in provincia di Pavia, è una bella giornata. Nella notte ha piovuto e Valtorta guarda con una certa soddisfazione i cerchi scuri di umidità rimasti nei suoi campi. Il riso, spiega, ha bisogno di molta acqua: arriva nei terreni grazie alla complessa rete di fossi, chiamati anche “cavi”. «Purtroppo tra un po’ questo cavo potrebbe non esserci più», dice Valtorta, mentre indica un lungo corso d’acqua. «Qui vogliono costruire un grande polo logistico».
Un emissario della società che ha presentato il progetto, la Prologis, una multinazionale che nel 2021 ha ottenuto ricavi per 4,7 miliardi di dollari, ha contattato Valtorta per cercare di spiegare i piani dell’azienda.
Le ha detto che avrebbe ottenuto un “notevole riscontro” nel momento in cui avrebbe accettato di consegnare i suoi terreni per la costruzione di una grande strada pensata per collegare il nuovo polo logistico al casello dell’autostrada A7. Valtorta però non ha voluto ascoltarlo, come invece avevano fatto alcuni colleghi agricoltori. Non ha niente da perdere, se non la terra che le ha lasciato suo padre e che lei lascerà a suo figlio. «Ho risposto che avrei combattuto fino all’esproprio», dice. «Possiamo fare ricorso, ma siamo troppo piccoli e deboli per contrastare queste potenze economiche».
Le multinazionali della logistica operano con notevoli disponibilità di professionisti e soldi. Squadre di architetti, ingegneri, geologi, avvocati e intermediari studiano i piani urbanistici dei comuni. Preparano i progetti e le complesse richieste di autorizzazioni. Contattano i proprietari dei terreni e cercano di convincerli con generose offerte. In molti casi i consulenti sono sempre gli stessi. Quasi sempre raggiungono il loro obiettivo, perché di fronte si trovano agricoltori che hanno poca possibilità di scelta: o accettano oppure il rischio è di vedersi espropriare i terreni considerati di pubblica utilità a un prezzo decisamente inferiore.
Ma la sudditanza non riguarda soltanto gli agricoltori. Anche i sindaci non riescono a dire di no.
Le società promettono di pagare nuove scuole, piste ciclabili, parchi, e di garantire nuovi posti di lavoro. Uno, due o tre milioni di euro incidono in minima parte rispetto all’investimento e al ricavo atteso. Quando un sindaco si convince, poi, il progetto parte ed è quasi impossibile fermarlo. Succede tutto molto in fretta. Negli uffici dei comuni arrivano decine di faldoni di carte, con dentro tutta la documentazione tecnica del progetto: sono così tanti che alcuni dipendenti comunali hanno iniziato a pesarli, quasi per scherzo. Leggerli e interpretarli è complicato, in molti casi impossibile per chi deve occuparsi di tanti altri piccoli problemi. Servirebbe una squadra di professionisti simile a quella schierata da chi propone i progetti.
Negli ultimi due anni le società che costruiscono capannoni per la logistica hanno sfruttato questo metodo in molti comuni della provincia di Pavia. Sono stati presentati progetti a Broni, Belgioioso, Vidigulfo, Silvano Pietra, Casei Gerola, Torrevecchia Pia, Casatisma, Vellezzo Bellini, Bressana Bottarone, Stradella, Landriano e Trivolzio. Se tutti saranno confermati, nel giro di poco tempo verranno costruiti nuovi poli per un’estensione di quasi 2 milioni di metri quadrati, di cui 1,4 milioni su terreni agricoli.
In altre province lombarde – a Bergamo, Brescia, Lodi e Mantova – i numeri sono simili. Come accade a Pavia, anche nel resto della Lombardia le proposte vengono approvate molto in fretta, così velocemente che è difficile rendersi conto di come il territorio si stia trasformando.
Anche a Trivolzio, dove abitano 2.300 persone, il sindaco non è riuscito a dire di no. Prologis ha offerto opere per 2,5 milioni di euro: piste ciclabili, una nuova scuola elementare, la riqualificazione del parco urbano, la realizzazione di una nuova area sportiva. «Questo investimento porterà a regime l’assunzione a tempo indeterminato di circa 900 lavoratori, molti dei quali con profili professionali elevati, oltre al personale dell’indotto», ha detto il sindaco Paolo Bremi, senza però avere la certezza su chi occuperà i capannoni.
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Le opere pagate da Prologis non sono un regalo. Il prezzo, per il comune, consiste nell’aumento del traffico, dell’inquinamento, e nella privazione di una porzione di campagna grande 262mila metri quadrati. Qui, al confine con l’autostrada A7, verrà costruito un capannone da 61mila metri quadrati, alto 18 metri. Diversi corsi d’acqua saranno deviati e verrà realizzata una nuova strada in aperta campagna, dove Anice Valtorta vorrebbe continuare a coltivare il suo riso.
Marta Balestreri, consigliera con delega all’Urbanistica di Torre d’Isola, un comune confinante con Trivolzio, aveva sentito nominare per la prima volta il polo logistico diversi anni fa. La crisi economica aveva fermato l’espansione di molte aree industriali e sembrava che non ci fosse più l’intenzione di costruire nuovi capannoni.
In seguito, a partire dal 2009, con l’imporsi della cosiddetta economia delle piattaforme digitali, il settore della logistica era cresciuto fino ad assumere una dimensione difficile da contenere: il trasporto era diventato centrale nella competizione sul mercato grazie a efficienze e ricavi garantiti dalla compressione dei tempi e dei costi, spesso a scapito dei diritti dei lavoratori. Negli ultimi anni la crescita significativa dell’intero settore ha assicurato alle aziende un nuovo, improvviso e notevole potere economico.
Le mappe storiche del principato di Pavia appese alla parete nell’ufficio del sindaco di Torre d’Isola mostrano un territorio che pare più vasto se paragonato all’odierna concentrazione di piccoli centri affiancati a grandi insediamenti logistici.
Fino a un paio di decenni fa, la densità delle costruzioni non era molto diversa rispetto alla rappresentazione su quelle mappe. Poi sono arrivati i centri commerciali e infine i poli logistici. Pavia è un’area molto ambita perché è al centro di quella che nella geografia dei trasporti viene identificata come “Regione logistica milanese”, il cui sviluppo è strettamente collegato alle necessità di approvvigionamento della città metropolitana di Milano. Molte delle migliaia di pacchi consegnati nelle portinerie dei palazzi milanesi passano da qui.
Alla fine di maggio del 2021 Balestreri si era ritrovata a leggere centinaia di documenti: oltre a chiedere le autorizzazioni per un nuovo capannone a Trivolzio, Prologis aveva proposto di costruire una nuova strada (presentata con diminutivi: tangenzialina, bretellina) che avrebbe dovuto occupare in parte il territorio del suo comune. La strada, un ampio collegamento dedicato ai camion e diretto al casello dell’A7, era stata rimossa dal piano urbanistico di Torre d’Isola tre anni prima. Il comune aveva deciso di non cedere alle lusinghe di diversi gruppi internazionali che avevano proposto di costruire nuovi capannoni nei terreni agricoli.
Balestreri dice che i comuni giustificano il benestare ai nuovi poli logistici con un grande fraintendimento: siccome in passato era stato previsto di costruire, i sindaci dicono che non è più possibile fare nulla, che non si può tornare indietro.
«Ma indietro si può tornare: noi lo abbiamo fatto», spiega. «Non siamo contro la logistica a prescindere. In provincia di Pavia ci sono 299 aree con capannoni dismessi: le società possono andare a cercare aree lì. Il problema è che di fronte al bisogno di costruire una nuova scuola ci sono comuni che si svendono alle aziende, quando invece si potrebbero avere le stesse possibilità economiche dai bandi regionali o ministeriali. Certo, bisogna lavorare molto ai progetti e avere più pazienza. Cedere i campi coltivati alla logistica è il modo più facile e veloce per fare le cose, ma il prezzo è altissimo. In provincia di Pavia ci sono più strade che persone».
A novembre la Provincia di Pavia, a sorpresa, ha deciso che la posizione contraria di Torre d’Isola sarebbe stata insignificante: la strada, la tangenzialina, è stata considerata di importanza sovracomunale. In questo modo è stato impedito qualsiasi veto locale.
Poche settimane fa, il giorno prima di Pasqua, è arrivata anche l’esclusione dalla valutazione di impatto ambientale (VIA) secondo un’interpretazione piuttosto ampia della legge regionale sulla pianificazione urbanistica. Nonostante l’imponenza del polo logistico, il progetto non verrà sottoposto a un esame approfondito per capire se è compatibile con l’ambiente. A gennaio Torre d’Isola ha presentato un ricorso al tribunale amministrativo contro la strada. Prologis ha risposto con un controricorso.
Sandro Innocenti, country manager di Prologis, precisa che la società non si occupa di trasformare i terreni agricoli in aree industriali. «Normalmente contattiamo i comuni e verifichiamo se in un determinato territorio ci siano dei terreni già edificabili», dice. «Una volta che sono stati individuati, inizia un’attività di due diligence per verificare che il processo amministrativo venga fatto in maniera corretta. Solo a quel punto contattiamo la proprietà e iniziamo la procedura urbanistica per arrivare al permesso di costruire. Tutti questi passaggi sono il risultato di confronti aperti e trasparenti».
Nel caso di Trivolzio, Innocenti spiega che l’area individuata per il nuovo polo logistico era stata inserita nel piano di governo del territorio già dal 2011 e che nei piani era prevista anche la bretella di collegamento all’autostrada. «Nel 2019 il comune di Torre d’Isola ha deciso di togliere la strada dalla sua programmazione in maniera indipendente, in un certo senso tradendo le aspettative dei comuni vicini. Noi in tutto questo siamo soltanto spettatori: il problema non è Prologis, ma chi ha cambiato in corsa i suoi piani».
Innocenti dice che Prologis è un investitore a lungo termine: per questo motivo ha interesse a mantenere buoni rapporti con il territorio e a realizzare un intervento sostenibile, il più possibile compatibile con l’ambiente circostante, con la viabilità locale, e anche con garanzie e tutele per i lavoratori che saranno assunti. «Abbiamo cercato di seguire questi obiettivi al meglio delle nostre possibilità attraverso un dialogo costante con le istituzioni».
A Casatisma, distante una trentina di chilometri da Trivolzio, oltre il fiume Po, il percorso è stato quasi identico: in questo caso la società si chiama Gsm e ha proposto di costruire un nuovo grande polo logistico su una superficie grande 314mila metri quadrati. A fianco dell’area acquistata dalla società c’è il palazzo settecentesco chiamato Mezzabarba, la residenza estiva dei conti Mezzabarba, proprietari dal 1504 del feudo Cà dè Tisma.
Visto da lontano, il palazzo non sembra avere subito l’azione del tempo, grazie alle sue linee eleganti. Più ci si avvicina e più si percepisce una generale sensazione di abbandono. Una patina scura di smog ricopre le facciate, le finestre sono mezze aperte e mezze chiuse. A pochi metri dal portone di ingresso passa la strada, molto trafficata, che porta al casello della Torino-Piacenza.
La Gsm aveva proposto di costruire un enorme capannone dietro al palazzo, oltre il giardino protetto da un alto muro. La sovrintendenza di Pavia ha imposto la protezione dell’area e la società è stata costretta a contenere i suoi piani, almeno apparentemente, perché in realtà il polo potrebbe espandersi anche nei terreni a fianco, nel territorio del comune di Robecco Pavese.
A Casatisma, come a Trivolzio, il sindaco è favorevole per via dei nuovi posti di lavoro, ma la valutazione di impatto ambientale si farà.
Nicola Ghisiglieri, attivista del comitato contro la logistica di Casatisma, dice che è molto complicato spiegare agli abitanti dei paesi cosa succederà sul loro territorio. «Purtroppo è difficile accorgersi dei cambiamenti fino a quando non ci si trova davanti il capannone», dice. «Il coinvolgimento e la partecipazione non sono scontati. Ci siamo guardati attorno e abbiamo scoperto che ci sono molti altri comitati come il nostro sparsi per la provincia: per questo abbiamo creato un coordinamento dei comitati contro le logistiche». L’obiettivo del coordinamento è chiedere alla Provincia di Pavia una pianificazione più attenta e regole per evitare di snaturare il territorio.
A Pavia, come nelle altre province lombarde, uno dei grandi problemi legati alle logistiche è la gestione affidata dalla legge regionale ai sindaci dei comuni. Ognuno pensa per sé. Ci si potrebbe accorgere delle conseguenze sul territorio soltanto da un punto di osservazione più “alto”: per esempio dall’ente Provincia, che però è stato svuotato di senso, responsabilità e risorse in seguito alla riforma Delrio.
I piani territoriali di coordinamento provinciale, i PTCP, sono deboli, inefficaci, perché contengono indicazioni non vincolanti.
A Pavia, per esempio, il piano di programmazione è datato e le sue disposizioni vengono spesso disattese. «Le società fanno il loro mestiere e cercano di sfruttare tutte le possibilità», dice Renato Bertoglio, architetto, in passato consulente di molti comuni pavesi, negli ultimi anni uno degli esponenti di Legambiente più ascoltati in merito alla pianificazione territoriale. «I piani urbanistici comunali sono rimasti fermi a vecchie previsioni che non comprendevano la logistica. I comuni, purtroppo, non sono pronti ad affrontare questo problema, perché non c’è pianificazione. C’è la cultura del lasciar fare».
Tuttavia dallo scorso anno, quando Giovanni Palli è stato eletto presidente della Provincia di Pavia, qualcosa è cambiato. Palli, sindaco di Varzi, esponente della Lega, si è dimostrato più attento alle sollecitazioni dei comitati – nel giorno della sua elezione ha addirittura firmato la petizione contro la logistica a Casatisma – e ha acconsentito alla creazione di una commissione provinciale speciale per le logistiche.
La scarsa considerazione della Provincia nei confronti della programmazione territoriale è stata confermata dalle condizioni in cui i commissari si sono trovati a lavorare: il primo compito, durato qualche settimana, è stato capire quanti siano effettivamente gli insediamenti in provincia di Pavia, quanto suolo sia stato consumato negli ultimi anni, quali sono le previsioni per il futuro.
Gli effetti della nuova e maggiore attenzione provinciale non si sono ancora visti, principalmente perché la commissione è nata da poco. La presiede Elio Grossi, sindaco di Santa Cristina e Bissone, deciso a cambiare l’approccio avuto finora. Dice che anche lui, da sindaco, ha ricevuto diverse proposte da società che avrebbero voluto costruire capannoni, ma ha detto di no: «capisco i miei colleghi che si fanno ingolosire, perché veniamo da un decennio di crisi economica, di tagli, poi c’è stato il Covid e ora la guerra in Ucraina. Però è ora di dire basta».
Gli obiettivi sono ambiziosi. La commissione è stata pensata per suggerire al consiglio provinciale una linea politica più precisa e coerente sulla gestione del territorio, studiare accorgimenti e regole da inserire nel piano di programmazione provinciale, e iniziare un confronto con Regione Lombardia per salvaguardare il pavese dall’eccessivo consumo di suolo.
Grossi, esponente dell’area civica del centrosinistra, dice che si è arrivati a questo punto perché tutte le forze politiche hanno dovuto farsi un esame di coscienza dopo anni di disinteresse, arrendevolezza o, peggio, di corresponsabilità con le società che hanno proposto centri commerciali e poli logistici.
Oggi quasi tutti i partiti, e non soltanto i più vicini alle istanze ambientaliste, si sono accorti che la provincia di Pavia è stata individuata come perfetta per operazioni di speculazione. «Ne ho abbastanza di vedere società con capitale sociale di diecimila euro venire a proporre poli logistici da milioni di euro con speculazioni che non hanno nulla a che fare con lo sviluppo del territorio», si sfoga Grossi. «La provincia di Pavia non può più essere a servizio del resto del mondo. Gli speculatori facciano gli speculatori, la politica torni a fare la politica».
Anche se espresso con parole meno forti e un piglio decisamente più istituzionale, il giudizio del presidente della Provincia, Giovanni Palli, non è molto diverso.
Palli esorta un «opportuno esercizio di responsabilità ed equilibrio tra discrezionalità delle scelte politiche e rigore dei procedimenti amministrativi e di scelte tecniche». Grazie al lavoro della commissione speciale sulle logistiche, il presidente promette che ci saranno «scelte più eque ed efficaci negli impatti delle politiche territoriali» e la garanzia di «una equa distribuzione dei costi e dei benefici connessi al disegno di assetto territoriale tra gli enti pubblici coinvolti». In sostanza, la Provincia dovrà studiare regole più chiare e farle rispettare. La commissione, spiega, dovrà avere un approccio rigoroso perché deve rappresentare il punto più alto sia della sintesi politica sia dell’approfondimento tecnico.
In un contesto così delicato e per certi versi sguarnito di fronte al potere economico delle società della logistica, anche la Regione sembra essere piuttosto assente. Come dimostra il caso di Pavia, la legge regionale pensata per evitare il consumo di suolo ha ottenuto risultati parziali per via delle vecchie previsioni contenute nei piani urbanistici.
Alla Regione dovrebbe spettare il coordinamento dello sviluppo del territorio, invece quasi tutte le province lombarde si trovano nelle condizioni di Pavia. L’espansione della logistica è rapida e caotica. E la politica di programmazione diventa secondaria rispetto agli interessi economici e alle promesse di posti di lavoro, spesso precari e poco pagati.
Nei dibattiti in consiglio regionale si discute spesso della necessità di incentivare il recupero delle aree dismesse, di convertire le aree artigianali e industriali abbandonate per evitare il consumo di suolo. Alle parole, però, non seguono regole più stringenti.
Un anno fa il gruppo consiliare del Partito Democratico aveva presentato un ordine del giorno per chiedere una maggiore regolamentazione degli insediamenti logistici e il rispetto dei terreni agricoli. L’ordine del giorno era stato bocciato e poco dopo il consiglio ne aveva approvato uno simile proposto dalla Lega. Pietro Foroni, assessore regionale al Territorio, aveva detto che i nuovi progetti sono il risultato «di pianificazioni comunali prive di visione e finalizzate spesso ad incamerare oneri di urbanizzazione e opere comunali compensative ma che lasciano interventi privi di lungimiranza e logica».
Nel luglio dello scorso anno il gruppo consiliare del PD aveva presentato una proposta di legge per mettere ordine a un settore mal governato. La proposta è rimasta ferma fino a poche settimane fa, quando è stata presentata in una riunione della Commissione Territorio. Al momento non si sa quando i consiglieri torneranno a discuterne. Con questi tempi, difficilmente arriverà in consiglio regionale prima della fine della legislatura.