Javier Milei, l’anarco-capitalista argentino che vuole diventare presidente
Ha fondato un partito di estrema destra, attira consensi soprattutto tra i giovani e tra chi è deluso dalla politica tradizionale
Dagli ultimi sondaggi fatti in Argentina in vista delle presidenziali del 2023 risulta che tra i principali candidati, e in buona posizione, ci sia Javier Milei, deputato eletto al Congresso nel 2021 e fondatore del partito di estrema destra La Libertad Avanza. Diversi giornali sostengono che Milei sia “il politico del momento”, in grado di intercettare il diffuso malcontento dei cittadini e delle cittadine per la grave situazione sociale e economica del paese e di rappresentare dunque un’alternativa al suo tradizionale sistema bipartitico.
Milei ha 51 anni, è un economista, è stato a capo di diverse società di consulenza private, ha fatto il conduttore radiofonico e ha insegnato all’università per più di vent’anni. È stato anche consigliere economico di Antonio Domingo Bussi, militare durante la dittatura in Argentina (dal 1976 al 1983), eletto deputato alla fine degli anni Novanta, poi espulso dal parlamento e accusato di crimini contro l’umanità.
Milei si definisce un “anarco-capitalista”: dice che lo stato dovrebbe occuparsi solo di amministrare la giustizia e di garantire la sicurezza. Durante la campagna elettorale per le legislative del 2021 il suo slogan era “Non sono venuto per guidare pecore ma per risvegliare leoni”, e un leone stilizzato era il suo logo. La campagna elettorale la fece vestendosi da militare e con dei giubbotti antiproiettile, mostrando spille con la bandiera degli Stati Uniti e promettendo di non votare mai una legge che prevedesse l’aumento delle tasse (disse che piuttosto che aumentare le tasse si sarebbe «tagliato un braccio»).
Milei vorrebbe abolire la banca centrale che ha definito «un’organizzazione criminale contro i poveri» perché «ruba» denaro agli argentini attraverso l’inflazione, e ha attaccato costantemente quella che considera la «casta» della politica, cioè le formazioni politiche argentine tradizionali: i peronisti da un lato, rappresentati oggi dal Frente de Todos (FdT), la coalizione che sostiene il governo del presidente Alberto Fernández, e gli anti-peronisti dall’altro, riuniti nella coalizione di centrodestra Juntos por el Cambio (JxC) dell’ex presidente centrista Mauricio Macri.
Alle legislative di metà mandato dello scorso novembre – quando il Frente de Todos venne superato da Juntos por el Cambio nella maggior parte delle province del paese perdendo il controllo del Senato – il partito di Milei arrivò terzo a Buenos Aires, la capitale, con il 17 per cento.
Il risultato venne raccontato come la principale novità delle elezioni, ma il successo di Milei fu comunque circoscritto. Da quando il leader di La Libertad Avanza siede in parlamento, la sua notorietà è però aumentata: ha smesso di essere un “fenomeno” locale e si è affermato come una figura politica nazionale promettendo anche di candidarsi alle prossime presidenziali.
Milei, con una retorica populista molto aggressiva, ha continuato a fare notizia per le sue dichiarazioni ultra-liberiste, negazioniste rispetto ai numeri dei cosiddetti desaparecidos durante la dittatura che lui preferisce chiamare «guerra», e negazioniste della crisi climatica (che ha definito una «menzogna del socialismo»). È contro l’aborto e il femminismo, è favorevole all’uso delle armi per tutti, alla liberalizzazione delle droghe («se uno vuole uccidersi, liberissimo di farlo»), e ai matrimoni tra persone dello stesso sesso («il matrimonio è un contratto, se gli omosessuali vogliono contrarlo, lo facciano»). Milei si ispira a Jair Bolsonaro, il presidente populista del Brasile, a Donald Trump ed è vicino al partito di estrema destra spagnolo Vox.
Da quando è stato eletto, Milei ha fatto notizia per aver messo a disposizione il proprio “stipendio” tramite un sorteggio trasmesso in diretta sul suo profilo Instagram: «Per me, sono soldi sporchi», ha detto: «Lo stato è un’organizzazione criminale che si finanzia attraverso le tasse prelevate alle persone con la forza. Stiamo restituendo i soldi che la casta politica ha rubato». Finora, circa 2,4 milioni di argentini si sono registrati per avere la possibilità di vincere la sua indennità mensile, pari più o meno a 370 mila pesos (poco più di 3 mila euro).
Javier Milei, dicono gli osservatori, è riuscito a fare leva sulla delusione di molti elettori ed elettrici nei confronti del governo Fernández e sul brutto ricordo lasciato da Mauricio Macri dopo la sua presidenza tra il 2015 e il 2019. All’interno del tradizionale sistema bipartitico del paese Milei viene visto come una possibile terza via.
«Milei intercetta la rabbia delle persone meglio di chiunque altro», ha detto ad esempio Lucas Romero, direttore di una società di consulenza di Buenos Aires. «Oggi Milei è il ricettacolo delle frustrazioni delle persone», ha detto a sua volta Mariel Fornoni, direttrice di una società argentina che realizza sondaggi.
L’ascesa di Milei è stata favorita dalla difficile situazione economica e sociale del paese, aggravata dalla crisi provocata dalla pandemia da coronavirus, che è stata una delle peggiori del mondo.
Nel 2020 il PIL calò di oltre l’11 per cento, e il paese andò tecnicamente in default perché non era riuscito a ripagare in tempo alcuni debiti. A causa dell’impossibilità di finanziarsi sui mercati, il governo cominciò a stampare moneta provocando un aumento dell’inflazione, che finì per danneggiare cittadini e aziende. Il governo fu costretto a ristrutturare il debito, cioè a modificare le condizioni per la sua restituzione, prima con i privati e poi, all’inizio del 2022, col Fondo Monetario Internazionale (FMI). L’accordo con il FMI, che nel 2018 aveva concesso all’Argentina un prestito da 57 miliardi di dollari (circa 51 miliardi di euro) proprio per evitare il default, generò una crisi politica tra il presidente Fernández e la vicepresidente Cristina Fernández de Kirchner, che fu presidente tra il 2007 e il 2015, che ha posizioni molto populiste in economia e che molti analisti politici ritengono essere assai influente nel governo.
Milei risulta molto popolare tra i giovani – tra i quali è sempre più diffusa la retorica dell’estrema destra su varie questioni, inclusa la dittatura – e anche tra gli argentini a basso reddito, che tradizionalmente rappresentavano la base del peronismo. Da un recente sondaggio risulta che il 58 per cento delle persone intervistato non consideri Milei un rischio per la democrazia, che attiri sostenitori sia dal Frente de Todos che dalla coalizione di centrodestra, e che le intenzioni di voto nei suoi confronti raggiungano circa il 18 per cento.
Per questo, diversi analisti hanno cominciato a considerare come molto probabile l’ipotesi che nel 2023 non si assisterà alla tipica polarizzazione tra due candidati, uno peronista e l’altro no, ma a una sorta di tripartitismo, anche se Milei non rappresenta affatto una “terza via”, classicamente intesa.