Le violenze in Colombia dopo l’estradizione del narcotrafficante Otoniel
Il gruppo criminale paramilitare di cui è leader ha annunciato quattro giorni di sciopero armato, ed è un guaio per il governo di Iván Duque
Giovedì l’organizzazione criminale del Clan del golfo, la più potente della Colombia, ha dichiarato uno sciopero armato di quattro giorni in risposta all’estradizione negli Stati Uniti di Dario Antonio Úsuga, detto Otoniel, leader del gruppo e uno dei narcotrafficanti più noti del mondo. In questi giorni il Clan ha bloccato le strade e i negozi in varie parti del paese, dando fuoco a decine di mezzi pubblici e privati con l’obiettivo di intimidire la popolazione e mettere pressione sul governo. A poche settimane dalle elezioni presidenziali, le azioni del gruppo criminale sembrano mostrare un nuovo fallimento per il presidente Iván Duque, duramente criticato già da tempo.
Da quando è cominciato lo sciopero armato, il Clan del golfo – conosciuto anche come Autodefensas gaitanistas de Colombia (AGC) o los Urabeños – ha compiuto atti violenti in una novantina di comuni sparsi in 11 dipartimenti colombiani, in particolare nel nord del paese. I membri del gruppo hanno danneggiato più di 80 edifici e incendiato 174 auto e veicoli, attaccando le forze dell’ordine. Durante le proteste sono state uccise almeno 5 persone: un agente di polizia, un soldato e tre civili, tra cui un commerciante che giovedì si era rifiutato di chiudere il proprio negozio.
Domenica il ministro della Difesa, Diego Molano, ha detto di aver mobilitato altri 2mila soldati e agenti di polizia oltre ai 50mila già impegnati nel cercare di gestire la situazione. Nel frattempo le autorità locali hanno fatto sapere di aver arrestato 92 persone sospettate di aver avuto a che fare con le violenze.
Otoniel era stato arrestato lo scorso ottobre in un’operazione che aveva coinvolto 500 soldati e 22 elicotteri. Mercoledì era stato estradato con varie accuse legate alle attività del gruppo di cui è leader: si ritiene che il Clan abbia vasti collegamenti internazionali e sia responsabile del traffico di centinaia di tonnellate di cocaina ogni anno, oltre a omicidi, estorsioni, tratta di esseri umani e altre attività illegali.
Il presidente colombiano Duque aveva definito la cattura di Otoniel «un successo paragonabile alla caduta di Pablo Escobar», celebrandola come il momento che avrebbe messo fine al Clan del golfo.
Per un narcotrafficante di un paese dell’America Latina, l’estradizione negli Stati Uniti significa spesso la fine definitiva della carriera criminale. Nelle prigioni locali i narcotrafficanti mantengono contatti, potere e capacità di corruzione. In Colombia successe negli anni Ottanta con Pablo Escobar, che ottenne dal governo la possibilità di negoziare le condizioni della sua detenzione, o più di recente è successo in Messico con Joaquín “el Chapo” Guzmán, che nelle prigioni messicane continuava a dirigere il suo cartello criminale e a godere di uno stile di vita pieno di lussi. Questi contatti vengono però interrotti con l’estradizione negli Stati Uniti: per questo molti governi latinoamericani sono disposti a estradare i loro criminali più ricercati, e per questo l’estradizione è spesso un grave colpo per le organizzazioni del narcotraffico.
Finora il Clan del golfo non si è indebolito in maniera sostanziale nonostante l’arresto di Otoniel e ha continuato a essere l’organizzazione criminale più potente della Colombia sotto la guida di quelli che sono considerati i suoi eredi. Secondo una recente analisi della Fundación Paz y Reconciliación, un think tank che si occupa in particolare di temi legati ai conflitti armati nel paese, il Clan attualmente ha più di 3mila membri e in alcune regioni ha occupato il vuoto lasciato dalle FARC (le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia), il gruppo che per decenni aveva combattuto contro il governo colombiano, dopo lo storico accordo di pace del 2016.
I problemi creati dallo sciopero armato del Clan stanno mettendo grande pressione sul governo Duque e potrebbero avere ripercussioni sulle elezioni presidenziali del prossimo 29 maggio.
Le elezioni del 2018 erano state vinte di misura dal Centro Democratico, il partito conservatore e nazionalista dell’attuale presidente e fondato nel 2013 dall’ex presidente Álvaro Uribe, che con Duque aveva fatto campagna elettorale per il No alla pace con le FARC. Si prevede però che la mancanza di interventi sistemici per la lotta ai gruppi criminali da parte dell’attuale governo, sommata alla grave situazione economica del paese, avvantaggino ulteriormente il socialista Gustavo Petro, che fu battuto proprio da Duque quattro anni fa e adesso secondo i sondaggi è il favorito.
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