Il deejay dei pannelli solari
Andrea Ditta è entrato in fabbrica da operaio e a tempo perso si occupava di eventi musicali, poi la sua passione è diventata un lavoro
di Riccardo Congiu e Claudio Caprara
Questa tappa è stata suggerita da ENEL Green Power
La zona industriale di Catania, a sud della città, dà l’impressione di essere incompiuta: ci sono lavori in corso, strade da rifare e molte buche che rendono poco agevole il passaggio in auto. È un tragitto tra gli eucalipti dai quali si vedono diversi stabilimenti simili tra loro a bordo strada, a volte distinguibili solo dalle insegne: lo abbiamo percorso per arrivare alla sede di 3Sun, un’azienda che produce pannelli fotovoltaici.
L’Etna Valley
L’incompiutezza percepita da chi arriva per la prima volta da queste parti è interessante: è legata alla storia del luogo. Negli anni Novanta in questa zona si stabilirono diverse grandi società dell’elettronica, con importanti produzioni di microchip e semiconduttori, tanto che cominciarono a chiamarla “Etna Valley”.
La più significativa fu la STMicroelectronics, fondata negli anni Sessanta. Una specie di FIAT catanese, tra i più importanti produttori mondiali di componenti elettronici a semiconduttori, che dà lavoro a migliaia di persone.
A rimorchio insediarono qui i propri siti produttivi aziende come Nokia, Vodafone, IBM e Alcatel, tra le altre, attorno alle quali ne nacquero molte, più piccole, che fornivano loro i semilavorati per le produzioni. Le grandi aziende instaurarono un rapporto stretto con l’università di Catania, soprattutto con la facoltà di ingegneria, che attirò molti giovani e garantisce ancora sbocchi lavorativi interessanti in città.
Dall’inizio degli anni Duemila però l’Etna Valley entrò in crisi, molte sue aziende non riuscirono a competere con le più grandi a livello internazionale e alcune dovettero chiudere. Oggi viene ancora chiamata così (e dal 2007 è riconosciuta ufficialmente come “distretto produttivo” dalla Regione Sicilia), nonostante le aspettative e gli investimenti sull’area si siano ridimensionati rispetto al passato.
Il modello di riferimento dichiarato nel nome, e mai raggiunto, era quello della Silicon Valley californiana, la zona vicina a San Francisco dove a partire dalla seconda metà del Novecento cominciarono a stabilirsi alcune delle più importanti società di tecnologia e servizi digitali a livello mondiale. Quasi tutte avevano in comune il bisogno di grandi quantità di semiconduttori e microchip, che sono fatti in gran parte col silicio: per questo fu chiamata Silicon Valley, “valle del silicio” appunto.
La fabbrica del sole
Anche nell’Etna Valley il silicio è un elemento importantissimo: a 3Sun per esempio se ne usano enormi quantità, perché è il principale materiale con cui si costruiscono i pannelli solari (il motivo per cui si usa proprio il silicio è ricostruito estesamente nella newsletter di Strade blu di questa settimana). Con STMicroelectronics è una delle aziende di riferimento dell’area, che ne mantengono alta la popolarità e che contribuiscono a non far svanire il sogno di rilanciare il progetto dell’Etna Valley.
«La zona di Catania comunque ti permette la vicinanza a un grande porto, a un grande aeroporto e allo scambio merci dell’interporto ferroviario», spiega Andrea Ditta, dello staff della comunicazione di Enel Green Power. «Essendo al centro del Mediterraneo, è una zona strategica che offre una grandissima capacità di collegamento, sia per lo scambio con l’Europa che con altri continenti».
Semplificando, 3Sun deve importare i materiali (soprattutto silicio) per produrre i pannelli fotovoltaici – cioè quelli che trasformano l’energia solare in energia elettrica – e poi deve esportare i pannelli stessi. Nacque nel 2010 da un accordo fra STMicroelectronics, l’azienda giapponese Sharp e l’italiana Enel Green Power (la società di Enel che si occupa di energia proveniente da fonti rinnovabili). Dal 2015 è passata interamente sotto il controllo di Enel Green Power.
«Fin dalla nascita è stato un sito produttivo, una fabbrica – spiega Andrea Ditta – dove si produce il pannello solare dall’inizio alla fine», cioè dal disco sottile di silicio grezzo, detto wafer e ricavato a sua volta da un lingotto più spesso, al pannello finito. L’obiettivo di questa produzione non è la vendita, ma il rifornimento interno dei cosiddetti “parchi solari” di Enel in giro per il mondo: impianti che radunano moltissimi pannelli fotovoltaici per la trasformazione dell’energia solare in elettrica su larga scala. «Di solito vengono installati in località con alte temperature medie e ad altitudini elevate», dice Ditta.
3Sun è l’unico stabilimento di Enel nel mondo dedicato alla produzione di pannelli solari: perciò da Catania devono essere spediti in posti che sono distribuiti nei cinque continenti. La produzione al momento è ancora limitata, ma è in atto un piano di rinnovamento tecnologico per aumentare di quindici volte la capacità industriale in circa due anni, che consentirà poi anche la vendita dei pannelli ad altre aziende.
Pannelli a due facce
Dal 2018 3Sun si è specializzata nella produzione di un tipo particolare di pannelli (o “moduli”) fotovoltaici, quelli “bifacciali”, che consentono di generare energia da entrambi i lati della cella fotovoltaica (le “celle” sono le singole parti che compongono un pannello): questo perché il pannello viene installato su una superficie che riflette la luce del sole, che a quel punto viene utilizzata anche dalla parte posteriore del pannello su cui è stata riflessa.
Sono considerati una delle maggiori innovazioni degli ultimi tempi nell’ambito dell’energia solare e permettono di aumentare molto l’efficienza dei pannelli, cioè la loro capacità di convertire l’energia solare in elettrica. Prima in 3Sun si producevano pannelli con un’efficienza di circa il 10 per cento, ora è il doppio.
Ovviamente quelli bifacciali non sono adatti all’uso domestico, perché quando vengono collocati su un tetto una faccia riceve la luce solare.
La musica
La storia di Andrea Ditta è stata fortemente influenzata dallo sviluppo di 3Sun, in cui entrò poco dopo l’inaugurazione, nel 2011, quando aveva 26 anni.
«Prima avevo studiato sociologia a Catania e poi a Bologna – racconta – poi rientrato in città avevo cominciato a lavorare nel mondo della musica e degli eventi musicali, attraverso alcune persone che conoscevo».
Ditta si occupava di organizzare serate nei locali e piccoli concerti, e in quest’ambito gli capitava di fare un po’ di tutto: dalla scelta degli artisti che si sarebbero esibiti, alla pianificazione delle scorte di cibo e bevande per il pubblico. A volte capitava che dovesse fare lui stesso da deejay in alcuni di questi eventi. «Con i concerti però non si mangia, o si mangia pochissimo», dice Ditta, «ho cercato di farlo diventare un lavoro, ma non ci sono riuscito. Così quando ho avuto la possibilità di entrare in 3Sun l’ho fatto, continuando a lavorare nella musica come passatempo, per il piacere di fare una cosa diversa dal lavoro».
Quando è entrato in 3Sun faceva l’operaio, come molti altri che erano entrati con lui. «In particolare mi occupavo della zona in cui si impacchettavano i pannelli solari finiti, in cui si confezionavano prima della spedizione», dice. Era un lavoro molto impegnativo, che prevedeva turni anche notturni, all’alba o nei giorni festivi, ma gli lasciava anche molto tempo libero, che sfruttava per continuare a organizzare eventi.
«Ho continuato a lavorare come operaio per 5 anni – racconta Ditta – con la speranza e gli occhi aperti per cercare di capire se ci fosse la possibilità di fare un altro mestiere in azienda. Non perché il mio lavoro non mi piacesse, ma perché avevo il desiderio di fare altro, ed ero convinto che qui ci fosse la possibilità».
L’opportunità si creò quando 3Sun venne incorporata in Enel Green Power, e ci si rese conto della necessità di avere una figura in grado di occuparsi della comunicazione.
«Venne aperta una candidatura interna – spiega – e io mi feci avanti: era l’occasione che aspettavo, ma eravamo in tanti. Il colloquio andò bene, inaspettatamente grazie al fatto che parlai della mia esperienza con la musica e nell’organizzazione di eventi musicali, dove mi occupavo anche degli aspetti di promozione, di rapporti col pubblico e dei social media».
Da Catania a Roma
Ditta raccontò insomma quello che faceva parallelamente al lavoro e funzionò: decisero di affidargli diversi aspetti della comunicazione dell’azienda. Dopo un anno e mezzo passò nel team centrale di comunicazione di Enel Green Power, «in maniera un po’ inaspettata», dice. Oggi racconta di sentirsi fortunato perché è riuscito a ottenere il lavoro che avrebbe voluto, «coerente con i miei studi universitari e nel posto in cui sono nato, che a livello professionale è notoriamente un posto complesso».
Da Catania molti giovani se ne vanno, come aveva fatto Ditta, per motivi di studio o per cercare lavoro. Dagli investimenti delle grandi aziende nell’Etna Valley passa quindi anche la possibilità di attirare giovani lavoratori, o di farli tornare.
Gli abbiamo chiesto come abbia influito su di lui il fatto di crescere vicino a un vulcano (lo abbiamo chiesto anche ad un altro suo conterraneo, il vicedirettore del Post Francesco Costa, nel podcast di Strade blu legato a questa tappa): «Io ho sempre pensato che induca nei catanesi la voglia di non fermarsi mai». Una forma di inquietudine inconscia.
Andrea Ditta riflette sulla possibilità che questa incombente presenza possa aver influito negativamente sulla progettualità della città in diversi ambiti, come l’Etna Valley che sembra sempre incompleta, ma allo stesso tempo raccoglie molte delle speranze di crescita della città: «Fare le cose subito e ora, senza pensarci troppo, porta a tralasciare alcuni aspetti che possono essere importanti. Intanto però si fanno».
Strade blu è anche un podcast e una newsletter; il progetto è realizzato con il contributo di