Alle elezioni nelle Filippine il favorito è il figlio dell’ex dittatore Ferdinand Marcos
Si vota per decidere chi sarà il successore del discusso e controverso presidente uscente Rodrigo Duterte
Lunedì 9 maggio nelle Filippine, paese del sud-est asiatico di circa 109 milioni di abitanti, si vota per eleggere il nuovo presidente e il vice presidente, per rinnovare la Camera, parte del Senato e parte delle amministrazioni locali (i primi risultati si dovrebbero sapere poco dopo la chiusura dei seggi, previsti per le 12 italiane).
Dei dieci candidati alla presidenza il favorito è Ferdinand Marcos Jr., figlio dell’ex dittatore Ferdinand Marcos, che tra gli anni Sessanta e Ottanta impose nel paese un duro regime in cui decine di migliaia di oppositori politici furono torturati o uccisi. Nelle ultime settimane si è discusso molto di Ferdinand Marcos Jr. soprattutto per il fatto che in campagna elettorale ha cercato di riabilitare gli anni di regime di suo padre, edulcorati e presentati come una specie di “età dell’oro” delle Filippine.
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Secondo alcuni osservatori, la sua elezione potrebbe mettere ulteriormente a rischio la tenuta della democrazia filippina, già fragile e in parte indebolita dal mandato dell’ultimo presidente. Alle elezioni del 9 maggio, infatti, le Filippine arrivano dopo sei anni di governo autoritario di Rodrigo Duterte, che non può essere rieletto per il limite di un solo mandato imposto dalla costituzione filippina.
In questi sei anni Duterte ha promosso politiche molto dure soprattutto per quanto riguarda il contrasto alla diffusione della droga, in cui migliaia di persone sospettate di spaccio o tossicodipendenza sono state uccise nelle operazioni della polizia. Oltre ad essere state criticate da diversi attivisti per i diritti umani, le sue politiche sono diventate anche oggetto di un’indagine della Corte penale internazionale, tribunale per crimini internazionali che ha sede all’Aia, nei Paesi Bassi. L’analista e accademico Richard Heydarian ha detto che il mandato di Duterte ha dimostrato come le Filippine abbiano sempre vissuto «nell’ombra» del dittatore Marcos, e che se il figlio di quest’ultimo vincesse «potrebbe portare a termine ciò che Duterte non è riuscito a completare».
Ferdinand Marcos Jr. ha 64 anni ed è noto anche come “Bongbong”: a queste elezioni si è presentato come un leader unificatore in un momento di profonda crisi economica, in grado di far «risorgere di nuovo» il paese. Le proposte avanzate nella sua campagna elettorale sono state però piuttosto vaghe, mentre molte più energie sono state spese nella rivisitazione della dittatura del padre, di cui Marcos Jr. ha ridimensionato o negato gli abusi e gli arricchimenti illeciti. Lo ha fatto soprattutto sui social media, raggiungendo quindi anche le fasce le più giovani della popolazione, quelle che non hanno avuto alcuna esperienza del durissimo regime di suo padre.
Secondo gli ultimi sondaggi, Ferdinand Marcos Jr. è nettamente in vantaggio rispetto agli altri candidati: si stima di 20-30 punti percentuali.
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La rivale più credibile e competitiva di Marcos Jr. è l’attuale vicepresidente del paese, Leni Robredo, uno dei volti più importanti dell’opposizione a Duterte: a queste elezioni, come ha spiegato l’analista filippino Randy David, Robredo si presenta come l’erede della parte di storia democratica del paese, quella delle proteste contro Marcos e dei movimenti che portarono alla sua destituzione e al ristabilimento della democrazia.
Robredo è un’avvocata per i diritti umani che ha lavorato per organizzazioni non governative che davano assistenza legale alle categorie più svantaggiate del paese. È entrata in politica dopo la morte di suo marito, Jesse Robredo, ministro dell’Interno del governo di Benigno Aquino III, la cui presidenza fu contraddistinta, tra le altre cose, anche da una serie di provvedimenti per contrastare la corruzione e promuovere i diritti civili.
Robredo è vice presidente dal 2016, quando per questo incarico sconfisse, di poco, proprio Ferdinand Marcos Jr. Nelle Filippine l’elezione del presidente e del suo vice non sono collegate, e possono vincere candidati di schieramenti diversi.
Nella sua campagna elettorale, Robredo ha puntato soprattutto su temi come la trasparenza e il contrasto alla corruzione, su cui aveva già insistito quando era stata deputata in parlamento, dal 2013 al 2016, e che sono percepiti come prioritari da buona parte dei filippini. Tra i temi della sua campagna ci sono stati anche la promozione di un’istruzione più accessibile ed estesa nel paese, il contrasto alla povertà, le pari opportunità e il rispetto dei diritti umani e civili.
Robredo è l’unica donna tra i candidati. A un dibattito televisivo di qualche settimana fa, quando la conduttrice del programma le aveva detto che molti pensavano che le Filippine avessero bisogno di un leader dal pugno di ferro e non di una madre, Robredo aveva risposto: «il coraggio non ha genere». Nel corso della sua campagna elettorale, si ritiene che sia stata particolarmente capace di coinvolgere il suo elettorato, organizzando comizi che assomigliavano a concerti.
Tra gli altri candidati alle presidenziali ci sono il famosissimo ex campione di pugilato Manny Pacquiao, l’ex attore e attuale sindaco di Manila Isko Moreno, che ha avuto alcuni incarichi governativi durante la presidenza di Duterte, e il senatore ed ex capo della polizia filippina Panfilo Lacson, già candidato alle presidenziali del 2004.
Come vicepresidente si prevede che le elezioni saranno invece vinte da Sara Duterte, la figlia dell’attuale presidente: i sondaggi citati dal giornale filippino Rappler la danno nettamente in vantaggio rispetto agli altri otto candidati. Anche la candidatura di Sara Duterte ha preoccupato diversi attivisti per i diritti umani: secondo alcune analisi, una sua eventuale elezione potrebbe servire a suo padre per mantenere la propria influenza nella politica del paese.