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  • Sabato 7 maggio 2022

In Irlanda del Nord ha vinto il Sinn Féin

Per la prima volta nella storia del paese ha la maggioranza dei seggi in parlamento: è un risultato storico

Al centro: Michelle O'Neill, vicepresidente di
Sinn Féin che potrebbe diventare la nuova prima prima ministra nordirlandese
(AP Photo/Peter Morrison)
Al centro: Michelle O'Neill, vicepresidente di Sinn Féin che potrebbe diventare la nuova prima prima ministra nordirlandese (AP Photo/Peter Morrison)
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In Irlanda del Nord, per la prima volta nella sua storia, il partito nazionalista di sinistra Sinn Féin, quello che ha tra i suoi obiettivi la riunificazione dell’Irlanda con l’Irlanda del Nord, ha ottenuto la maggioranza relativa dei seggi in parlamento. È un risultato preventivato da settimane dai sondaggi, ma comunque considerato storico: secondo diversi osservatori potrebbe contribuire a rendere il piano ancora più inclinato verso una riunificazione delle due Irlande. Almeno per ora, comunque, non sembra una possibilità imminente.

– Leggi anche: Da dove arriva il Sinn Féin

Alle elezioni di giovedì si è votato per rinnovare i 90 seggi del parlamento unicamerale del paese, a cui lo statuto del Regno Unito garantisce una certa autonomia dal parlamento britannico. L’affluenza è stata del 63,6 per cento, leggermente inferiore a quella delle elezioni del 2017 e i risultato definitivi sono arrivati tra sabato e domenica: il Sinn Féin ha ottenuto 27 seggi, il DUP – il principale partito unionista, che aveva dominato la politica nordirlandese degli ultimi decenni – ne ha ottenuti 25 ed è stato il secondo più votato.

I lunghi tempi dello spoglio sono dovuti al fatto che in Irlanda del Nord si vota col sistema del “singolo voto trasferibile”: prevede che i votanti mettano in lista di preferenza diversi candidati e che, attraverso successivi riconteggi, certi voti possano essere assegnati a candidati segnati sulla scheda al secondo posto o anche oltre. I risultati di cui si parla finora riguardano solo le cosiddette “prime preferenze”.

Dopo aver ottenuto la maggioranza dei seggi al parlamento, il Sinn Féin dovrà ora nominare il prossimo primo ministro, dei due che governeranno il paese. Contrariamente ad altri paesi, infatti, l’Irlanda del Nord ha due primi ministri, con poteri assolutamente uguali e che costituiscono nei fatti una specie di diarchia: devono governare insieme e se uno dei due si dimette termina automaticamente anche l’incarico dell’altro. È una particolarissima modalità di governo che fu decisa con gli accordi del Good Friday del 1998, quelli che misero fine alla guerra civile che aveva segnato per trent’anni la storia del paese, i cosiddetti Troubles: l’idea era permettere ai leader delle due fazioni opposte, unionisti e nazionalisti, di governare insieme e mettersi d’accordo sugli interessi dei rispettivi elettorati.

La novità principale, considerata un evento storico, riguarda il fatto che, dal 1921, cioè da quando esiste l’Irlanda del Nord, il primo primo ministro è sempre stato di estrazione unionista. Dal 2007 è espresso dal DUP, ora sarà invece di estrazione nazionalista, espresso proprio dal Sinn Féin, un partito con una storia particolare e piuttosto controversa.

Sinn Féin in gaelico significa «noi stessi»: il partito fu fondato nel 1905 su iniziativa del giornalista irlandese Arthur Griffith. Fin dai suoi primi anni di attività, ebbe come obiettivo il raggiungimento dell’autodeterminazione e della piena sovranità nazionale irlandese, che sarebbe dovuta passare per la fine dell’unione politica allora in vigore con la Gran Bretagna. Il Sinn Féin combattè quindi per l’indipendenza dalla Gran Bretagna durante la cosiddetta “insurrezione di Pasqua” del 1916, conclusasi con la sconfitta dei rivoltosi, appoggiò l’esercito irlandese repubblicano durante la guerra d’indipendenza dalla Gran Bretagna, e si spaccò subendo varie scissioni nel 1921, quando fu sancita la divisione dell’isola e fu creata l’Irlanda del Nord.

La lotta del Sinn Féin continuò tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Novanta durante la guerra civile dei Troubles: in questi anni fu vicinissimo all’organizzazione paramilitare IRA (Irish Republican Army), considerata praticamente il suo braccio armato e di cui era visto come una specie di corrispettivo parlamentare.

Nel corso della campagna elettorale per queste elezioni, il Sinn Féin è stato piuttosto abile a distanziarsi dagli aspetti più controversi della sua storia: la dirigenza attuale si è infatti tenuta piuttosto alla larga dalla questione dell’unificazione per puntare tutto sulle cosiddette questioni bread-and-butter (“pane e burro”), cioè vicine alla vita quotidiana delle persone: sanità, disoccupazione, aumento del costo della vita, questione abitativa. A questo ha contribuito anche il fatto che il partito è molto cambiato dal punto di vista generazionale, dato che ora è composto soprattutto da persone cresciute dopo gli anni dei Troubles, che quindi non hanno mai partecipato alle violenze e di fatto hanno maturato la loro esperienza politica negli anni successivi agli accordi di pace che vi posero fine.

Secondo diverse analisi, tutto questo ha contribuito al successo del Sinn Féin, ed è anche il motivo per cui, almeno per ora, un referendum per la riunificazione dell’Irlanda non sembra imminente: è un tema ancora molto divisivo e nei sondaggi che comprendono tutta la popolazione la riunificazione è ritenuta prioritaria solo da una minoranza, stimata intorno al 17 per cento. Resta il fatto che la vittoria del Sinn Féin, abbinata al progressivo rafforzamento del partito nazionalista scozzese, contribuirebbe a far sembrare il Regno Unito più disunito che mai.

Alla vittoria del Sinn Féin ha contribuito anche l’indebolimento del DUP. La perdita dei consensi del DUP è legata soprattutto a Brexit: il DUP è stretto alleato dei Conservatori britannici e aveva sostenuto convintamente l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Negli ultimi anni però ha ricevuto sempre più critiche dai suoi sostenitori per avere indirettamente contribuito all’approvazione del Protocollo sull’Irlanda del Nord, il trattato sullo status del paese contenuto nel più ampio accordo fra Regno Unito e Unione Europea su Brexit. Il protocollo prevede che l’Irlanda del Nord resti sia nel mercato comune europeo che nell’unione doganale: di fatto, ha allontanato l’Irlanda del Nord dal resto del Regno Unito. Per questo molti dei sostenitori del DUP si sono nel frattempo spostati verso altri partiti unionisti, delusi dalla scarsa lungimiranza dimostrata dall’alleanza con i Conservatori britannici.

In attesa dei risultati definitivi delle elezioni nordirlandesi, già si ipotizzano trattative lunghe e serrate per nominare i due primi ministri. «Per la formazione di un nuovo esecutivo nordirlandese», ha scritto il Guardian, «potrebbero volerci fino a sei mesi», ma è anche possibile che già in inverno si torni a votare. Quest’ultima ipotesi potrebbe verificarsi nel caso in cui, come sembra al momento, il DUP– il secondo partito più votato – dovesse scegliere di non far parte di un governo insieme al Sinn Féin.