La brutta storia di Jimmy Savile
Un documentario uscito di recente ha fatto parlare di nuovo del popolarissimo dj britannico, che in 50 anni di carriera violentò centinaia di bambine e ragazze
La recente uscita del documentario I crimini di Jimmy Savile (Jimmy Savile: A British Horror Story) ha riportato all’attenzione dei media e del pubblico britannico la storia del grosso scandalo di abusi sessuali compiuti da Jimmy Savile, popolarissimo ed estroso dj e conduttore televisivo della BBC morto nel 2011 a 84 anni. Il documentario, disponibile su Netflix, contiene nuovi elementi e testimonianze su come Savile abbia approfittato della sua fama e della sua posizione di rilievo nella società per abusare sessualmente di centinaia di ragazze e bambine nel giro di vari decenni.
In queste settimane i giornali britannici sono tornati a occuparsi di questa vicenda, emersa soltanto dopo la morte di Savile e considerata uno degli scandali più grossi con cui la BBC abbia mai avuto a che fare. Quasi tutti riflettono su come lui sia riuscito a raggirare senza alcuna conseguenza non solo le proprie vittime, ma anche un’intera nazione, e si chiedono come sia stato possibile tenere nascosto così a lungo un caso di tale portata.
Jimmy Savile fu uno dei volti più noti della BBC per oltre quarant’anni.
Nato nel 1926 poco fuori Leeds in una famiglia molto religiosa, era il minore di sette fratelli. Lasciò la scuola a 14 anni per andare a lavorare in miniera, e prima di cominciare a dedicarsi alla radio alla fine degli anni Cinquanta – con un certo successo – provò a fare anche il wrestler e il ciclista professionista.
La sua carriera decollò nel 1964, quando divenne il primo presentatore del famoso programma di classifiche musicali Top of The Pops, amatissimo dai giovani britannici. Con la sua personalità eccentrica e un aspetto appariscente, accompagnato da capelli biondo platino scompigliati, sigari e occhiali da sole, negli anni e decenni successivi cominciò a vedersi un po’ dappertutto: dalla Radio 1 di BBC alla maratona di Londra, dal palco dei concerti di Beatles e Rolling Stones agli eventi con la prima ministra Margaret Thatcher.
Savile era considerato anche un grande filantropo e si stima che negli anni avesse donato quasi 40 milioni di sterline in beneficenza, ricevendo per questo riconoscimenti importanti, come il titolo di baronetto del Regno Unito. Grazie al successo in radio e televisione e alle attività di beneficenza, riuscì anche a diventare una persona stimata ad alti livelli: come spiega il documentario, diretto dalla regista Rowan Deacon, aveva anche avuto vari contatti con la famiglia reale britannica, ed era diventato una sorta di consigliere informale del principe Carlo.
Dal 1975 inoltre Savile fu il conduttore di Jim’ll Fix It, un programma visto regolarmente da 20 milioni di persone in cui cercava di esaudire tutti i desideri degli spettatori, per la maggior parte bambine e bambini.
Secondo vari giornali, come il Guardian, questo programma era una parte del «piano» con cui Savile riusciva a conquistare la fiducia del pubblico più giovane, nonché ad avvicinare ragazze e bambine per abusare poi di loro. Anche la sua intensa attività benefica gli permetteva di avere accesso a diversi ospedali e orfanotrofi, dove aveva adescato e molestato centinaia di persone.
Il documentario uscito ad aprile su Netflix contiene la testimonianza di una delle donne che avevano subìto abusi sessuali da parte di Savile quando erano ragazzine, interviste a persone che avevano lavorato con lui e i racconti dei vari giornalisti che avevano indagato sulle voci riguardanti gli abusi, che avevano cominciato a emergere soprattutto nella seconda metà della sua carriera. Nonostante le varie attenzioni dei giornalisti e le molte domande sulle sue abitudini sessuali rivoltegli anche in televisione, comunque, non furono mai trovate prove schiaccianti per confermare i molti sospetti, e lui non venne mai denunciato apertamente.
A metà anni Novanta per esempio il Sunday Mirror aveva raccolto le testimonianze di tre donne che avevano detto di aver subìto abusi da parte di Savile: tutte però si rifiutarono di testimoniare contro di lui perché troppo intimidite dalla sua fama e alla fine ritirarono le accuse. Intanto, Savile aveva assunto George Carman, uno degli avvocati più stimati del suo tempo, per cercare di dissuadere chiunque provasse a indagare su di lui.
Le cose cambiarono dopo la sua morte, quando a poco a poco circa 200 testimoni si fecero avanti per denunciare le molestie sessuali che Savile aveva compiuto in maniera ripetuta e sistematica.
La polizia aprì più di 400 indagini: secondo un’inchiesta condotta nel 2016, in oltre cinquant’anni Savile molestò e abusò sessualmente di almeno un bambino e di centinaia di bambine e donne tra i cinque e i settantacinque anni. Almeno 63 di queste persone erano ricoverate nell’ospedale inglese di Stoke Mandeville, uno di quelli in cui lui era trattato come un benefattore: l’unica denuncia presentata da una delle persone che avevano subìto gli abusi nell’ospedale fu ignorata.
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Come ha scritto il Telegraph, nella storia di Savile «vanno di pari passo una grande malvagità e un’ostentata filantropia». Secondo il Guardian, il fatto che abbia potuto abusare di centinaia di bambine e ragazze per decenni senza alcuna ripercussione sollecita inoltre una riflessione sia sulla fiducia che la BBC aveva riposto in Savile, sia sulla fiducia riposta nella BBC da parte del pubblico.
Nell’ottobre del 2012, un anno dopo la sua morte, il direttore di Newsnight – il più famoso programma di approfondimento giornalistico di BBC – aveva infatti deciso di non mandare in onda un’inchiesta sugli abusi sessuali compiuti da Savile nel tentativo di non dare visibilità alle accuse e alle inchieste. Pochi giorni prima l’emittente privata britannica ITV1 aveva trasmesso un documentario che raccontava le storie di cinque donne che Savile aveva violentato a partire dagli anni Settanta nella sua Rolls Royce e nella roulotte che usava come camerino alla BBC, e dopo la trasmissione moltissime donne all’epoca adolescenti si erano fatte avanti per denunciare abusi simili.
Peter Rippon, il direttore di Newsnight, si difese sostenendo che non ci fossero prove abbastanza forti a sostegno delle accuse. Resosi conto delle dimensioni della vicenda, diede poi le dimissioni.
Una delle accuse principali rivolte a BBC è quella di aver ignorato vari segnali di allarme che Savile – una persona che si faceva notare anche per la risposta sempre pronta e per le sue battute considerate molto spesso al limite del viscido – avrebbe lasciato emergere nel corso degli anni durante vari programmi.
Un video del 1976 sembra mostrare Savile che palpeggia una ragazza durante una puntata di Top of the Pops, mentre in un’intervista nel 1999 sostenne di essere «temuto in tutte le scuole femminili del paese». In un’altra intervista del 1995, incalzato dal giornalista Andrew Neil con una serie di domande sulla sua preferenza per le ragazze piuttosto giovani, cominciò invece a mangiare una banana, presumibilmente per spostare l’attenzione del pubblico sul suo gesto e distoglierla dall’argomento dell’intervista.
Durante tutta la sua carriera, scrive il Guardian, Savile riuscì a manipolare e a convincere non solo bambine e ragazze, ma l’intera società, di essere una persona completamente diversa da chi era in realtà: «e lo fece con un’intensità sempre maggiore, in un periodo di tempo incredibilmente lungo», senza che la maggior parte delle persone capisse quanto tutto ciò fosse «profondamente aberrante».
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